CINEMA: I film visti da Franco Pecori3 Febbraio 2013 [Franco Pecori dal 1969 ha esercitato la critica cinematografica – per Filmcritica, Bianco & Nero, La Rivista del Cinematografo e per il Paese Sera.  È autore, tra l’altro, di due monografie, Federico Fellini e Vittorio De Sica (La Nuova Italia, 1974 e 1980). Nel 1975, ha presentato alla Mostra di Venezia la Personale di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet; e alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, con Maurizio Grande, una ricerca su Neorealismo: istituzioni e procedimenti (cfr. Lino Miccichè, Il Neorealismo cinematografico italiano, Marsilio). Dal 2002, ha tenuto per 4 anni, sul Televideo Rai, la rubrica settimanale Film visti da Franco Pecori. Noto anche come poeta, Pecori può vantare la stima di Franco Fortini] Looper – In fuga dal passatoLooper Il passato, il futuro. Non sappiamo a quanti piacerebbe andare su e giù, entrando e uscendo da se stessi, sapendo e non sapendo e soprattutto potendo fare ben poco per modificare il “destinoâ€, tranne una cosa: eliminare, uccidere. L’invenzione di Rian Johnson (Brick, passato nella Settimana della critica di Venezia nel 2005) è alquanto perversa e ci tiene in sospeso per quasi due ore, immersi in una situazione plumbea dalla quale non sappiamo come potremmo uscire se per caso capitasse proprio a noi ciò che capita al protagonista. Joe (Joseph Gordon-Levitt,  Brick,  500 giorni insieme,  G.I. Joe:  La nascita del cobra,  Inception,  Il cavaliere oscuro – Il ritorno) fa la bella vita mettendo da parte lingotti d’argento “guadagnati†sparando con una sputafuoco ammazzaelefanti e uccidendo vittime predestinate che qualcuno o qualcosa gli fa comparire davanti con cadenza regolare. Chi procura al killer/looper quelle vittime incappucciate? E da dove vengono? Vengono dal futuro. Il loro “viaggio†è stato reso possibile dall’invenzione di una “miracolosa†macchina del tempo: qualche “angioletto†ha pensato bene di prevenire di una trentina di anni la legalizzazione del fantascientifico congegno. Grazie alla macchina, il mondo sarà praticamente nelle mani di un misterioso “sciamano†e della sua originale idea trasformistica. La malavita al potere, ovvio. Per Joe le cose sembrano filare lisce finché un bel giorno spunta davanti al suo fucilotto nientemeno che Bruce Willis, pardon: Joe stesso invecchiato di 30 anni. Diciamo uno che sa tutto della vita, specialmente della vita di Joe! E siccome il futuro non si presenta bene, il dramma è chiaro: eliminarlo? Può darsi che abbiamo semplificato un po’ troppo, forse incoraggiati dal modo alquanto confuso con cui Johnson ha pensato di complicare il racconto. Vedrete comparire un personaggio femminile, Sara (Emily Blunt), la cui identità resta incerta per quasi tutto il tempo, e vedrete un bambino-fenomeno dai poteri non proprio normali. Divertitevi a spiegarveli. Les MisérablesLes Misérables Si possono scrivere capolavori anche con materiali dalla tipicità più marcata, non è certo il caso di soffermarsi sulla portata “popolare†e “universale†dei contenuti del romanzo di Victor Hugo (1862). Ma forte il coraggio di farne un kolossal musicale per il grande schermo. Dal punto di vista artistico, il valore di un musicista come Claude-Michel Schönberg si conferma appieno, dopo l’opera rock  La Révolution Française  (1973), proprio con il musical  Les Misérables, la cui versione inglese tiene il cartellone a Londra ormai dal 1985. E però un conto è la scena teatrale, altra forma è il cinema, non fosse altro che per i 152 minuti di proiezione di un film musicale e cantato tutto in presa diretta, offerto al pubblico italiano  in versione originale con sottotitoli. L’operazione appare riuscita. Tom Hooper, il regista de  Il discorso del re  (Oscar 2011), gestisce con grande equilibrio la dinamica del racconto, sottolineando la spettacolarità delle fasi più “movimentate†senza attenuare i momenti di maggiore intensità drammatica. Immagini e musica fanno un insieme coerente, i personaggi ri-vivono di vita propria una vita pur letta e vista già mille volte. Lo spettacolo ha una sua specificità anche tecnica, da non sottovalutare in un periodo come l’attuale, grondante di “meraviglie†ottenute in postproduzione. Impressionante la “sproporzione†â€“ quale può apparire oggi – tra minime trasgressioni, come il furto di un tozzo di pane o di qualche oggetto d’argento da parte dello “sventurato†Valjean (Hugh Jackman), e le tragiche conseguenze persecutorie della legge, impersonata dall’ispettore Javert (Russell Crowe). Ma non bisogna dimenticare il periodo storico, siamo nella Francia di Luigi Filippo, i rivoluzionari repubblicani fanno barricate per difendersi dalla guardia nazionale. Bravissimi i due interpreti principali, ben capaci di incarnare il contenuto nella sua sostanza, a specchio di una dialettica epocale la cui validità regge al confronto con quelle che possiamo considerarne ancora le più attuali conseguenze. Specialmente il suicidio di Javert, a fronte delle “ingiuste†sofferenze di Valjean, fa pensare all’istanza tuttora valida di un riassetto del sistema morale nel quadro delle istituzioni. La struttura musicale e l’integrazione espressiva operata dalla regìa con ragionevole mediazione mantengono il romanticismo del racconto in una dimensione non debordante, evitando il pericolo – sempre in agguato – di un uso strumentale del piano affettivo. Pensiamo alla figura di Fantine, superata se vista nella dimensione letterale ma facilmente traducibile in termini a noi contemporanei, grazie alla consapevole discrezione dell’interpretazione di Anne Hathaway. Una citazione vogliamo dedicarla anche al “monello†Gavroche (Daniel Huttlestone), per lui la memoria corre alla grande maestria di Vittorio De Sica nel costruire l’indimenticabile personaggio del piccolo Bruno (Enzo Stajola) in  Ladri di biciclette  (1948). Un paragone non facile, ma tanto per notare la dignità di un regista come Tom Hooper.
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