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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

CINEMA: I MAESTRI: La morte sul fiume

9 Agosto 2012

di Filippo Sacchi
[da “al cinema col lapis”, Mondadori, 1958]

Si era visto il giallo accoppiato allo studio psichiatrico, il giallo accoppiato al problema sociale, il giallo accoppiato al romanzetto sentimentale, persino il giallo accoppiato alla farsa: ma non si era mai visto il giallo accoppiato alla fiaba. Questo è La morte corre sul fiume. C’è sempre nel “giallo” una radice demoniaca, come c’è sempre nella fiaba una radice poetica. È sulla confluenza di questi due elementi, generatori di mistero, che Charles Laughton, il celebre attore qui alla sua prima prova di regista, ha arditamente pun ­tato, riuscendo a comporre un film singolare e imprevisto, di una incredibile varietà di piani e di motivi, irrealmente in bilico tra il mostruoso e l’angelico, tra l’ossessione e l’idillio, fatto di cupa ten ­sione e di dolce lirismo.

Il difficile con la fantasia non è di immaginare ma di concretare l’immaginazione, di darle corpo, corpo di sillabe, di suoni, di con ­torni, di forme moventi, per cui la chimera, la favola ci appaia come in prolungamento e in trasparenza del vero. Ora con tutte le migliaia e migliaia di sogni, di leggende, e di miracoli che so ­no stati girati al cinema, solo due volte quella magica operazione è riuscita: in Capriccio spagnolo e in Giochi proibiti. È se mai a quest’ultimo che il film di Laughton vagamente si apparenta, nonostante la sua rincuorante conclusione («I bambini sono più forti dei grandi »). Anche La morte corre sul fiume è la segreta avventura di due bimbi isolati e sperduti in un mondo di tetre forze e di indecifrabili simboli.

I due fanciulli, John e Pearl, hanno veduto un giorno arrestare davanti a casa il loro papà il quale, spinto dalla disoccupazione e dalla miseria, aveva ucciso per rapinare diecimila dollari. Udendo avvicinarsi la sirena della polizia egli era corso prima a nascondere in un buco sotto il basamento della casa il denaro, e aveva fatto giurare ai due bambini che mai avrebbero rivelato, ad alcuno il nascondiglio, nemmeno alla mamma. In carcere, nella breve so ­sta prima della sedia elettrica, un suo compagno di cella, che benché vi sconti minori reati è un tenebroso criminale, sorprende da parole che gli sfuggono nel sonno il suo segreto, e appena rimesso in libertà, riprese le austere vesti del pastore sotto cui suole na ­scondere i suoi complessi da Jack lo sventratore, si reca nello squal ­lido sonnolento villaggio perduto in provincia, a cercare la vedova del giustiziato per carpirle la rivelazione e il gruzzolo. Egli cerca in un primo tempo di spingere la donna a questa confidenza at ­traverso l’esaltazione mistica (il modo con cui questo sadico Tar ­tufo organizza la prima notte di nozze è un capolavoro di raffinata perfidia), ma, accorgendosi ben presto che la poveretta non sa nul ­la, dirige le sue arti di implacabile indagine contro i bimbi. Una sera la moglie lo sorprende mentre sta terrorizzando la picco ­la Pearl, e vedendo scoperto il suo gioco egli sgozza la donna e la getta nel fiume.

Mentre ella, finalmente in pace, dorme nel fondo, cerea, i lun ­ghi capelli biondi fluttuanti tra l’alghe come in una mobile bara di cristallo, si inizia la terribile partita tra i bimbi che per cercare scampo, soli con la loro povera bambola di stracci imbottita di dol ­lari, salgono su una barca e si lasciano andare alla corrente, e il nero predatore che a cavallo li segue di lontano lungo le rive. Que ­sto incantato andare nella misteriosa vita del fiume, e i sonni dei due innocenti sul placido cullare dell’acqua, e le loro furtive soste notturne nelle stalle della riva, e l’approdo finale nella casa della evangelica vecchina che darà loro difesa e rifugio è raccontato con un bizzarro, svagato e insieme patetico estro, solo paragonabile talora alla misteriosa fragranza di certe pagine di Huckleberry Finn. Grande, impagabile Laughton: quando molte cose saranno di ­menticate, vivrà l’episodio della notte di John e di Pearl nel fie ­nile, la luce vitrea di quel ciclo, l’ipnotica fissità di quella falce di luna sospesa sulla buia pianura, e quel fantasma di cavallino che passa laggiù sulla linea dell’orizzonte col profilato risalto del ­le ombre cinesi.


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Bart