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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

Le parole incaute del Colle

22 Agosto 2012

di Franco Cordero
(da “la Repubblica”, 22 agosto 2012)

Continua la fioritura d’una favola compendiabile nei seguenti termini: il presi ­dente della Repubblica, vertice dello Stato, installai governi, scioglie le Camere, comanda le for ­ze armate, presiede il Csm, ecc., in ­vestito d’amplissimi poteri, quindi «inviolabile »; ed è sacrilegio eversi ­vo ascoltare quel che gli esce dalla bocca in telefonate incaute con per ­sone sottoposte a legittimo control ­lo; l’empio materiale sia subito in ­cenerito. Su questa teologia politica m’ero permessa una similitudine; è come dire: «piove, quindi abbiamo un governo ladro ». Formule vanilo ­que, perciò non confutabili, e sareb ­be tempo perso tentarlo. Siamo nel ­la semiotica dei gesti: pugni sul ta ­volo, piedi battuti, bandiere al ven ­to, grancassa, fanfara, sottinteso minatorio («ci pensi due volte chi vuol contraddire »); non è scenario confortevole in piena crisi istituzio ­nale ed economica, tanto più che gli aspetti oscuri stanno dalla parte do ­minante. Gli arcana imperi ostrui ­scono un’inerme legalità laica. Nel ­l’ultima versione l’argomento pseudogiuridico suona così: i vari uffici del Presidente richiedono ca ­nali sicuri; qualora siano sciagura ­tamente violati (Dio non voglia), le relative cognizioni svaniscono, qualunque fatto risultasse. Non è privilegio, beninteso: l’art. 15 Cost. tutela tutti i comunicanti; ad ogni buon conto sta sul telaio una legge ad hoc, come sub divo Berluscone, il cui stile rifiorisce. Vedi puntuali azioni disciplinari. Mancano solo gl’ispettori inquirenti. In compenso ecco un assai poco tecnico ukase da Palazzo Chigi, 8-17 agosto: confes ­sandosi a Tempi, organo Cl, l’eco ­nomista chiamato a salvare la patria condanna gli ascolti de quibus, «particolarmente gravi »; il governo interverrà contro gli abusi; e assicu ­ra sostegni alla scuola privata.

Veniamo alle ipotesi giuridiche. Primus spedisce una lettera a Se ­cundus; Tertius l’asporta dalla cas ­setta: il contenuto è dirompente, niente meno che i piani d’una of ­fensiva terroristica o narcomercato planetario o simili imprese. Davve ­ro tale missiva conta zero in sede istruttoria? L’ art. 15 Cost. tutelai se ­greti epistolari ma se la lettera ga ­leotta sia prova acquisibile, lo dico ­no regole processuali; e l’art. 253 c. p. p. parla chiaro (cadono sotto se ­questro corpi del reato e cose perti ­nenti allo stesso). Passiamo alle in ­tercettazioni. Magnolia e Orchidea sono famiglie mafiose concorrenti: Orchidea aveva delle talpe nella ri ­vale; e perquisendo i suoi santuari gl’indaganti scovano mirabilia cul ­minanti nel film sonoro dei segretis ­simi comitati d’affari. Erano riprese abusive, però valgono oro contro Magnolia. Dovendolo negare, ar ­rossirebbe persino qualche avvoca ­to berlusconiano. Esiste poi una norma sulla quale i “prerogativisti” chiudono gli occhi volando nei cieli della Carta integrata da Ramo d’oro e Re taumaturghi: r art. 271, comma 3, ultima frase, vieta la distruzione dei nastri, dischi, verbali, testi tra ­scritti, ogniqualvolta costituiscano corpo del reato. Infine, importa po ­co, anzi niente che l’articolo 7, com ­ma3,1. 5 giugno 1989 n. 219 ammet ­ta perquisizioni, intercettazioni, provvedimenti cautelari «nei con ­fronti del Presidente » solo se la Cor ­te l’avesse sospeso dalla carica: nes ­suno gli aveva inflitto tali misure; la Voce corre su una linea sottoposta a legittimo controllo; caso previsto dall’art. 6 1. 20 giugno 2003 n. 140, applicabile in via analogica. Il resto è enfasi declamatoria: ripetuto mil ­le volte, da tante ugole con vario ac ­compagnamento, l’assunto inso ­stenibile tale rimane; lo rimarrebbe anche ratificato da consessi a cento teste ubbidienti. Il bello dell’arma ­tura sintattica è che non sia falsifi ­cabile: i discorsi stanno inpiedi o no; e nessuna pantomima politicante converte i soprusi in opera virtuosa.

Nel Mysterium Collis colpisce il quadro impetuosamente alogico. Nel coro bipartisan il giuspatologo racco ­glie larga messe: ad esempio, l’idea d’un jeu de main dove spariscano possibili prove, inaudita altera parte, come se il contraddittorio non fosse requisito assoluto (art. 111 Cost.); il tutto sulla base d’una cabalistica «in ­violabilità », in barba all’etica demo ­cratica. L’impeachment anglosasso ­ne appartiene all’altra faccia della lu ­na. Da noi tiene banco Giovanni Bote ­ro (1544-1617), mezzo gesuita, teori ­co d’una controriformista Ragion di Stato, la cui categoria fondamentale è l’arte dei prudenti ossia machiavelli ­smi a mosse quatte. Vent’anni fa uo ­mini del re negoziavano con la mafia accreditandola quale potere concorrente: consta da resiudicatae; vale o no la pena sapere cos’avvenisse tra le quinte? Vi ostano potenti interessi. Cerimonie ipocrite velano collusioni organiche. Ricapitoliamo i fatti: voci del Quirinale conversano solidal ­mente con l’ex ministro in cerca d’aiuto contro la procura intenta alle indagini (in particolare temeva il con ­fronto con due ex ministri); colloqui editi svelano gl’interna corporis; l’effetto è deprimente e vari gesti l’aggra ­vano. L’uomo al vertice afferma d’a ­vere solo adempiuto dei doveri: esor ­ta gl’italiani a stare tranquilli, perché terrà d’occhio le macchine giudizia ­rie; in materia d’intercettazioni aspet ­ta novità delle quali abbiamo gran bi ­sogno (restrittive, ovviamente, nel te ­sto berlusconiano su cui voterà Mon ­tecitorio, e l’attuale premier manda segnali). Ancora parole incaute, sia concesso dirlo col rispetto che la per ­sona merita: vanta consensi da tutti gl’intenditori interloquenti nell’affa ­re e «il più largo riconoscimento »; lan ­cia accuse d’ascolto abusivo; esige la distruzione dei materiali, mentre sa ­rebbe bello esporre al pubblico i due dialoghi occulti; rovescia le bilance sollevando un clamoroso conflitto davanti alla Consulta. Spettatori equanimi guardano esterrefatti. In una circostanza dolorosa (è morto il consigliere compromesso) quirinali ­sti volontari gridano l’« assassinio me ­diatico ». Nell’Italia postfascista non s’era mai visto tanto plumbeo mime ­tismo, sebbene siano motivo ricor ­rente le partite ad armi impari.


Qui la lettera che Vittorio Occorsio, nipote del giudice ammazzato dai terroristi, ha indirizzato a Napolitano perché “torni sui suoi passi”


Dialogo sulle notizie scomode
di Antonio Padellaro
(da “il Fatto Quotidiano”, 22 agosto 2012)

Qualche giorno fa un collega della stampa estera che lavora in Italia da molti anni mi ha detto: “Ma perché il Fatto Quotidiano conduce questa campagna contro il presidente Napolitano, un galantuomo amato dagli italiani e trattato con rispetto dal resto della stampa italiana?”. Non mi ha lasciato replicare perché aveva una seconda domanda, che in realtà era già una risposta alla prima: “È vero, come si dice, che voi con Grillo, Di Pietro e forse anche la Fiom puntate alla formazione di un partito giustizialista che mira ad abbattere il governo Monti? Ma come, vi siete liberati di Berlusconi che ha sputtanato l’Italia in tutto il mondo e, ora che avete un premier che cerca di evitare all’Italia la fine della Grecia, lo attaccate in tutti i modi? Siete impazziti?”.

Ho provato a replicare che  noi del Fatto non vogliamo fondare alcun partito, né abbattere alcun governo e meno che mai il presidente della Repubblica. Siamo solo un giornale, ho detto, e i giornali degni di questo nome hanno il dovere di porre le domande al potere, anche le più scomode e irriguardose, senza fare sconti a nessuno. Del resto, ho aggiunto, non siete voi che con i vostri giornali, compreso il tuo, avete fatto dimettere due presidenti della Germania solo perché uno aveva commesso una gaffe sull’Afghanistan e l’altro per un mutuo agevolato della moglie? Però nessuno vi ha accusato di complottare contro le istituzioni, o no? Qui il collega tedesco mi ha guardato storto: “È un paragone che non regge. Quei due hanno riconosciuto le loro colpe, mentre Napolitano è la vittima”. La vittima? “Certo, non è forse vero che la Procura di Palermo lo ha intercettato illegalmente e non intende distruggere quelle telefonate?”.

Ho provato a spiegare che le cose stavano molto diversamente e che i pm palermitani che cercano la verità sulla  trattativa tra lo Stato e la mafia  si sentono accerchiati, ma lui ha alzato le spalle: “Allora perché gli altri giornali scrivono il contrario? E poi, con le fabbriche che chiudono e i giovani senza lavoro, pensi proprio che agli italiani importi qualcosa di una storia vecchia di vent’anni?”. Stremato, ho provato a dire che le  centomila firme raccolte in pochi giorni dal Fatto (oggi sono 127mila)  dimostrano il contrario. Ma lui mi ha liquidato: “Come mai di queste firme ne parlate solo voi e neppure una riga sugli altri giornali? Una ragione ci sarà, no?”.

Per spiegare meglio le nostre ragioni a chi le vuole ascoltare,  oggi  saremo ospiti dell’Associazione della stampa estera,  che ringraziamo, con il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi. Ai nostri lettori e a chi chiede verità e giustizia diamo appuntamento alla festa del Fatto alla Versiliana dal 7 al 9 settembre. Saremo in tanti.


Crolla il fronte degli adulatori di Monti. «O dice bugie oppure ci prende in giro ». Pareri illustri
di Gabriele Villa
(da “il Giornale”, 22 agosto 2012)

«Penso che l’Italia si trovi in uno stato di difficoltà soprattutto a causa dell’evasione fiscale ».
O Monti mente sapendo di mentire o straparla. Cominciava così ieri sul Foglio un intervento di Piero Ostellino in cui l’autorevole editorialista del Corriere della Sera rimproverava al premier una scarsa fantasia nell’individuare come unica causa della poca credibilità dell’Italia, l’alto tasso d’evasione fiscale citandone una criticabile frase: «La notorietà pubblica del nostro alto tasso d’evasione contribuisce a indisporre nei confronti dell’Italia quei Paesi da quali di tanto in tanto potremmo avere bisogno di assistenza ». E ancora contestava a Monti una visione miope dei nostri problemi ricordandogli «che l’Italia è in piena recessione non solo e non tanto per l’evasione che pure va combattuta ma per migliaia di leggi, regolamenti e divieti, per l’incertezza del diritto e di uno Stato sociale troppo costoso ».Una sonora bocciatura del professore dunque da parte di Ostellino, evidenziata anche da altre sciabolate contro Monti, nel suo confronto con Giuliano Ferrara sulla prima pagina del giornale, tipo il giudizio sulle possibile prospettive e strategie del governo tecnico: «Il governo degli ottimati, già apprezzato come rimedio contro la crisi e ostacolo alle elezioni anticipate è interpretato come il veicolo non della temporanea sospensione della democrazia (termine usato da Ferrara, ndr) bensì del suo definitivo superamento. Non si esorcizzano le elezioni anticipate, ma tout court le elezioni… In fondo al tunnel non c’è la fine della crisi come dice Monti al quale l’italico spirito del mondo ha assegnato la parte del re travicello, ma l’approdo a una forma di democrazia tecnocratica-amministrativa che della sovranità popolare segnerebbe la fine ». Ovvio che la dura requisitoria contro il governo dei tecnici mossa da Piero Ostellino abbia innescato una serie di commenti altrettanto autorevoli.Per Alberto Mingardi, giornalista e scrittore, direttore del Centro Studi Bruno Leoni, «se ha ragione Ferrara quando ricorda a Ostellino che non si può pretendere che un governo cambi in pochi mesi una prassi consolidata della vita pubblica italiana è anche vero che ridurre il problema Italia all’evasione fiscale e soprattutto disgiungere il problema dell’evasione da quello della pressione fiscale è surreale. Tra l’altro cercare di tenere così alti i toni sull’evasione fiscale come fa Monti non è affatto un elemento di discontinuità visto che la spettacolarizzazione della lotta agli evasori c’era già stata con Visco e Tremonti. Il governo Monti c’è perché la politica ha fallito, dal ’92 in avanti. Perché non ha saputo affrontare i nostri problemi di sempre: tasse, burocrazia, debito pubblico. In Parlamento il governo Monti è sostenuto dai tre maggiori partiti quindi non credo che ci sia un problema di svuotamento della democrazia. Ma stiamo andando alle elezioni senza che nessun partito abbia una proposta credibile e se i partiti fanno di tutto per smarcarsi e insistono nel dire che non ci sono soluzioni allora ecco che legittimano una soluzione neutrale e tecnica che consegnerà il Paese a questa tecnocrazia. Ma questo è il vuoto pneumatico dei partiti non è un disegno di Monti ». Decisamente schierato con Ostellino, Stefano Bruno Galli, editorialista e docente di Storia delle dottrine politiche alla Statale di Milano. «Certo che Monti mente sapendo di mentire perché se l’azione del governo si impernia sulla lotta all’evasione e nella pressione fiscale si spacca il Paese e si innesca solo l’odio. Tremonti quando si mosse in questa direzione venne contestato. Monti, che ha fatto una manovra fotocopia, improvvisamente è diventato il salvatore del Paese. Curioso che a Monti sfuggano certe evidenze sottolineate da Ostellino: lo sa chiunque che se aumento la pressione fiscale contraggo i costumi e quindi Ostellino, che ragiona da ultraliberale e liberista ricorda a Monti che il problema Italia è un eccesso di burocratizzazione. Sospensione della democrazia col governo Monti? Anche in questo caso la penso come Ostellino: Monti sta interpretando la parte che gli ha affidato Napolitano facendo, giova ricordarlo, uno strappo costituzionale nel momento in cui gli ha affidato l’incarico. Siccome tutti sperano di andare alle elezioni più tardi possibile ecco allora che Monti ci marcia, guidando un manipolo, sì di stimati studiosi, ma anche di dilettanti allo sbaraglio scollegati con il Paese ».
In fondo al tunnel non c’è la fine della crisi ma della sovranità popolare.
Slegare il problema dell’evasione da quello delle tasse è del tutto surreale.


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Bart