Distinguere la politica dai partiti26 Aprile 2012 In realtà quando, come ha fatto ieri Napolitano, si condanna l’antipolitica, si prende una cantonata, giacché quella che impropriamente viene chiamata antipolitica è una reazione contro i partiti, che hanno deviato dal loro compito di fare politica, ossia di spendere il loro mandato al servizio dei cittadini. È l’antipartitismo. La politica è di per sé incorruttibile. È un valore alto e nobile, è una virtù. Se Napolitano condanna questo genere di partiti fa bene, ma temo che il suo intervento contenga molta ambiguità e potrebbe essere interpretato anche come una difesa degli attuali partiti dal dilagare dell’antipartitismo. E questo è un errore. Poiché, se le critiche ai partiti sono fondate, hanno tutto il diritto di essere espresse, perfino in modo sguaiato. La democrazia è anche questo. E della sguaiataggine è più responsabile il partitismo malato che colui che se ne fa portatore. Il grillismo, ad esempio, non è altro che la rappresentanza di uno scontento arrivato a toccare punte di rabbia e di contestazione estreme, ma le cui fondamenta stanno nella non politica praticata dai nostri partiti. Sull’Unità di oggi si legge di un tentativo di far passare dalla finestra la possibilità di aggirare il tetto degli stipendi per gli alti manager fissato dal decreto Salva-Italia. Gli attuali partiti sono cresciuti seminando privilegi per sé e non hanno alcuna intenzione di rinunciarvi. Hanno la sfrontatezza di chiedere sacrifici ai cittadini e non mollano i loro numerosi benefit. Troppo poco quello che hanno fatto, e non è fuori luogo pensare che siano tutti pronti e concordi a recuperare quanto ora ceduto alla prima occasione utile. Napolitano dovrebbe, al contrario, inviare un bel messaggio alle Camere (anziché fare comizi, che non gli sono consentiti) e chiedere il rinnovamento di tutta la classe politica. Letto 1209 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||