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La foto che fa capire come funzionano le istituzioni e la differenza tra il popolo che soffre la fame e la casta

20 Dicembre 2013

Vietti in bella compagnia

Sacrifici per tutti tranne che per il Csm
di Fausto Carioti
(da “Libero”, 20 dicembre 2913)

La cosa bella di Michele Vietti, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, è che a intortarti non ci prova nemmeno. I vertici degli altri organi costituzionali e degli enti pubblici si riempiono la bocca con la spending review, poi è un miracolo se gli aumenti delle loro spese restano contenuti nei limiti del tasso d’inflazione. Nell’organo di autogoverno dei magistrati simili ipocrisie non attecchiscono. Il Csm ha affrontato l’argomento una volta sola, nel luglio 2012, per dire che i tagli preventivati dal ministero per l’intero comparto della Giustizia avrebbero messo a rischio le indagini su materie come terrorismo, traffico di droga e criminalità organizzata. Filosofia che il Csm difende con indubbia coerenza, tanto da estenderla al proprio bilancio interno, che pure nulla ha a che vedere con la qualità delle inchieste giudiziarie.

Il bilancio di previsione 2014 del Csm, del quale Libero ha preso visione, sembra giungere da quel tempo lontano e felice nel quale alle pubbliche amministrazioni bastava elencare le proprie esigenze, senza porsi il problema di contenere il budget; anzi, arrotondando ogni voce per eccesso. Il ministro del Tesoro provvedeva poi a staccare l’assegno, senza battere ciglio. Del resto, se qualcuno ha inventato le tasse e i contribuenti, un motivo ci sarà. Così, per il prossimo anno, il Csm ha già messo in conto spese per la bellezza di 43.877.547 euro. E siccome il 2013 sta per chiudersi con uscite complessive pari a 32.717.028 euro, significa che nel 2014 l’organismo guidato da Vietti prevede di spendere il 34% in più di quanto ha fatto negli ultimi dodici mesi. In un momento in cui tutti stringono la cinghia, conforta sapere che c’è chi non deve fare i conti con simili preoccupazioni. Raffrontato con il budget stanziato inizialmente per il 2013, che ammontava a 41.650.216 euro, l’incremento è del 5,3%: oltre il triplo del tasso d’inflazione stimato dal governo, pari all’1,5%.

Nella relazione illustrativa alla previsione di spesa, firmata dal segretario generale Carlo Visconti, si leggono cose controcorrente in una fase come quella attuale. Già alla prima voce, quella dell’«Assegno Componenti », si prevede un esborso di 1.600.000 euro, superiore del 20% a quello del 2013. «Considerato che nel 2014 si insedieranno i consiglieri del quadriennio 2014-2018 », spiega la relazione, l’incremento «garantisce l’incertezza di questo tipo di spesa, tenuto conto della differenza di trattamento secondo la “qualifica” con cui i medesimi vengono nominati (avvocato o professore) ».

Csm tour operator – Più difficile spiegare i viaggi. Perché viaggiano parecchio, i componenti del Csm. E prevedono di farlo sempre di più. Soprattutto Vietti, che è già stato in missione in mezzo mondo, inclusi Stati Uniti, Argentina, Russia, Francia, Iraq e Afghanistan. E viaggiare costa. All’inizio del 2013 la voce «Rimborso spese attività estero componenti » era stata finanziata con 45.000 euro. Rivelatisi insufficienti, tanto che a fine anno la spesa è stata di 95.000 euro. Per evitare simili sgradevoli correzioni, la dotazione del 2014 è stata portata a 130.000 euro (+37%), con la speranza che stavolta bastino. Aumento che la relazione giustifica con «un prevedibile incremento delle attività internazionali ». Questione che interessa anche i magistrati segretari: il loro rimborso spese, legato soprattutto all’attività fuori confine, è previsto che salga da 34.000 a 110.000 euro, con un balzo del 224%.

Lo stesso standard generoso è usato nei riguardi del personale. Il prossimo anno le spese per la previdenza integrativa, l’assicurazione sanitaria e la formazione dei dipendenti sono destinate a crescere del 48%, passando da 885.000 a 1,31 milioni. È in arrivo, infatti, «un ambizioso programma formativo in favore del personale dipendente », che andrà in parallelo con «un importante programma di formazione linguistica in favore di componenti e magistrati addetti alla segreteria ». E siccome il Csm è un’isola felice, nel 2014 «sono prevedibili » anche «concorsi per il reinquadramento di tutto il personale », che hanno già fatto salire la voce «Compensi per incarichi speciali » da 474.000 a 700.000 euro (+48%).

Al confronto, il budget per i buoni pasto dei magistrati e del personale è un modello di oculatezza: i 330.000 euro messi a bilancio (e interamente spesi) nel 2013 diventano 370.000 nel 2014. «È previsto uno stanziamento incrementato di circa il 10% », si legge nella relazione. In realtà è il 12%, ma viste le altre voci non è il caso di lamentarsi. L’energia elettrica, ad esempio: per il 2013 era stata messa in conto una bolletta di 495.000 euro, rivelatasi fortunatamente assai inferiore: 365.000 euro. Bella notizia. Ma allora perché per il 2014, alla stessa voce, è prevista una spesa di 550.000 euro, superiore del 51% a quella di quest’anno? Bisogna tenere conto «dei probabili aumenti delle tariffe e dell’incremento dei consumi a causa dell’uso intensivo dei condizionatori di palazzo dei Marescialli in estate rilevato dall’economato », sostiene la relazione. Dalla quale si apprendono quindi due cose: nel mese di agosto la sede del Csm è piena di dipendenti intenti a lavorare (l’impressione era diversa, ma buono a sapersi) e l’ipotesi di moderare l’uso dei condizionatori, come avviene nelle normali famiglie e negli uffici privati, non è presa in considerazione.

Per la manutenzione e messa in sicurezza dei lussuosi locali nel 2013 sono stati spesi 816.000 euro. Cifra che, secondo le previsioni, arriverà a 1,3 milioni nel 2014, crescendo del 59%. Peggio andrà con gli arredamenti e i mobili: nel 2013 lo stanziamento di 70.000 euro si è rivelato insufficiente, tanto che la spesa finale è stata di 106.900 euro. Nonostante questo, l’economato del Csm ha rilevato che abbondano «arredi di ufficio oramai obsoleti », che i prossimi componenti avranno necessità di sostituire. Spesa prevista per il 2014: 295.000 euro (+176%).

Being (no) digital – Ci sarebbe poi tutto il capitolo della digitalizzazione che non esiste. «Trasportare i bit, non gli atomi », scriveva Nicholas Negroponte nel suo libro Being Digital. Era il 1995, ma a palazzo dei Marescialli ancora non l’ha letto nessuno. Né si sono accorti che persino in Italia è stato avviato un processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni. Così si continuano a stampare su carta i Quaderni del Csm, con un costo per il 2014 stimato in 60.000 euro (+29% sul 2013). Ad acquistare quintali di carta e cancelleria (previsto un esborso di 130.000 euro, in aumento del 30%). A spendere 345.000 euro (+6%) per aquistare, noleggiare e mantenere fotocopiatrici e altre macchine per il centro stampa e gli uffici del Csm. A pagare 35.000 euro (+17%) di spese postali e telegrafiche. A comprare e rilegare libri per 95.000 euro (+8%).

La voce più curiosa è comunque quella per le spese legali «per liti, arbitraggi, risarcimenti ed accessori derivanti da sentenze passate in giudicato »: dai 150.000 euro spesi (25.000 in più del previsto) nel 2013, si passa ai 200.000 stimati per il 2014 (+33%). Una cifra che «tiene conto del trend in ascesa di questo tipo di spesa », avverte la relazione. E visto che i massimi esperti in materia sono loro, al povero contribuente non resta che prenderli in parola.

Post scriptum. L’articolo 87 della Costituzione affida la presidenza del Consiglio superiore della magistratura al capo dello Stato. Giorgio Napolitano ha iniziato da anni un processo di riduzione delle spese del Quirinale. Secondo il bilancio previsionale del 2013, il budget della Presidenza della Repubblica è sostanzialmente fermo al 2008. Ieri lo stesso Napolitano ha detto che «la riduzione della spesa pubblica, affidata a un’accurata revisione e selezione, è una necessità oggi non contestabile né differibile ». Ragionamento ineccepibile. Proprio per questo ci permettiamo di chiedere: il Capo dello Stato è al corrente dei bilanci del Csm? Conosce gli aumenti di spesa previsti per il 2014? Li condivide? Répondez, s’il vous plaît.
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(Che ne dice l’uomo di Budapest (ossia Napolitano) del suo vicepresidente nel Csm? Naturalmente niente, visto che mentre i cittadini soffrono la fame da anni anche lui si leva i suoi sfizi (vedi la sua partecipazione alla Scala).  Insomma, ancora una volta fa il Ponzio Pilato come fu ai tempi di Fini presidente della camera e preferisce lavarsene le mani, come disegna Giannelli (vedere sotto l’articolo di Diaconale). Bravo Presidente! A quando la meritatissima pensione e lo svago ai giardinetti pubblici?
E a Vietti: si ricordi che sta rappresentando le istituzioni di un popolo che soffre (finché ci sarà lei, Napolitano, Esposito, Quaranta ed altri – l’elenco sarebbe troppo lungo – continuerò a indicarle con la lettera minuscola. Scriverò con la lettera maiuscola solo ciò che continuo ancora, e nonostante tutto, ad amare: Risorgimento, Resistenza, Italia, Patria e il nostro Paese. Lei potrà anche rispondermi che la foto è stata scattata appena il giorno dopo la sua nomina a vice-presidente del Csm, ma, mi dispiace per lei e per la sua intelligenza, ciò non cambia nulla, anzi peggiora il tutto. Lei deve sempre ricordarsi che immagini come queste offendono l’Italia che soffre. Eviti di mettersi in posa sorridente e godereccio davanti ad una ragazza mezza scollacciata. Crede che un’immagine così strafottente (rispetto ovviamente la ragazza, ma non lei) sia molto diversa da quelle circolate di un Berlusconi con le olgette? Il minimo che dovrebbe fare è dimettersi e non ripararsi dietro le debolezze e le scandalose insufficienze istituzionali del nostro uomo di Budapest. Abbia il coraggio di dare l’esempio anche a lui, all’uomo di Budapest, che alla poltrona sembra ci si sia incollato, anzi, che dico, inchiodato, ma anche lei, Vietti, non lo farà. Chi sa da quanto tempo ambiva ricoprire quel posto ed è grazie al Casini ex democristiano che, suppongo, sarà riuscito ad ottenerlo. Ma non credo che nemmeno Casini l’abbia mandato lì per farsi fotografare con qualche olgettina al modo di Berlusconi. Posso dire con tutta franchezza che quella fotografia è una vera schifezza proprio perché lei se la sta godendo con impresso sul viso un sorriso che ci fa vergognare di non riuscire a cacciarla via, a causa e per colpa della protezione e della solidarietà che tacitamente le riserva la casta.
) bdm


Le toghe, Berlusconi e l’immagine-Italia
di Arturo Diaconale
(da “L’Opinione”, 20 dicembre 2013)

Sarà pure corretta da un punto di vista giuridico la decisione del Tribunale di Milano di vietare a Silvio Berlusconi di partecipare alla riunione di Bruxelles del Partito Popolare Europeo. E sarà pure legittimo che il Csm abbia promosso un’azione a tutela della magistratura per impedire che il leader di Forza Italia continui a dichiararsi vittima di quattro colpi di Stato perpetrati da pezzi del sistema giudiziario in concorso con pezzi del sistema mediatico e di quello politico.

Ma è un fatto incontrovertibile che impedire ad un leader politico di partecipare ad una riunione del proprio partito di riferimento continentale in una città che si trova sul territorio dell’Unione Europea e pretendere di impedire allo stesso leader politico di muovere critiche politiche nei confronti di chi considera responsabile di aver alterato le regole della democrazia, costituisce agli occhi della parte di opinione pubblica nazionale ed europea che si riconosce in quel leader una limitazione pesante alla libertà di movimento e di espressione non solo del leader stesso ma soprattutto di chi la pensa come lui. Si dirà che Berlusconi è un condannato. E come tale deve sottostare alle leggi del proprio Paese come chiunque si trovi nelle sue stesse condizioni.

E si ripeterà per l’ennesima volta che le accuse che muove a pezzi della magistratura non sono critiche ma aggressioni che minano la credibilità e la sacralità della magistratura intera. Sarà pure tutto vero. Ma questa presunta verità sbandierata da una parte viene intesa come un’insopportabile offesa alla libertà ed alla democrazia dalla parte opposta. E poiché questa parte opposta è formata da almeno il trenta per cento dell’opinione pubblica del Paese e da una fetta consistente (se non maggioritaria) dell’opinione pubblica europea, la faccenda non può essere considerata come un fatto privato che riguarda un pregiudicato ed i suoi cari, ma come un fatto politico dalle forti conseguenze all’interno e all’esterno del Paese.

All’interno, quel trenta per cento di opinione pubblica che si sente solidale con il Cavaliere trova nelle decisioni del Tribunale di Milano e del Csm la conferma sulla persecuzione giudiziaria nei confronti di Berlusconi. Una persecuzione che non è solo personale, ma che si riverbera su tutti i suoi elettori trattati di fatto come soggetti a rischio di concorso esterno con il grande pregiudicato nazionale. In questo modo non solo la cosiddetta pacificazione diventa una chimera, ma si perpetua ancora una volta una spaccatura che produce ed alimenta artificiosamente un clima da guerra civile ormai insopportabile. La conseguenza più significativa, però, si verifica all’esterno.

Perché impedire a Berlusconi di andare a Bruxelles non significa, come vorrebbero i giustizialisti nostrani, dimostrare che l’Italia sa punire i condannati. Significa accendere un faro a livello europeo ed internazionale sulle condizioni della democrazia italiana. Perché qualcuno può incominciare a chiedersi che tipo di democrazia sia quella in cui dopo vent’anni di iniziative giudiziarie di ogni genere nei confronti di chi è stato capo del Governo per dieci anni e capo dell’opposizione per gli altri dieci, si limita la libertà di movimento e di espressione di questo leader a causa di una condanna per evasione fiscale.

E perché questo qualcuno non può non rilevare come considerare aggressione da condannare (anche penalmente) qualsiasi critica politica sia un comportamento non da democrazia liberale e stato di diritto ma da regime autoritario di vecchio o di nuovo stampo. Il Presidente della Repubblica che tanto tiene all’immagine dell’Italia all’estero farebbe bene a porsi il problema!
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(Caro e bravo Diaconale, credo molto alla seguente vignetta di Giannelli riguardo alla gioia di Napolitano nel momento in cui Berlusconi subì la condanna da quell’Esposito le cui amicizie appaiono molto sospette. Siccome è diventata una vignetta rara, la riproduco qui sotto, e a lei il compito di ricercarne un eventuale collegamento con il diniego da regime autoritario di cui parla il suo articolo. Si goda l’acume insito nella vignetta, che purtroppo ha un contenuto altamente drammatico, che i cittadini ancora sottovalutano. Eccola qui, per lei e per quei cittadini preda degli incantatori di serpenti: bdm)
Vignetta Giannelli del 28 novembre 2013


Dopo lo scandalo Boldrini, tocca alla Serracchiani: prese un volo di Stato per partecipare a Ballarò
di Sergio Rame
(da “il Giornale”, 20 dicembre 2013)

È proprio un brutto vizio, quello della sinistra di scroccare i voli di Stato per farsi scorrazzare a destra e a manca.
Un brutto vizio non solo perché marcatamente a danno del contribuente, ma anche perché sbattuto in faccia a tutti con l’imbarazzante sfrontatezza di chi sta sempre nel giusto. Dopo il viaggetto della presidente della Camera Laura Boldrini, che ha imbarcato il fidanzato nella delegazione governativa che ha volato fino in Sud Africa per partecipare alle esequie di Nelson Mandela, ecco un’altra donna della sinistra approfittare dei voli di Stato. Si tratta della governatrice del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani.

Come ricostruisce Libero, lo scorso 26 novembre la renziana avrebbe volato sull’aereo della presidenza del Consiglio da Trieste a Roma per arrivare in tempo all’appuntamento con Giovanni Floris. Cristian Sergo, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, ha denunciato che, dopo aver partecipato a un vertice internazionale con il premier Enrico Letta, la presidente della Regione Fiuli-Venezia Giulia si è fiondata negli studi di Ballarò. Da Trieste a Roma, nel giro di poche ore. “La presidente alle ore 17.10 era ancora a Trieste – si legge nell’interrogazione presentata dal grillino – poco meno di quattro ore dopo, la Serracchiani si trovava già a Roma negli studi di Rai3 per partecipare alla trasmissione Ballarò in qualità di rappresentante del Pd. Mai di governatrice del Friuli Venezia Giulia”. Colta con le mani nella marmellata, la Serracchiani ha ammesso: “Il 26 novembre scorso, seguendo una prassi consueta gestita dal Cerimoniale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il viaggio d’andata sono stata ospite del presidente Letta, con il quale ho proseguito i colloqui iniziati a Trieste. Del mio ritorno in Regione invece si è occupata la redazione di Ballarò”.

A sinistra sembra che i voli di Stato siano diventati un must. Un viziaccio a cui non riescono proprio a rinunciare. Sul Falcon 900 che ha portato Letta da Roma al Sud Africa si sono accomodate almeno venti persone con annesso codazzo. Non c’erano infatti soltanto la Boldrini e il “fidanzato”, il giornalista Vittorio Longhi (collaboratore di Repubblica.it e del quotidiano inglese The Guardian). C’erano pure il portavoce, il responsabile della comunicazione, la consigliera per le relazioni internazionali e la scorta. Tutti a rendere omaggio a Madiba. Eppure gli altri Paesi avevano mandato giusto i capi di Stato. Addirittura il premier israeliano Netanyahu aveva deciso all’ultimo di non andare visto il conto stellare della missione (un milione di euro). Italians do it better. Perché paga il contribuente. E non importa se la destinazione sono i funerali di Mandela o la puntata di Ballarò. Il modus operandi è esattamente lo stesso: si vola a scrocco. “Che male c’è ad accettare un passaggio su un volo della presidenza del Consiglio? – ha chiesto la Serracchiani – è tutto in regola. È una prassi normale”. Già, una pratica normale. A sinistra.
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(Mi piacerebbe sapere se anche questo è fango gettato sulla politica, o non si tratti invece – visti gli esempi provenienti da altri Stati- di un altro dei molti casi in cui in Italia si sfrutta la politica per portare in vacanza, magari a fare spese esotiche, gli amici degli amici o le amiche delle amiche. Dobbiamo finirla! Ci vogliono dimostrazione assoluta di integrità morale e di rispetto massimo per i cittadini supertassati!. bdm)


I debiti dei De Benedetti fanno tremare le banche
Marcello Zacché
(da “il Giornale”, 20 dicembre 2013)

Le grandi banche italiane che hanno prestato a Sorgenia 1,8 miliardi di euro e che hanno appena concesso alla società elettrica il congelamento delle scadenze fino al luglio del 2014, chiedono alla Cir, la holding della famiglia De Benedetti che controlla il 53% della società elettrica, di fare la sua parte.

In pratica di partecipare a un aumento di capitale. I De Benedetti nicchiano perché hanno poca voglia di mettere mano alle casse della Cir e dunque andare a toccare i 350 milioni netti che sono arrivati dalla Fininvest dopo la sentenza della Cassazione sul Lodo Mondadori.

Per questo la famiglia dell’Ingegnere ha preso tempo, dando sì una vaga disponibilità, ma a due condizioni: la prima è che anche gli austriaci di Verbund, soci al 45% di Sorgenia, facciano lo stesso; la seconda è che anche le banche partecipino alla ricapitalizzazione, un po’ sul modello Alitalia. La trattativa è appena avviata e dunque si vedrà. Ma c’è da scommettere che non sarà agevole. Verbund, da quel che si capisce, non è affatto intenzionata a sborsare nuovi quattrini in Sorgenia, avendo negli anni già partecipato a costosi aumenti di capitale. Si pensi che nel 2008 gli austriaci hanno investito 200 milioni in una ricapitalizzazione – allora equivalenti a una valutazione del gruppo di ben 3,3 miliardi – quando il valore di carico dell’intera partecipazione di maggioranza dei De Benedetti nel gruppo Sorgenia è iscritta nel bilancio Cir del 2012 a soli 208 milioni. Insomma, è difficile che Verbund abbia molta voglia di seguire ancora la famiglia dell’Ingegnere (che come noto ha ceduto tutte le sue azioni Cir ai figli) su Sorgenia. Tanto che continuano a circolare le voci di una richiesta degli austriaci di concordato preventivo.

Per le banche sarebbe un bel problema perché, a ben guardare, sul caso Sorgenia rischiano di perdere molti quattrini. Ma chi è causa del suo mal…: come è stato possibile prestare 1,8 miliardi a un gruppo energetico che negli ultimi anni, sul picco di 2,5 miliardi di fatturato, non ha mai prodotto più di 200 milioni di margine operativo lordo (ebitda)? Nel piano appena presentato alle banche, Sorgenia dichiara un ebitda di 110-120 milioni nel triennio prossimo, 2014-2016. Quindi ancora peggio dei margini passati.

Il punto è che le banche prima della crisi hanno erogato credito sulla base di stime di margini e ricavi rivelatesi poi completamente sballate. Il fatturato 2013, per esempio, era stato stimato a 3,9 miliardi, quando nei primi 9 mesi è arrivato solo a 1,7. In altri termini non ci sono le condizioni per generare una cassa sufficiente a sostenere il debito. A parità di parametri di produzione e redditività, nessuna banca concederebbe oggi (e probabilmente neanche ieri) una proporzionale quantità di credito a nessun imprenditore, medio, piccolo o grande. A meno di non ricevere in cambio adeguate garanzie reali.

E qui cade un altro asino: quali sono le garanzie che le banche hanno chiesto a Sorgenia per gli 1,8 miliardi fin qui prestati? Non è facile scoprirlo per la privacy che circonda la clientela bancaria e questa operazione in particolare. Ma sembra che la maggior parte degli importi, come le analoghe operazioni di finanziamento avvenute nel comparto energia prima della crisi economica, non avesse altra garanzia che i flussi di cassa futuri. Da fonti finanziarie si apprende che non sono state date né azioni Cir, né azioni Sorgenia in pegno. Così Mps, la banca più esposta per oltre 500 milioni, può solo sperare che la domanda di energia termica riprenda improvvisamente a volare. Mediobanca (esposta per 140 milioni), Intesa (un centinaio), Unicredit, Bpm e Ubi (circa 60 a testa), avrebbero richiesto anche garanzie reali quali gli immobili strumentali, cioè le centrali. Ma anche in questo caso, visto i valori di potenziale realizzo, nessuno può stare tranquillo.
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(Credo che ora anche i citrulli abbiano capito perché il cittadino italo-svizzero, tessera n. 1 del Pd, Carlo De Benedetti (ma quando gliela ritirano?), abbia sfruttato il Lodo Mondadori di cui era rimasto soddisfattissimo al momento dell’accordo ed ora continui a battere cassa (per danni psicologici, lui sostiene: e viene da spanciarsi dalle risate) alla Finivest, scambiandola – come gli ha risposto sonoramente Marina Berlusconi – per il proprio Bancomat. Anche questa volta ci troviamo in presenza di azioni di sfruttamento vampiresco, non vi pare? Ora non ci resta che seguire il caso e vedere come andrà a finire e se ancora una volta assisteremo al doppiopesismo del Pd, sia pure guidato da Renzi, già traballante e intrappolatosi dentro le maglie dell’apparato bdm)


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Bart