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Due o tre cose

3 Marzo 2011

Il governo tira dritto. Ormai è una espressione che si sente dire sempre più spesso. E per tirare dritto usa lo strumento della fiducia. E non è perché, come l’opposizione sostiene, esso dubiti della sua maggioranza che è, almeno fino ad oggi, coesa, bensì perché sa che l’ostruzione del Pd e degli altri partiti rinvierebbe alle calende greche le riforme di cui il Paese ha bisogno.

Per colpa di Fini si è già perso troppo tempo. Inoltre l’opposizione fa ostruzionismo su tutto, al punto che anche sulla stampa di sinistra (Stefano Cappellini) si levano critiche al fatto che l’opposizione ormai non è più in grado di discernere le cose buone che vengono proposte da quelle cattive. Perfino una parlamentare del Pd, la senatrice Franca Chiaromonte, si dichiara favorevole, ad esempio, alla reintroduzione della immunità parlamentare.

Ma il Pd blocca ogni tentativo che apra la porta ad una opposizione costruttiva e, ancora avvinto e accecato dall’antiberlusconismo, dice no ad ogni proposta della maggioranza.
Salvo rimangiarsi tutto, se nella maggioranza ci fosse qualcuno (la Lega Nord, ad esempio) disposto a abbandonare il Cavaliere. Allora il no si trasformerebbe in sì. A dimostrazione della confusione che regna da quelle parti.

La fiducia, dunque, si rende necessaria, proprio perché qualsiasi proposta riformatrice e migliorativa della situazione attuale viene, per ragioni strumentali, rigettata.
Se si vuole procedere, e non a passi di lumaca, questa è diventata l’unica strada percorribile.

Un’opposizione meno ottusa e più interessata al bene del Paese, avrebbe dovuto contribuire affinché le leggi riformatrici uscissero dalle aule in una stesura un po’ meno superficiale e farraginosa. Ma ciò non è stato e non è possibile. I miglioramenti dovranno perciò venire in seguito.

Probabilmente anche l’imminente riforma della giustizia dovrà fare a meno dell’apporto dell’opposizione che un tempo era favorevole, ad esempio, alla divisione delle carriere e alla responsabilità civile del giudice che sbaglia. Oggi, invece, trascinata da un Di Pietro sempre più giustizialista, si tira indietro, schierandosi pregiudizialmente a tutela dei privilegi e dello strapotere della magistratura.
Al punto che, sempre per l’antiberlusconismo viscerale, sono disposti a sacrificare la primazia del parlamento alla magistratura, la quale si può permettere così di infischiarsene delle sue decisioni.

L’esempio viene dal conflitto di attribuzione sollevato dal governo a proposito della decisione dei magistrati di Milano di procedere per il caso Ruby nonostante che il parlamento abbia deliberato che la competenza è del tribunale dei Ministri.

Uno schiaffo all’organismo istituzionale che nella nostra democrazia è al primo posto, dopo la sovranità popolare.
Il parlamento è l’organo legislativo, cioè l’organo che fa le leggi, che devono essere applicate dai magistrati. I quali sono dunque strumenti del potere legislativo.
Il magistrato non può perciò che adeguarsi e rispettare la volontà del legislatore.
Quando l’opposizione, confusa e intrisa di odio, pone nei fatti la magistratura al di sopra del parlamento, non solo commette una sciocchezza, ma offende la democrazia.

Ieri è stato votato definitivamente il federalismo municipale. L’opposizione si è opposta gridando che esso manderà il Paese alla rovina e costringerà i comuni ad aumentare le tasse. Da qualche parte potrà succedere, ma non vi è dubbio che in un’Italia sprecona e distratta,   si rende e si è reso necessario responsabilizzare le amministrazioni locali nel gestire la spesa pubblica.

Trascorso un necessario periodo di stabilizzazione e di solidarietà nazionale, in futuro solo i comuni spreconi saranno costretti ad aumentare le tasse. In questo caso saranno i cittadini di quel comune a chiedere conto del perché ciò accada e a giudicare perciò con proteste e con il voto i loro amministratori. Un controllo, dunque, diretto e immediato, che non può che giovare alla democrazia e alle tasche dei contribuenti.

Per quanto riguarda lo strapotere dei magistrati, qui troverete un altro articolo che stigmatizza la vicenda che vede due giudici Davigo e Palamara prendersela con il quotidiano web il Legno Storto.

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