Franceschini e i calzini di Mesiano – La Magistratura e la riforma18 Ottobre 2009 Voglio sperare che le aziende tessili non si siano messe in fretta e furia, sacrificando magari questo fine settimana, a fabbricare i calzini color turchese messi in bella evidenza in tv da Dario Franceschini. Farebbero un flop, giacché Bersani e D’Alema hanno pensato bene di non indossarli. Sono una pagliacciata, infatti. Un’altra che si deve storicamente ascrivere a Dario Franceschini, dopo quella del celebre giuramento sulla Costituzione in quel di Ferrara. Quando Franceschini non mi fa paura, mi fa ridere. Mi fa paura quando lancia le sue campagne d’odio. Mi fa ridere quando poi, rivelando tutta la sua immaturità politica, va in piazza a giurare fedeltà alla nostra Costituzione o indossa i calzini turchesi per solidarizzare con il giudice Mesiano, improvvidamente spiato dalla trasmissione di Canale 5 diretta da Claudio Brachino. Dopo le spiate a Berlusconi, siamo diventati ormai i primi spioni al mondo, e qualche volta, nel Paese del doppiopesismo, si difendono gli spiati e qualche volta le spie. Brachino è stato uno sciocco, non riuscendo a capire che stupidaggini di questo tipo avrebbero dato il pretesto all’opposizione di non assolvere, ancora una volta, al suo ruolo di proposta alternativa all’attuale governo, attesa dai suoi sostenitori. I quali hanno concluso, vedendolo in prima fila coi calzini turchesi bene in mostra, che Franceschini agli italiani non ha altro da mostrare all’infuori dei calzini di Mesiano. Ben povera cosa, per tutti coloro che si aspettano dal segretario del Pd ben altri argomenti. Mesiano è un giudice che è balzato alla ribalta per una sentenza che ha dello stupefacente, ma siccome bisogna partire dal presupposto che, fino a prova contraria, l’abbia stesa in assoluta buona fede, vedremo negli ulteriori passaggi, se sarà confermata o corretta. Su di lui, però, una cosa deve essere accertata nell’interesse dei cittadini (mi pare che lo debba fare il CSM), e riguarda la notizia diffusa dal Giornale sulle esternazioni che il giudice Mesiano avrebbe espresso su Berlusconi in un ristorante aperto al pubblico ed ascoltate da un avvocato ancora anonimo. La verifica della notizia è importante per due motivi: 1 – se fosse vera, si dovrebbe considerare la sentenza inficiata da pregiudizio di natura politica. Non regge, secondo me, la tesi avanzata da qualcuno che quando un giudice si chiude in camera di consiglio si astrae dai suoi giudizi politici (si badi: non sono questi in discussione giudizi di politica generale, ma giudizi su uomini precisi), quando i medesimi sono stati esternati in luogo pubblico e riguardano una persona sulla quale è pendente una causa che lo stesso magistrato deve giudicare. 2 – Se fosse falsa (una bufala, una costruzione artefatta del Giornale) se ne dovrebbe rendere edotti i cittadini, nell’interesse della giustizia e dello stesso magistrato ingiustamente infamato. Tali indagini sono doverose, ineludibili, e invece sembra che vi si stia stendendo un velo pietoso. A mio avviso, se si ritiene innocente, anche il giudice Mesiano dovrebbe chiamare in giudizio il quotidiano di Vittorio Feltri. L’Associazione Nazionale Magistrati non credo che abbia ancora invitato tutti i suoi iscritti a indossare calzini turchesi in occasione dello stato di agitazione annunciato contro una legge di riforma della Magistratura che ancora non è partita (che io sappia) per l’esame del Parlamento. Questo stato di agitazione, messo sul piatto come strumento di pressione, sarebbe ridicolo proprio perché ancora non sono chiare le idee dell’intero governo e dell’intera maggioranza. Ad esempio, sembrano chiare quelle relative alla divisione delle carriere e alla riduzione dei tempi per decidere una causa; ma non è ancora chiara la dipendenza o meno dei pm dall’esecutivo. Anzi, persone autorevoli della maggioranza, Fini in testa, l’hanno esclusa. Dunque, domandiamoci perché lo stato di agitazione, così preventivamente annunciato, lo si vorrebbe mettere in atto quando ancora (che io sappia) non giace in Parlamento un disegno di legge da discutere? La risposta a questo interrogativo, proprio per l’intempestività della protesta, non può che essere quella che vuole la magistratura non disposta a perdere un solo millimetro del potere conquistato dal momento del massacro di Fort Apache (ossia dal momento di Mani Pulite, che tanta esaltazione aveva provocato negli italiani, finché non se ne scoprì lo scopo, quando ci si accorse che era stato lasciato libero, unico partito, solo il Pci), ossia quel potere che l’ha portata a dedurre che essa è ben sopra gli altri organi istituzionali, e in specie ben al di sopra e più potente del Parlamento. Lo stato di agitazione annunciato prima che esista un qualsiasi straccio di disegno all’esame del Parlamento, ha tutto il sentore di uno schiaffo irriguardoso alle autonomie costituzionali. Leggo sul “Corriere Nazionale”, nella pagina culturale curata da Stefania Nardini, che è uscito per Bompiani un libro intitolato “Magistrati. L’ultracasta” di Stefano Livadiotti. Un libro che mi pare interessante per capire qualcosa di questo potere dello Stato che si considera intoccabile (si veda anche qui). Articoli correlatiQui. | ![]() | ||||||||||
Commento by Giorgio Di Costanzo (Ischia) — 21 Ottobre 2009 @ 18:12
Georgia è tornataaaaaa!!!!
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 21 Ottobre 2009 @ 19:37
Grazie, Giorgio, vado subito a salutarla.