FUMETTI: Bob Star
20 Marzo 2009
[da: “Enciclopedia dei fumetti”, a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970]
L’AUTORE Â
WILL GOULD – Nato nel Bronx, uno dei quar Âtieri suburbani di New York, nel 1911, si tra Âsferì sulla costa occidentale non ancora ven Âtenne, ma avendo già iniziato l’attività di cartoonist firmando una serie di vignette spor Âtive per il Bronx Home News e una strip umo Âristica intitolata Felix O’Fan. il mondo sportivo, e in particolare quello della boxe, esercitò sempre su Will Gould un grande fascino, ed egli, in pratica, non se ne distaccò mai del tutto. In proposito, si ricordi la striscia Asparasus Tipps, incentrata sulla figura di un cameriere negro, fanatico di cavalli e gran scommettitore, anche se di avversa fortuna.
La striscia di Bob Star, che segnò per il suo autore la punta di maggior successo, non nac Âque per caso, ma in conseguenza di una scon Âfitta che Gould subì partecipando a un concorso bandito dall’editore William Randolph Hearst nel 1933 per   scovare   il   disegnatore   che   avrebbe
dovuto tradurre in immagini le storie dell’Agente Segreto  X-9,   ideate  da  Samuel   Dashiell   Hammett. La vittoria toccò ad Alex Raymond,  ma i giudici   restarono  ugualmente  colpiti  dallo  stile assolutamente  personale di  Gould.  Il  19  marzo nacquero  così  –  sotto  forma  di  striscia quotidiana -le  avventure  del   poliziotto   « dai capelli rossi », pubblicate dal New York Evening Journal. Quasi  un  anno dopo,  il 3 marzo  1935, la storia di Gould si sdoppiò, grazie all’edizione di tavole domenicali del tutto indipendenti dalle strisce  giornaliere,  e   le  due  vicende   proseguirono separate fino alla fine del 1936.
Quattro anni più tardi, costrettovi dalla censura del   King   Features   Syndicate,   che   esigeva   da
lui  una   rinunzia   alla  violenza,   o,   quantomeno, una sostanziale ristrutturazione delle storie che tenesse  conto  delle  esigenze  « morali »,   Gould non si piegò al compromesso e non esitò,  per tutta risposta, a chiudere il ciclo di Bob Star.
Chiamato   alle   armi,   collaborò   attivamente   al  l’edizione  di   The   Alert,   un   giornale   riservato alle   forze   combattenti   degli   Stati   Uniti,   e   in seguito,   ritornato  alla  vita  borghese,   riprese  a scrivere soggetti  per il  cinema e  la  radio.
Dopo  un  lungo periodo di  silenzio,  durato fino al   1963,   quando   egli   venne   nominato   editor cartoonist della rivista Writers Forum, specializ Âzata nel settore dello spettacolo, la firma di Will Gould è riapparsa in calce a tavole umoristiche ispirate  a  una  pungente  e  puntuale  satira  del costume e della vita americani.
IL PERSONAGGIO Â
BOB STAR (Red Barry) – Quello di Bob Star è certamente uno dei comics attorno ai quali sono sorte in maggior numero fiorite illazioni e interpretazioni apocrife. Le ragioni di una certa confusione vanno addebitate, e in eguale misura, alla figura abbastanza enigmatica del Âl’artista (per lungo tempo considerato un consanguineo, se non il fratello, del più popolare Chester Gould, padre di un altro famoso de Âtective delle strisce, Dick Tracy), e alla vita relativamente breve della vicenda, prolungatasi da! 1934 al 1940. è stato scritto più volte che Bob Star era finito nel 1938, anno della presunta morte del suo creatore, e che la sua prima ta Âvola risaliva al 1935, edita dal supplemento do Âmenicale del New York American Journal. Solo di recente, grazie alla passione di un gruppo di giovani ricercatori, la « verità » è stata rista Âbilita e, in un certo senso, si è venuta ridimen Âsionando la misteriosità di un personaggio cer Âtamente insolito nell’area della comic art, sia per lo stile personalissimo che ha caratterizzato le sue avventure disegnate, sia anche per il taglio dei non troppi capitoli, ma tutti notevol Âmente antitradizionali, che hanno edificato la saga di Bob Star.
Non è difficile rintracciare, e alla prima oc Âchiata, quali possano essere stati i suggerimenti spettacolari ad avere convinto Will Gould ad avventurarsi sulla strada del poliziesco. Certa Âmente, le pagine di un certo tipo di narrativa gialla in quell’epoca parecchio in voga negli USA e, per altro verso, le immagini cruente e mozzafiato di una vasta produzione cinemato Âgrafica che con le sue asciutte sequenze esaltò i miti di alcuni boss della malavita (Scarface, piuttosto che Little Caesar) e di una schiera di inflessibili uomini della legge riuniti dalla sigla G-Men. Le matrici immediate, quindi, risultano oltremodo trasparenti, e non si stenta a ope Ârare le debite traslazioni (o previsioni) per mu Âtuare alcuni personaggi della cronaca nera de Âgli anni trenta nelle figure che affollano le vi Âgnette di Will Gould. Eroe, comprimari, spalle, antagonisti, non corrono certo il rischio di re Âstare maldefiniti (anche psicologicamente, oltre Âché nel tratto): alla loro creazione ha provve Âduto un manicheismo esaltato che li ha rac Âchiusi in blocchi compatti, senza possibilità di mezzi toni o collocazioni ambigue. « Buoni » e « cattivi » si affrontano così senza strategici tentennamenti. Tanto il disegno di Gould è spi Âgoloso e incisivo, altrettanto i personaggi spic Âcano per intima convinzione: l’impegno dell’ar Âtista è soprattutto quello di dar vita a una serie di vicende che, a ritmo sostenuto e raramente divagante dal filo principale, s’impongano al let Âtore proprio per quelle che sono le sue più esposte e violente peculiarità . Ossia un parlare fuori dei denti, che si traduce in dialoghi asciutti al massimo e direttamente calati nell’aspra realtà dell’ambiente criminale, in un segno che non indulge al preziosismo evitando il parti Âcolare, in azioni sempre tese, spesso portate oltre le righe della violenza solitamente accet Âtata dai racconti a strisce. Bob Star, un giovanotto di origini irlandesi, squadrato di temperamento e di mascella, con un ciuffo di capelli fulvi che lo distingue dalla tipologia maschile dei comics contemporanei, è un undercover man, ossia un poliziotto senza divisa e in incognito, il quale, alla maniera di certi mitici eroi positivi del cinema hollywoo Âdiano di quegli anni, non oppone un dubbio seppur minimo alla missione di cui è investito: il suo dovere, egli lo compie senza titubanze e con una buona dose di rischio personale (non a caso, si è a lungo pensato che la sua ultima avventura fosse quella – del 1938 – in cui appariva ferito in modo grave), convinto che la legge deve opporsi al crimine con metodi pa-rimenti violenti e odiosi. A fargli da contraltare, sempre sul versante della legalità , Gould ha collocato due personaggi abbastanza dissimili; l’ispettore Morris (Scott nell’edizione originale) e il commissario Trent. Il primo ha un assoluto rispetto per i propri compiti e mai oserebbe proiettare i propri casi personali all’interno della professione: rigoroso funzionario e rigido difen Âsore del Codice, Morris dimostra, con una sor Âprendente agilità quando è chiamato all’azione, una sorta di doppia identità , che solitamente nasconde sotto il suo bonario aspetto di ispet Âtore non più giovane, amante dei buoni sigari e di maniere non scostanti. Trent, al contrario, è la controfigura di un personaggio abbastanza ricorrente nella narrativa degli anni trenta: ti Âpico arrivista, è disposto a qualsiasi compro Âmesso pur di fare carriera, ambiguo e meschino quanto basta per non venire radiato dal Corpo, disponibile a sotterranei giochi di potere allo scopo di mantenere l’appoggio degli elettori e poter così giungere alla carica di governatore. Il gioco delle parti, in Gould, non conosce pa Âraventi: è netto come il giudizio che l’artista, implicitamente, da del mondo che riporta nelle strisce. Sono gli anni del proibizionismo, dei primi rackets organizzati, dei primi « nemici pubblici », e non è a dire che le fila malfide siano prerogativa della criminalità . Un brulicante sottobosco di personaggi nell’ombra e di figure secondarie che fungono da intermediari ruota attorno alle bande e ai boss che si pronunciano senza sottintesi. Il giro degli affari è enorme e tocca tutti i settori della vita pubblica. Will Gould, che non ignora le più scomode verità , tenta, attraverso il suo eroe « tuttodunpezzo ». di suggerire al lettore la necessità di una rico Âgnizione più vasta e attenta, di coinvolgere nelle responsabilità qualcuno più a monte dei pesci minori che cadono nella rete dei G-Men. In questo senso, s’avverte soprattutto nelle ta Âvole di Bob Star l’influenza di scrittori come Burnett, che hanno appunto cercato di aprire le loro pagine a una realtà ben più amara e corrotta di quanto la narrativa avventurosa po Âteva e voleva far presumere. Quali siano le intenzioni di Gould (intenzioni, appunto, di denuncia e di richiamo), d’altra parte, saltano evidenti quando si considerano il versante opposto alla legge e quello fem Âminile. A differenza, infatti, di molte strisce con Âgeneri, quella di Bob Star (a parte i ricordati e indispensabili Morris e Trent) non affianca al protagonista personaggi di spicco o spalle fisse. Nessuna « fidanzata » in struggente attesa alla maniera di Dale Arden e nessun insoppri-mibile « cattivo » alla pari di Ming partecipano delle temerarie imprese del giovane poliziotto.
I caratteri  femminili   risultano  in  genere  secon Âdari,   i  loro  rapporti  con   Bob  possono   anche passare attraverso i sentieri del sentimento, ma non riescono  mai a distoglierlo  dalla  cocciuta disposizione  alla   lotta.
II solo   aspetto   figurale,   esasperato   e aguzzo, sarebbe di ben scarsa importanza se non fosse sostanziato   da   una   coerenza   stilistica   che,   in pratica,  non   ha  segnato  alti  e  bassi   nelle  sei stagioni della sua produzione. E non è un caso che  l’artista abbia calcato  la  mano sull’oriente « misterioso »   che  si  colloca  sempre  al  centro delle  imprese  delittuose:  la  Chinatown  è  stata per anni un vantaggioso ingrediente del cinema americano   d’avventura   (e   fin   dal   tempo   del muto)  e  sull’esotico  esso  ha  puntato  come  su una   carta   sicura;   ma,   a   leggere   attentamente le   strisce   di   Bob   Star,   salta   evidente   che   la utilizzazione  del   mondo  « giallo »  non   risponde unicamente   a   una   meccanica   utilizzazione   di ingranaggi    sperimentati.    Conoscendo    l’intera opera   di   Will   Gould,   con   tutta   probabilità ,   si potrebbe connotare in modo non aleatorio questo  particolare aspetto tematico  e chiarire  uno dei   punti   ancora   insoluti   della   disamina   che lo  riguarda.
Quello di Bob Star è un comic di straordinaria personalità , un « prodotto » esemplare che la fantasia dell’autore non ha alienato dalla cro Ânaca bruciante dell’epoca in cui l’ha realizzato.
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