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Fumetti: Bristow e Nicola Biggelow

17 Maggio 2009

[da: “Enciclopedia dei fumetti”, a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970]  

L’AUTORE  

FRANK DICKENS – Nato a Londra il 9 dicembre 1931. Del molto decantato umorismo inglese, celebrato dai classici letterari e filmici, nei fu ­metti, almeno fino a poco tempo fa, di tracce ce n’erano davvero poche. Praticamente l’unico comic britannico fortunato in Italia era quello di Andy Capp, il piccolo antieroe della disoc ­cupazione sistematica creato da Reg Smythe. Per il resto, semmai, avevano un certo successo gli avventurosi, come il fantascientifico Jeff Hawke o le donnine intraprendenti tipo Jane e Modesty Blaise. Né maggior fortuna avevano avuto i giovani della cosiddetta « scuola in ­glese », come il Graham autore di Fred Basset, il Trog creatore di Flook o il Dennis Collins con i suoi Perishers, tutti abbastanza impopolari da noi.
Non si può dire dunque se la bella fama velo ­cemente raggiunta da Frank Dickens, creatore di Bristow e di Nicola Biggelow sia un caso o il segno che i tempi stanno mutando e miglio ­rando per la produzione a fumetti proveniente dalla terra britannica. È certo comunque che l’ascesa di Dickens è stata rapida, irresistibile e travolgente, dato che il suo Bristow è addi ­rittura arrivato alle edizioni pocket, privilegio abitualmente riservato soltanto ai personaggi d’antica fama.
Dickens che è londinese purosangue, precisa il suo biografo Michael Bateman, ripreso in Italia da Franco Cavallone primo presentatore e cri ­tico delle sue strips, si sta avvicinando ai quarant’anni. La sua esistenza è priva di meravi ­gliosi accadimenti e tumultuose avventure. I primi passi fuori dalla scuola non sono nel campo dell’arte disegnata, ma nel mondo dello spettacolo. Frank scrive infatti sceneggiature per la televisione e rivela tendenza al comico esi ­bendosi perfino sul palcoscenico come spalla di colleghi più famosi. Così, quasi inavvertita ­mente, nascono timidi tentativi di far ridere, non attraverso la sola parola, scritta o detta, ma con l’aiuto del disegno. Secondo la regola e l’ordine delle cose, le iniziali fatiche non sono apprezzate per niente: Dickens, per il suo stile scarno e disadorno, viene accu ­sato di non saper disegnare e il suo lavoro è decisamente scartato. Per trovare maggior comprensione bisogna sempre emigrare: e infatti le vignette dello sconosciuto umorista inglese sono apprezzate in Francia, dove vengono ac ­cettate e pubblicate da Paris Match: poco dopo anche il glorioso Punch accoglie le tavole di Dickens (sempre singole, senza storie da narrare). Le entrate di denaro sono arrotondate da alcune illustrazioni realizzate con efficacia per libri da bambini.
La gloria comunque arriva con il fumetto. Nel 1960 Dickens inizia a disegnare sul Private Eye e sull’Evening Standard ministorie, senza avere ancora in mente un personaggio fisso. È il mo ­mento della grande fioritura degli « arrabbiati » nel teatro e nel cinema, e forse pensando a loro Frank schizza un omino con bombetta e om ­brello che aspetta l’autobus circondato e quasi asfissiato da tanti omini vestiti come lui, tutti evidentemente pronti e destinati al quotidiano lavoro. « Odio i lunedì » pensa ad alta voce il piccolo impiegato e la frase, appena pronun ­ciata, suona subito come una dichiarazione pro ­grammatica. Per parto spontaneo e indolore vie ­ne così alla luce Bristow, l’« impiegato del dia ­volo », un personaggio dall’apparenza incolore, su cui originariamente neppure l’autore contava molto, e che è invece diventato uno dei più popolari divi stampati degli anni sessanta. Pur non abbandonando l’intima odissea di Bri ­stow e dei suoi colleghi, Dickens da qualche anno disegna le avventure di un altro perso ­naggio, il piccolo Nicola Biggelow, bambino ter ­ribile, spietatamente adulto nei desideri e negli atti.

I PERSONAGGI  

BRISTOW – Creato nel 1960, non è un impie ­gato modello: fin qui sono tutti d’accordo, ma sul valore e sulla natura della sua opposizione silenziosa al sistema, molte sono le discussioni. Franco Cavallone, presentando il personaggio sulle colonne di Linus e nell’introduzione alla mini-antologia pubblicata da Mondadori, avverte che il paffuto e ilare ometto in bombetta non è né disperato né tragico, ma semmai modera ­tamente patetico, disincantato, privo di vane speranze e illusioni di riscatto: in definitiva un prigioniero non sorretto da volontà di fuga, si ­stemato nel nido caldo dell’ufficio-carcere come un topo nel formaggio. E quali antenati cita per la letteratura il Demetrio Pianelli, Monsù Travet e Policarpo de Tappetti, e per il fumetto il buon Dagwood, felice sposo della svanita Blondie. Il discorso è forse giusto soltanto per metà: è vero che Bristow non sogna cruenti sovverti ­menti dell’ordine, distruzione e libertà. Ma è anche vero che fra lui e lo zelante Dagwood c’è una bella differenza. Mentre quest’ultimo in ­fatti accetta tutto e ha soltanto qualche innocuo scatto di nervi nei confronti della famigliola troppo assillante o del vecchio padrone, paterno tiranno, il bombettato Bristow rifiuta ogni cosa della famigerata ditta, la Chester-Perry, a cui è da anni inchiodato, trovando all’interno del ­l’animo la forza enorme e eroica di non la ­sciarsi schiacciare, di non perdere personalità e rispetto di sé spinto da vile ossequio o avida smania di potere.
Fateci caso: gli impiegati della Chester-Perrv Co. si assomigliano tutti fra di loro, hanno la stessa faccia placida, tonda, sicuramente rosea, gli occhi senza pupille e privi di qualsiasi espres ­sione, coperti dagli occhialetti tondi come le facce. Bristow no: già il suo sorriso malizioso, accentuato dal baffo rado, e gli occhietti minu ­scoli ma furbetti e irriverenti, sono una forma di lotta, sia pure in millesimi. E « l’impieqato del diavolo » getta via dalla finestra, senza deqnarlo di uno sguardo, il giornale aziendale che qli altri leggono solertemente, scimmiotta e postilla ironicamente i discorsi e messaggi edificanti di sir Reginald, venerato fondatore della ditta, è persine capace di replicare all’enorme Fudge, terribile capo ufficio.
La forza e la superiorità di Bristow è il rifiuto di ogni smania e ambizione carrieristica. La sua scarsa disposizione al lavoro (si pensi all’ec ­cezionale capacità di addormentarsi a metà della scrittura di una parola, senza che nessuno se ne accorga) non è banale voglia di far niente, segnale spia di inerte pigrizia, ma testimonianza dell’eterna battaglia della coscienza che non accetta di essere fagocitata dall’ingranaggio.
Dotato di una sottile intelligenza, Bristow com ­prende che anche gli apparenti oppressori sono vittime del meccanismo, almeno nelle sfere più basse: semmai l’unico colpevole è il divinizzato sir Reginald. Gli altri no: gli altri sono soltanto degli uomini disumanizzati e schiavizzati. Non per niente la paura più grande è quella di diven ­tare con gli anni simile all’odiato commiserato Fudge: meglio tutto sommato essere un « patetico, umile, lamentoso, strisciante impiegatuccio » che un mostro al servizio dei mostri. Più che con le persone Bristow trova contatto e comunicazione con un grosso pennuto, uno strano uccellacelo, quasi un incrocio tra un gufo e una civetta che si appollaia sulla finestra ac ­canto alla sua scrivania e gli parla silenzioso con lo sguardo e il movimento delle penne. Così l’uomo nel mezzo del grande alveare, circondato da una moltitudine vociante e confusio ­naria, è davvero solo e trova, comprensione unicamente nella muta solidarietà di coloro che sono al di fuori, lo stravagante volatile o un barbone incontrato nel parco. Battaglie simili a quelle del fratello maggiore combatte la nuova creatura di Frank Dickens, Nicola Biggelow, bimbo già smaliziato e cono ­scitore dei vizi, delle meschinità e delle astuzie umane. Al posto della Chester Perry Co. ci sono i genitori, anch’essi enti astratti e minacciosi, soffocanti strumenti della generale repressione. Biggelow come Bristow non sogna irrealizzabili fughe, ma cerca e esperimenta i possibili modi di resistenza occulta. Né si può escludere che un giorno la grande rabbia quotidianamente ac ­cumulata esploda violenta.  

NICOLA BIGGELOW (Willie Biggelow) – Creato nel 1966, è uno degli ultimi bambini terribili apparsi nel mondo dei fumetti. Impenitente bu ­giardo, egoista e ipocrita, questo ragazzine paf ­futo e grassottello, con un sorriso ferocemente sarcastico, è capace di inventare sempre nuove birbonate ai danni dei suoi compagni di gioco e, poi, di incolparne con una sfacciataggine veramente incredibile il candido fratellino Henry, ancora incapace di parlare e che egli stesso presenta come « un’altra bocca da sfamare ». Per molti versi Nicola Biggelow lo possiamo paragonare all’altro personaggio di Dickens, l’infingardo e burlone Bristow. Sicuramente il pic ­colo Nicola Biggelow quando sarà adulto andrà a raggiungere il « compare » Bristow nell’ufficio acquisti della Chester-Perry Co. « Prodotto certa ­mente ‘minore’ di Frank Dickens, questo character ha tuttavia il merito di testimoniare l’ap ­prezzabile coerenza del suo autore » (in AZ Comics). In Italia è stato presentato per la prima volta nel 1968 dal mensile Linus.


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Bart