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FUMETTI: Colt

13 Agosto 2009

[da: “Enciclopedia dei fumetti”, a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970]

L’AUTORE  

TOM K. RYAN – Dell’acclamato autore di Tumbleweeds (una striscia meglio conosciuta in Italia sotto il nome di Colt) conosciamo una foto arrivata fino a noi sulla scia di un plebiscito popolare che in America lo aveva portato al primo posto tra i cartoonist nella affollata categoria della satira western. I capelli tradi ­zionalmente a spazzola secondo le buone re ­gole americane, il volto serio, l’espressione com ­piaciuta, la giacca di taglio sportivo, lo sguardo pulito: una lontana somiglianza con un rappre ­sentante del Dipartimento di Stato o con un atletico poliziotto dell’F.B.I., parente stretto di qualche cosmonauta. Un americano tipico, forse appartenente più alla covata di Nixon che non alla parentesi kennediana. E sarebbe stato im ­possibile, crediamo, riconoscere in quell’uomo senza basette, con la sfumatura da marine, l’umo ­rista forse più bruciante tra i cartoonist d’Ame ­rica, dotato di una grossa carica iconoclastica. Perché Tom K. Ryan ha puntato il suo obbiettivo sull’epoca del Far West, smitizzandola a colpi di sorriso, bruciando allegramente leggende ed eroi.
Il suo cow-boy Colt perennemente stanco, dalla piega amara e stupida della bocca, sommerso da un cappello troppo grande, con il viso segnato dalle efelidi, è la risposta, certo irritata e irrive ­rente a una tradizione zeppa di enfasi e retorica. È la risposta, è bene ricordarlo, di un uomo che le biografie definiscono « serio studioso dei pro ­blemi e della storia del vero Far West ». Nelle tavole di Tom K. Ryan, se è assente l’impegno talvolta pesante di portare un messaggio al let ­tore, è comunque ben presente un dirompente humour che in pochi tratti fa completa giustizia dei tanti luoghi comuni di una controversa epopea.
Accanto a Colt e al suo allampanato destriere, non per niente battezzato Epic, ruota un villag ­gio popolato dai più reclamizzati personaggi della leggendaria storia del West, che acquistano nelle strisce contorni buffoneschi, destinati a scalzare l’immagine tradizionale. Si veda l’impresario di pompe funebri, certo Claude Clay, che per il suo negozio ha scelto il cinico motto « Voi li ammazzate, io li sotterro ». Ma è un impresario non troppo fortunato che trova pochi cadaveri sulla sua strada e che cerca disperatamente di affidarsi alle risorse della pubblicità per tirare avanti. Uno dei suoi primi volantini, preparati per lanciare il nuovo stile delle bare in legno, è così concepito: « In qualunque momento siate impiombati e dovunque possiate finire, sarete meravigliosamente preservati nel legno per una somma insignificante! Avrete un aspetto soave nell’acero! Semplicemente divino nell’abete! La ­vorazioni in betulla, faggio e quercia per soli sette dollari e ottantanove centesimi ». è un modo, chiaramente, di far polemica con la con ­clamata rudezza dei pionieri, beffeggiandola e scalzandola dal di dentro. E anche gli indiani, sempre logorroici e fanta ­siosi, sono visti nella loro vita di tribù. Al Colt bianco, antieroe sconfitto e sonnolento, corri ­sponde un guerriero di pelle rossa, Lucertola Limpida, dagli occhi che scompaiono sotto le palpebre calanti e con un solo enorme dente che pende dalla mascella sporgente. Ci sono poche guerre tra gli uomini bianchi e gli uomini rossi e quelle poche sono alla buona, fatte di « mosse » preannunciate all’avversario (il capo indiano annuncia al colonnello Fluster dar ric ­cioli ben conservati, grazie ai bigodini, che sta per mandare all’assalto del forte un centinaio di indiani). Sono guerre fatte di paura, dove non ci si batte perché il più delle volte il nemico è già scappato. Tom K. Ryan racconta il suo West con un disegno efficace, molto spesso povero di paesaggi, lasciando molto posto sulla testa dei suoi simpaticissimi personaggi per battute sferzanti e comiche riflessioni.

IL PERSONAGGIO  

COLT – È uno dei simpatici comprimari della striscia intitolata Tumbleweeds, una gustosa sa ­tira de! genere western creata nel 1967. La stri ­scia di Colt, destinata inizialmente a una ventina di quotidiani, ben presto è dilagata nelle pagine dei fumetti di oltre cento giornali americani. Il nome del suo autore, Tom K. Ryan, è rimbal ­zato oltre l’Atlantico e i suoi simpatici perso ­naggi hanno preso a parlare lingue per loro sconosciute.
Il successo risiede tutto nello spirito, semplice e divertente, che pervade queste scenette in po ­chi quadri di vita western. È un Far West senza praterie, senza leggende, senza cavalcate e in ­seguimenti, senza nuvolette di polvere e incan ­descenti sparatorie. La satira è misurata ma pungente, tutta permeata di humour di buon gusto. Lo sfaticato cow-boy Colt dall’aria di tonto, il giudice Frump, il balordo vice sceriffo Knuckles, il becchino Wimble, le carceri, il sa ­loon, il dottore ubriaco di rhum, i sonnacchiosi ufficiali di frontiera, i pellerossa innamorati: que ­sti sono i protagonisti esilaranti di strisce a fu ­metti al di fuori di ogni convenzione. Anche i nomi che Ryan ha appioppato ai simboli più popolari delle cruente leggende di quei tempi offrono l’idea dei suoi intenti: il forte â— dove i soldati pisolano e dai cui spalti spesso si svol ­gono i concitati battibecchi tra il colonnello Fluster (divertente caricatura di Buffalo Bill) e il capo indiano (il capo ogni tanto si stizzisce e vuole attaccare, ma l’altro replica che non si può perché il trombettiere « ha le labbra che gli fanno male » â— si chiama Forte Ridiculous. È abitato da cadenti scouts senza grinta e da militari che in previsione di un assalto si preci ­pitano a marcare visita o a presentare domande di sollecito trasferimento.
Nello scalcinato villaggio di Grimy Gulch, insieme a un vice sceriffo che finisce spesso distratta ­mente in prigione e accanto a un giudice che ha gilet e marsina, con la tradizionale catena d’oro, vive una racchissima zitella che trascorre il suo tempo a leggere manuali ufficiali delle caccia-trici di marito e a sforzarsi di metterne in pratica, senza successo, i suggerimenti. È la signorina Hildegard Hamhocker, di età indefinita, dal ­l’aspetto giovanile, le spesse lenti, il vestitine fantasia e i! cappellino con i fiorellini finti. È più temibile, per Colt e compagni, dei banditi e degli indiani. I suoi assalti sono violenti, le sue propo ­ste decise: se acciuffa uno scapolo, difficilmente lo molla. A far le spese dei suoi attacchi na ­turalmente è soprattutto Colt, che si trova sem ­pre tra i piedi l’intraprendente e tenace zitella dai casti rossori ma dai fermi obbiettivi nu ­ziali. Le strisce di placcaggi a scopo matrimo ­niale si susseguono, mettendo in continuo, di ­vertente imbarazzo il gracile Colt, afflitto da un’antica stanchezza.
Capitolo a sé fanno i pellerossa: questi sono in verità assai poco bellicosi. Assistiamo agli incessanti « giochi d’amore » di Bargigli Verdi, un giovane indiano che cerca ogni mezzo per far breccia ne! cuore di Piccolo Piccione, la gra ­ziosa fanciulla di cui è innamorato. Ma il futuro suocero vigila e non vuole accettarlo come ge ­nero giudicandolo troppo codardo. C’è poi lo stregone della tribù, l’« uomo medicina », che si arrabatta a fare il suo mestiere abbandonandosi a lunghi e incredibili sproloqui sull’arte di Esculapio.
« Quello osservato da Tom K. Ryan â— ha scritto Carlo Della Corte â— non è tanto un Far West d’azione, ma un Far West di situazione. Colt, che poi è solo uno dei tanti comprimari di que ­sta strip affollata, non muoverebbe un dito per tutto l’oro del mondo e nemmeno il suo autore si affatica troppo a lanciarlo in complessi in ­trecci… Quindi niente suspense, non c’è divenire per questa gentarella di paese, colta nelle sue minute faccende quotidiane ». « Le maglie più salde del connettivo sociale, nella piccola comunità â— citiamo ancora il Della Corte â— sono rappresentate da alcuni professio ­nisti, come Stringy il postiglione, il vicesceriffo Knuckles, il giudice Frump, che d’altra parte non si distinguono troppo dai banditelli da tre soldi e dagli scansafatiche che circolano per il paese, tanto è vero che il balordo vicesceriffo, per la sua stoltezza, spesso finisce in carcere al posto dei fuorilegge e che il giudice non disdegna di farsi qualche partita a carte con Ace, notorio baro ». Il senso che â— secondo il Della Corte â— Ryan cerca di trarre dalle sue strisce « è quello di una bonaccia che contraddica in modo spiri ­tosamente lampante la gonfia impostazione de! western classico. In Lucky Luke ci sono ancora, eccome, dei conflitti: l’eroe è in caccia perenne dei fratelli Dalton, specie di Bassotti del West. Invece in Colt non dico che siamo al volemose bene, ma certamente tutti i presenti sprofondano in un’abulia che non permette loro di nutrire sen ­timenti troppo caratterizzati come l’odio e quindi di farsi una vera guerra, usque ad sanguinem (sebbene sia vanto particolare degli autori di Lucky Luke di trovare soluzioni incruente per le loro strisce movimentate). Niente giulebbe però in Colt, perché il West è rozzo. L’aria se mai è paludosa gommosa, fonde tra loro le molte figurine, che diventano così un coro, un solo protagonista sfaccettato: Ryan ci racconta come campa un’intera popolazione delle selvagge ter ­re di frontiera, sbugiardando i retori delle pisto ­lettate, dei massacri, dei ruscelli di sangue. Per scherzo, naturalmente ».
Sono storielle â— l’abbiamo detto â— che si sno ­dano a ritmo sostenutissimo, una striscia dietro l’altra. Sketches coloriti che divertono soprat ­tutto per la cornice nella quale si svolgono: il Far West rivisto e corretto da Tom K. Ryan. Non c’è niente di « pensoso » nella produzione del giovane cartoonist americano. L’« impegno intellettuale » è lontano. C’è solo un’ansia di divertimento, una rincorsa di sorrisi, una smi ­tizzante, ma non volgare, satira di una lunga serie di luoghi comuni. È un’occasione per chi legge di fare qualche risata, affidandosi alla comicità delle situazioni e dei personaggi.


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1 commento

  1. Commento by Jeff — 18 Ottobre 2013 @ 00:15

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