Grillo, il monopolista delle piazze ha già vinto18 Febbraio 2013 di Elisabetta Gualmini Grillo ha deciso di non apparire in TV perché non ne ha bisogno. Può permettersi di non cedere alle lusinghe del piccolo schermo e rimanere fedele alla strategia delle piazze, di cui è stato un frequentatore quasi monopolista, perché ha già vinto. Ha vinto per due motivi. Ha ormai tra le mani un partito-passepartout, che verrà scelto da settori diversi della società come grimaldello per diversi scopi. E potrà portare in parlamento 100 (o quasi) neofiti totali, pronti a dare battaglia sui nervi scoperti della classe politica. Con tutti i rischi annessi e connessi. Primo. Il partito passepartout. Il Movimento 5 Stelle è un oggetto usato in misure rapidamente crescenti da almeno tre spicchi dell’opinione pubblica. I credenti della prima ora convinti di partecipare a una rivoluzione dal basso; i radicalmente delusi dalla politica le cui fila si ingrossano di giorno in giorno via via che gli scandali si inanellano in una catena senza fine; e infine quelli che, consapevolmente o meno, reagiscono alle caratteristiche dell’offerta di questa specifica campagna elettorale in cui alla fine dei conti assistiamo all’aggrapparsi all’ultima chance da parte di una classe politica molto invecchiata, che ha rinnovato il parco delle seconde e delle terze file con profili così così, rimanendo saldamente in sella. Berlusconi alla fine si è tenuto il Pdl. La macchina, il lessico e il non detto di Bersani vengono da molto, molto lontano. Dietro a Monti, continuano ad aleggiare Fini e Casini. Tutti leader politici abilissimi nel convincere quelli già convinti, bravissimi nel riscaldare gli animi di chi non se andrebbe via nemmeno sotto tortura. Nel frattempo il popolo di Grillo è cresciuto a dismisura, sempre più trasversale e interclassista, dal Nord al Sud, dai centri grandi ai centri piccoli e medi, dai giovani ai meno giovani, dagli uomini alle donne, dai secolarizzati ai cattolici. Persone che, rispetto agli elettori rimasti allineati ad altri partiti, manifestano molte più difficoltà a collocarsi in un qualche punto dell’asse sinistra-destra. Secondo. I parlamentari «neofiti naïf ». La distanza che corre tra il Grillo-guru e il suo popolo è sempre più abissale. Cittadini traboccanti normalità e pudore, che raccontano la politica con parole di calcolata mitezza e ingenuità , e che, tutto al contrario dell’icona che li guida, sussurrano le loro battaglie senza urla e senza scomporsi. Con un candore disarmante. Talmente poco trasgressivi da aver fatto dei gilet di Pizzarotti un must. Un popolo di pendolari (come i candidati presidenti in Lazio e in Lombardia che te lo sbattono in faccia con orgoglio), un popolo di tecnici informatici, un popolo che ti dice «Grazie al Movimento 5 Stelle sono candidato alla presidenza del Lazio, una cosa incredibile » (così Barillari). Appunto, da non crederci… Ma anche un popolo di credenti, apparentemente disposti a qualsiasi battaglia contro la malapolitica. Una spietatezza al contrario per un pubblico che ne è sollevato, dopo la nausea dei nani e delle ballerine, delle ostriche e dei festini, o dei funzionari di partito sedicenti statisti. Certo, il rischio che si corre – che corre Grillo e corriamo tutti noi – è che siano troppi, ingovernabili e che gravino su di loro troppe responsabilità . Che da loro finisca per dipendere la possibilità di dare un governo al Paese nella fase più critica che ci sia capitata dalla fine degli Anni Settanta. Al netto di questa incognita, il partito di Grillo ha già ottenuto uno straordinario successo. Ha dato la mazzata finale al bipolarismo logorato e consunto, messo in scena in questa campagna elettorale, incapace di regalare visioni e progetti all’altezza dello stato di profonda disgrazia in cui versa il Paese. Si sa che molte persone decidono per chi votare nelle ultime settimane. I sentimenti anti-casta che sostengono Grillo rischiano di contaminare gli indecisi sull’onda di un indignato: «tanto peggio di così non può andare ». Peccato che Grillo non sia la soluzione, e che i normali-per-bene non siano nemmeno lontanamente in grado di sopperire alla mancanza di una classe dirigente capace e lungimirante. Zingales molla Giannino Curriculum gonfiato per fermare il declino. Giannino aveva provato a giustificarsi così il 17 febbraio, fiutando l’imminente polverone: «Mai preso un master alla Chicago Booth. Mi hanno detto che in Rete c’è una cosa che gira su un mio presunto master alla Chicago Booth. Vorrei chiarire che su questo c’è un equivoco. Io il master non l’ho preso alla Chicago Booth. Sono andato a Chicago a studiare l’inglese e così via. Bastava chiederlo e avrei risposto ». Sul Master di Oscar Giannino anche qui. 50 persone al comizio di Fini, qui. Letto 5715 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by employmentebooks.com — 6 Agosto 2013 @ 10:10
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