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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

Ho scoperto

5 Luglio 2009

Sono tornato da qualche ora da una bella vacanza sulle Dolomiti. Ho fatto delle escursioni insieme con i miei fratelli, mia moglie e mia cognata, tutti più bravi di me. I miei due fratelli: nemmeno a parlarne. Sono provetti. Il maggiore, Giuseppe, lo chiamiamo lo stambecco, tanto è agile nelle salite le più asperrime. Era lui che mi gettava nello sgomento quando, affaticato, con il respiro agli estremi, alzavo il capo e lo scorgevo lassù, piccolo come un puntino nel cielo. Come faccio ad arrivare lassù? mi chiedevo. L’altro mio fratello, Mario – bravo anche lui, scalatore delle Apuane – mi aspettava per incoraggiarmi. Mia moglie mi si faceva di fianco e mi imponeva: Fammi passare. Mia cognata Graziella, brava quanto mio fratello maggiore – entrambi della provincia di Bolzano – sorrideva paziente e chiudeva la fila, pronta a sostenermi in caso di crisi. Non è la gamba, infatti, che mi difetta, ma il respiro, a causa della mancanza di allenamento.
Ma ce l’ho fatta! Caparbiamente, io, uomo sedentario, aduso allo scrivere e alla lettura. E la ricompensa è stata grande.
Ho visto paesaggi che non immaginavo, veri e propri paradisi terrestri; montagne che hanno sfidato le ere geologiche, imponenti, con rocce e coloriture che mi mettevano in soggezione.
Nella fatica ho avuto modo di contemplare e riflettere.
Ho scoperto così che la cosa più bella della natura è l’acqua: più dei fiori, più delle momtagne. Scorreva alimentata dai ghiacciai, abbondante, ricca di cascate e di spuma, trasparente, dai colori sgargianti dei sassi che superava. Mi avvicinavo e mi chinavo ad ammirarla. Una cosa umile, l’acqua, ma quanto maestosa nella sua semplicità!
Eppure, al suo fianco, i prati erano ricolmi di papaveri alpini, dal tenero colore giallo, di rododendri selvatici, di stelle alpine, di orchidee dal colore violaceo, e di tanti altri piccoli fiori. Ho visto margherite dalla corolla imponente. I boschi, di qua e di là delle rive, erano superbi, di un verde intenso: pini cembri, abeti rossi, pini mughi, anche nani, larici. E sui prati, al pascolo brado, mucche, cavalli, capre. Il suono dei campanacci risuonava nelle valli. Lassù, sui monti, dominavano la neve non ancora sciolta del tutto, e i ghiacchiai.
Come non dirsi storditi da una tale grandezza, da una tale bellezza, da una tale perfezione!

In Alto Adige vive un popolo benedetto da Dio, fortunato e protetto. Là vige il rispetto della natura e di ogni cosa, sia essa vivente o inanimata. Nessuna contaminazione è possibile. L’uomo riconosce i suoi limiti.
Ne sono rimasto stupito. Andavo in Alto Adige d’inverno, con i miei cari che amano sciare. Passeggiavo, in attesa del loro ritorno, insieme con mia moglie, lungo sentieri coperti di neve, fra suggestioni paesaggistiche, incantato.
Ma l’estate mostra, ancor più dell’inverno, un connubio perfetto tra uomo e natura. A tali uomini, per questa loro dedizione alla terra, affiderei il governo del mio Paese, ad occhi chiusi.


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Bart