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La Lega Nord, o meglio: I figli di Oscar Luigi Scalfaro

8 Giugno 2009

Come sempre, dopo ogni tornata elettorale, i partiti si contendono la vittoria, oppure cercano di minimizzare la sconfitta.  Berlusconi se la prende con i suoi sondaggisti che davano il PDL oltre il 40%, spingendolo a fare dichiarazioni che si sono dimostrate velleitarie. Resta però che il PDL incrementa rispetto alle precedenti europee e guadagna 4 seggi in più. Oltre al fatto che la sua coalizione sottrae al PD e ai suoi alleati il governo di numerose provincie e comuni.
Dall’altra parte, il PD è restio ad ammettere la sconfitta e sostiene paradossalmente che, siccome le previsioni erano peggiori, il risultato non è negativo (nonostante che abbia perso voti e seggi e la forbice tra il PDL e il PD si sia molto allargata: ben 9 punti!). E soprattutto si gongola, il PD, del mancato sfondamento del PDL oltre la soglia del 40% tanto sbandierato da Berlusconi in campagna elettorale1. Ergo: il PDL, che pure ha guadagnato voti e seggi, ha perso, e il PD, che ha ceduto voti e seggi ed è stato umiliato da una forbice più ampia con l’avversario di sempre, non lamenta alcuna ferita.
Non è un bello spettacolo, ancora una volta.

Però l’attenzione di tutti (politici e media) è caduta soprattutto (oltre che sull’Italia dei Valori di Di Pietro e sull’UDC di Casini, che hanno incrementato voti e seggi) sul successo strepitoso della Lega Nord, che nelle due circoscrizioni di Nord Ovest e di Nord Est ha fatto man bassa di voti.
La Lega, ordunque, si è radicata nella parte settentrionale del nostro Paese e sarà molto difficile per chiunque contrastarne il cammino. I tempi difficili che attraversiamo lavorano, peraltro, in suo favore.

Ma di chi è figlia la Lega? È figlia soltanto di Bossi? No. È figlia anche di Oscar Luigi Scalfaro, il peggior presidente della repubblica che abbia avuto l’Italia. Qualcuno potrebbe obiettare che il fenomeno Lega sarebbe divampato lo stesso, se non allora, sicuramente oggi, o qualche anno fa. Può darsi. Ma quello che è certo è che le sue prime fiammate risalgono a ben 15 anni fa, quando lasciato Berlusconi e aggregatasi al governo Dini, essa ha avuto da Scalfaro il via libera alle sue esternazioni di contenuto eversivo. Da quel momento, da quelle sue esternazioni e da quei suoi anatemi contro la nostra repubblica, il suo consenso è andato accrescendosi giacché un gran numero di cittadini, i quali sono sempre scontenti di chi li governa, si è trovato a scegliere tra uno Stato debole e una Lega Nord forte e risoluta, ed ha preferito, e ancora preferisce, quest’ultima.  È mia convinzione che se si fosse agito per tempo in difesa dello Stato (di cui Scalfaro era garante) non si sarebbe avuta una Lega Nord così robusta e decisiva. Lo so bene, è solo una mia ipotesi. In più, a quel tempo la Lega faceva comodo, giacché sosteneva il traballante governo Dini, e a Scalfaro, che ne era stato lo sponsor, non passava manco per la testa di impedire che le sue prime radici si impiantassero dentro lo Stato, pur di tenerlo in vita. Quelle prime deboli radici oggi si sono estese lungo tutto il corso del Po e abbracciano un territorio vitale per il nostro Paese. Difficile che si possa tornare indietro.  

Essendo trascorsi 15 anni, tanti lettori a quel tempo erano ragazzi. Desidero allora rievocare i fatti che accaddero e ricordare a ciascuno le proprie colpe e le proprie responsabilità, perché non si dimentichi.
Gli stralci sono presi nell’ordine dal mio “Cencio Ognissanti e la rivoluzione impossibile”, che si può scaricare gratis qui.  

«Bossi ha insediato a Mantova il parlamento del Nord. Lo ha detto e lo ha fatto. È tornato alle idee originarie » disse Cesare. «Lui in testa ci ha avuto sempre la separazione del Nord dal resto dell’Italia. E Scalfaro non ha detto una sola parola in difesa della nostra Costituzione, sebbene sollecitato dal presidente della Corte costituzionale Antonio Baldassarre. Scalfaro continua a tacere. Mi pare un fatto gravissimo. »
«Di’ pure inquietante. Perché qualcosa di losco si sta tramando a danno degli italiani. Anche la grande stampa ha sorvolato. »

A San Paolo, dove Scalfaro ancora si trovava, in una conversazione coi giornalisti italiani, ad una precisa domanda su che cosa pensasse del parlamento del Nord insediato a Mantova da Umberto Bossi, rispondeva che si trattava di un fatto organizzativo. Sembrava quindi, non dargli alcuna importanza.

Oscar Luigi Scalfaro aveva sentenziato che il parlamento del Nord, insediato da Umberto Bossi, era nient’altro che un apparato organizzativo, e non gli attribuiva punta importanza. Non la pensava così il segretario della Lega, che a Mantova, in quei giorni, tornava a parlare di intenzioni secessioniste, ove il parlamento italiano non avesse preso in seria considerazione le elaborazioni partorite dal parlamentino lombardo. Qui non ci si riunisce per fare chiacchiere inutili, aveva detto in sostanza, e Roma dovrà tenere conto di quel che decidiamo, altrimenti si torna alla Lega della prima ora, quella che aveva in bocca la parola scissione, come suo vessillo.
Come si vede, si stavano producendo nelle istituzioni troppe, innumerevoli ferite, e questa era una nuova, che avrebbe pesato, e Scalfaro sbagliava a sottovalutarla.

A Pontida, in provincia di Bergamo, nel corso dell’ennesimo raduno della Lega nord, riconfermava l’intenzione di costituire un terzo Polo, che battezzava: “del guerriero”. Vi erano accenti secessionistici nei suoi discorsi, e meravigliava che ancora una volta il capo dello Stato non li condannasse. Potevano costituire una mina vagante sulla situazione politica, che era ancora in cerca di un’identità, e non si potevano valutare appieno gli effetti disgregatori delle minacce lanciate dal “senatíºr”. Il quale attribuiva molta importanza al parlamento insediato a Mantova: “è un parlamento sul serio”, aveva detto nel suo discorso di Pontida del 9 luglio. Non si trattava, dunque, di un mero fatto organizzativo. Quando sarebbe intervenuto Scalfaro? commentò Lazzaro.
«Quando lo deciderà il PDS » disse Cencio. «Al momento, la Lega è ancora sotto la sua protezione, perché potrebbe essere un alleato indispensabile per vincere le elezioni. Quando si accorgerà che la Lega va per conto suo e ce l’ha, oltre che con il centrodestra, anche con il centrosinistra, vedrai che il PDS dichiarerà guerra alla Lega, e allora interverrà anche Scalfaro, a comando. »
«Ce l’hai con Scalfaro, non è vero, Cencio? »
«E a te, Lazzaro, pare che Scalfaro sia il presidente giusto, che ci voleva all’Italia in questo momento? È dovuto intervenire L’Osservatore romano a bacchettare Umberto Bossi, ma Scalfaro no, lui tace. » L’Osservatore romano, il quotidiano della Santa Sede, interveniva severamente nell’edizione di lunedì 10 luglio.

Bossi, da Mantova, dove si era riunito il parlamento del Nord, tornava a minacciare la secessione. Era immediata la replica di quasi tutti i partiti, che prendevano le distanze dal segretario della Lega, anche il PDS, per bocca di Walter Veltroni, il vice di Prodi. Esplicita era una dichiarazione di Berlusconi, che diceva: “Bisognerà che nel nostro programma aggiungiamo la riapertura dei manicomi. Così Bossi avrà una casa”. Restava inquietante, invece, il silenzio del Quirinale. Fini ne sollecitava apertamente l’intervento. Decisa e inequivocabile la posizione dell’Osservatore romano, che parlava di reato. Sulle minacce di Bossi, che ormai si andavano ripetendo da alcune settimane, da quando, cioè, era stato insediato dalla Lega il cosiddetto parlamento del Nord, Scalfaro teneva un comportamento davvero indecifrabile, e preoccupante. Già una volta, il presidente della Corte costituzionale Antonio Baldassarre ne aveva invocato l’intervento. Ora lo faceva Fini, e lo chiamava in causa quale garante dell’unità nazionale. Ciononostante, Scalfaro ancora taceva. Perché? Non poteva continuare a sostenere che il parlamento del Nord era un fatto organizzativo interno alla Lega, se vi si tenevano discorsi eversivi di questo tipo. Nemmeno la Pivetti interveniva, che pure era presidente di una delle due Camere, e perciò occupava una carica istituzionale di alto profilo. Nemmeno Scognamiglio, presidente del Senato. Non valeva certo a giustificarli il fatto che già i maggiori responsabili dei partiti avevano reagito.

Vide in lontananza Elvira che ritornava. Aveva con sé il giornale.
Gli portava proprio il Giornale di Vittorio Feltri. Lo sfogliò. Feltri scriveva ancora su Bossi un fondo dal titolo: “Abbaia, ma non morde”. Da qualche tempo il quotidiano, che appartiene al gruppo Berlusconi, dedicava molte pagine alla politica, per questo era uno dei preferiti di Lazzaro, e soprattutto raramente cadeva in fiaschi clamorosi, come era successo, qualche volta, a la Repubblica o all’Espresso. Tra le lettere inviate dai lettori, ce n’era una scritta da certo Ariberto da Settala, in cui si leggeva, fra l’altro: “Se lo immagina lei, direttore, la reazione del nostro presidente se a dire le stesse cose di Bossi fosse stato Berlusconi?”. Riteneva il lettore che la risposta di Scalfaro alle minacce di secessione di Bossi fosse stata troppo blanda. In realtà, l’intervento di Bossi era caduto sotto le attenzioni della magistratura, e proprio quella di Mantova, dove era stato pronunciato, iscriveva il segretario della Lega nel libro degli indagati, con l’accusa, secondo quanto prevede l’art. 241 del nostro codice penale, di attentato contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato. Bossi mandava a dire: “Non mi interessa, non ho nessun commento da fare. Il magistrato faccia il suo lavoro, io faccio il mio”.

Un intervento dignitoso e coerente con la posizione sempre assunta nei confronti del governo Dini era quello pronunciato dal leader di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti. Eversivo in qualche parte, invece, il discorso tenuto da Umberto Bossi, che lanciava di nuovo una minaccia all’unità nazionale, che nessuno censurava, soprattutto la presidente della Camera Irene Pivetti. Ne riportiamo solo uno stralcio brevissimo, questo: “Io ritengo, appunto, che sia arrivato il tempo di dare vita alla lotta politica per l’indipendenza del Nord”. Il giorno dopo, L’Indipendente, il quotidiano vicino alla Lega nord, segnalava in prima pagina: “E Bossi parla in aula di indipendentismo” e tra i commentatori televisivi, solo Carlo Panella, in Studio aperto delle ore 12,25, riferiva le parole dette da Bossi.

A Milano, il 27 ottobre, al processo Enimont, venivano condannati tutti i 22 imputati, tra cui Bossi, il quale subiva una condanna a 8 mesi con la condizionale, accusato, insieme al suo tesoriere Alessandro Patelli, di aver intascato 200 milioni. Bossi reagiva dicendo che per lui si trattava di una medaglia, perché nel Nord non valgono tutte le leggi dello Stato. Ecco qualche stralcio dell’intervista rilasciata a La Stampa del 28 ottobre: “Ma che condanna… Per me, per uno del parlamento del Nord, questa è una medaglia per ferita di guerra. Sono il primo condannato della Repubblica del Nord.”; “Le leggi sbagliate nella Nord Nazione non valgono. Ho già detto ai miei di non pagare più nessuna tassa per l’affissione dei manifesti. E poi apriremo un contenzioso con le Nazioni Unite”, e ancora: “sono qui, al parlamento di Mantova, nel Palazzo dell’Indipendenza, pronto a partire dalle sorgenti al delta del Po alla testa dell’esercito del Nord”. Di nuovo una dichiarazione sovversiva, dunque, ma nessuno interveniva, ancora una volta, a censurare Bossi, soprattutto Scalfaro, che rappresentava l’unità della Nazione.

Sul caso eclatante del parlamento del Nord, Scalfaro taceva. Da Mantova, Bossi faceva sapere che era pronto, nel caso che il decreto sugli immigrati non fosse stato redatto secondo le intese raggiunte tra Berlinguer e Gnutti, ad avviarsi sulla strada dell’indipendenza. Parole forti, ancora una volta. Il governo Dini, allo sbando, subiva ogni sorta di ricatto. Si correva il rischio di uno sgretolamento del nostro Stato. Solo il Polo, in Senato, chiedeva una mozione di condanna contro le dichiarazioni di Bossi, ma il presidente Scognamiglio respingeva la richiesta adducendo che Bossi non era un senatore, ma un deputato. Il Polo dichiarava di non voler cedere al ricatto della Lega e decideva di non far mancare il numero legale per il proseguimento del dibattito sulla legge finanziaria. Il presidente della repubblica continuava a tacere, e preferiva telefonare a Bossi per invitarlo a non lasciare la maggioranza, anziché esprimere una condanna ferma e chiara delle sue provocazioni. Una sua risposta, indiretta e blanda, sarebbe venuta solo il 20 novembre, in occasione della riunione del parlamento europeo dei giovani, a Milano. Questo il passaggio che ci interessa: “La Lombardia ha un compito, perché in Europa o entra l’Italia o non entra nessuno. La Lombardia lo sa. I Paesi che pensano di inventare regioni di Europa per sfuggire a unità nazionali non pensano all’Europa.” Ma era troppo poco.
E che cosa faceva la magistratura, così sollecita nel perseguire un presunto vilipendio del capo dello Stato, per esempio nei confronti di Radio radicale e de il Giornale, e assente nei confronti delle velleità separatiste della Lega? Solo il Polo e L’Osservatore romano, con il numero del 18 novembre, facevano udire la loro voce. Su La Nazione di domenica 19 novembre, il direttore Riccardo Berti intitolava il suo fondo: “L’armata Brancaleone è arrivata al capolinea”. Ormai lo si sperava in molti.

7 giugno (1995). Umberto Bossi insedia a Mantova il parlamento del Nord. Dal suo primo intervento, pronunciato il 28 maggio al Lingotto di Torino, in cui annunciava la costituzione di questo parlamento, non si è avuta, ancora, una presa di posizione del capo dello Stato, com’era stata auspicata dal presidente della Corte costituzionale Antonio Baldassarre. Silvio Berlusconi rilascia una dura dichiarazione di condanna, e si rammarica che nessuna delle più alte cariche istituzionali abbia fatto sentire la propria voce.

A Pontida, il giorno prima (26 novembre 1995), davanti a 8 mila simpatizzanti della Lega nord, Umberto Bossi ha lanciato un nuovo attacco all’unità dello Stato: “Ma se non vinciamo tutto, se dovremo scegliere fra Mantova e Roma, sceglieremo Mantova. Per ora facciamo democraticamente, ma può darsi venga il momento di rovesciare il tavolo e imbracciare la spada.” Di nuovo, silenzio assoluto da parte delle istituzioni.

11 dicembre 1995 … Titolo de il Giornale: “Sul silenzio di Dini indaga la procura”. Viene riportata anche, a pag. 2, un’intervista a Bossi, che non si smentisce. Infatti: “Se non riesco ad ottenere la Costituente potrei anche non presentare le liste. Tanto a Roma che ci andiamo a fare? Meglio, a quel punto, rafforzare il Parlamento del Nord; tentare altre strade per l’indipendenza. Può darsi che le liste si facciano a Mantova.” E subito dopo: “la Lega ha dalla sua parte l’ONU che prevede la secessione come atto più che legittimo.”

16 dicembre 1995. A Mantova, Bossi insedia l’Assemblea costituente del nord, e definisce l’ex ministro Mancuso un “terrone”. Questo il passaggio che ci interessa: “L’assemblea plenaria del Parlamento del Nord si scioglie e si riconvoca sotto forma di Assemblea costituente allo scopo di elaborare un progetto di Costituzione del Nord da votarsi secondo un apposito regolamento e da sottoporsi, in un secondo momento, a referendum popolare, nelle regioni del Nord.” Ennesimo, irresponsabile silenzio delle istituzioni. Sarà Gianfranco Fini, leader di AN, in un’intervista a il Giornale del 17 dicembre a dichiarare: “Stavolta non si può più minimizzare, come si è fatto finora. Contro questo progetto tutte le forze politiche hanno il dovere di pronunciarsi.”

1 Se in Italia ci fosse stata la dittatura o tutta quella potenza di fuoco attribuita ai media berlusconiani – che alcuni denigratori del nostro Paese lasciano intendere agli altri Paesi – altro che 40 o anche 50% sarebbe stato sfondato! E’ dunque l’ora di finirla di dare del nostro Paese, altamente democratico, un’immagine che non corrisponde alla realtà ed è offensiva per noi cittadini.


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6 Comments

  1. Commento by giuliomozzi — 9 Giugno 2009 @ 11:51

    Bart, scrivi che la Lega “si aggregò” al governo Dini. Per la precisione, assicurò l’appoggio esterno (e mantenne sostanzialmente la promessa).

    Per il resto: che la Lega “facesse comodo”, è indubbio; e non solo istituzionalmente indifendibile, ma anche politicamente miope fu la decisione di Scafaro di non sciogliere le Camere e inventare il governo Dini al solo scopo di dare agli avversari di Forza Italia il tempo di organizzarsi, trovarsi un leader eccetera.

    Come spesso accade, chi crede di strumentalizzare viene strumentalizzato. Umberto Bossi e i suoi soci sono stati spesso sottovalutati: hanno dimostrato in quindici anni di avere una capacità politica (e, in particolare, un’abilità nella gestione delle competizioni elettorali) davvero notevole.

    La famosa frase di D’Alema (“La Lega è una costola del Pci…”) era sensatissima. Quello che D’Alema (e i suoi) non capirono allora, è che proprio perché la composizione della base sociale della Lega era simile a quella del Pci, la Lega aveva la possibilità di sottrarre consenso al Pci stesso.

    Nel 1983, quando nacque la Liga Veneta, con alcuni amici feci una ricerca sui comportamenti elettorali. Scoprimmo che, mentre tutti in giro dicevano che i voti alla Liga Veneta erano voti in “libera uscita” dalla Dc, in realtà chi aveva votato quell’anno Liga Veneta, nelle elezioni precedenti aveva prevalentemente votato Pci.

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 9 Giugno 2009 @ 13:11

    Sì, Giulio, quello della Lega Nord fu un appoggio esterno.

    L’accoppiata Scalfaro-Dini fu micidiale: Scalfaro che lasciava fare e dire alla Lega Nord tutto ciò che voleva, senza esprimere una sola parola di condanna; e Dini che, con ogni risibile scusa, plagiato da Scalfaro, cercava di prolungare all’infinito la legislatura (un uomo senza spina dorsale, Dini). Mi ricordo che fu la dura presa di posizione di Bertinotti a porre fine a questo tira e molla. Fu un periodo talmente scandaloso e nero per la nostra repubblica che mi convinsi a seguirlo giorno per giorno e a scriverci sopra “Cencio Ognissanti e la rivoluzione impossibile” (perché non si potesse più dimenticare), che analizza l’intero periodo del governo Dini. Spero che cose di questo genere non accadano mai più.

    Ma gran parte delle radici dei nostri mali di oggi stanno lì. Dopo la stagione di Mani Pulite non ci voleva il rigido ed ottuso Scalfaro alla presidenza della repubblica, ma un politico che sapesse leggere i fermenti tumultuosi che agitavano la società uscita dalla caduta dei partiti tradizionali. Oltre a lui, tanti altri non furono all’altezza, compreso D’Alema che, dopo aver criticato la Lega Nord quando era con Berlusconi, non ci pensò due volte ad accettarne l’appoggio in occasione del governo Dini. Questi sbagli oggi si stanno pagando molto duramente, e né D’Alema né Scalfaro riconoscerebbero mai questi loro errori.

    Sono d’accordo con i risultati della tua ricerca del 1983. Del resto fu dalla costola della sinistra che nacque il fascismo.

    Il problema che abbiamo davanti oggi è che la Lega, così ben radicata ed abile, farà ancora proseliti, e sarà difficile prevedere quale siano le sue intenzioni per il futuro. E’ già arrivata a conseguire buoni risultati in Emilia (una conferma della tua ricerca del 1983) e non tarderà ad arrivare anche in Toscana. Per ora le resiste solo il Sud (forse perché si chiama Lega Nord), ma se continuerà a scendere dalla pianura padana, arriverà il momento che dilagherà. I tempi le sono favorevoli. Non ho paura di Berlusconi io (queste elezioni hanno dimostrato che non è onnipotente come si vuol far credere) ma dell’avanzata della Lega Nord. Porrà prezzi sempre più alti, e con una classe politica inadeguata qual è la nostra di oggi, quei prezzi, pur di stare al potere, saranno pagati.
    Ecco perché ce l’ho a morte con Scalfaro. Non lo posso proprio vedere. Mi fa ribrezzo un uomo che, mentre pontificava, non seppe metterci al riparo da questo pericolo di cui è temibile il futuro.

  3. Commento by giuliomozzi — 10 Giugno 2009 @ 09:04

    Ovviamente: se è sfavorevole il giudizio su chi ha permesso alla Lega Nord di rafforzarsi, è altrettanto sfavorevole il giudizio su chi da dodici anni se l’è presa come alleata, l’ha finanziata, le ha concesso i migliori collegi elettorali eccetera.

  4. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 10 Giugno 2009 @ 12:07

    Sono d’accordo. Devi ricordare però che la Lega Nord aiutò anche il centrosinistra con il governo Dini, e D’Alema ne fu ben contento. Oggi, ad elezioni avvenute, non so se ti sei accorto che si cerca di fare di tutto, da parte del centrosinistra, per mettere zizzania tra la Lega Nord e il PDL (ho sentito l’autorevole senatrice Finocchiaro in tv l’altra sera). E questo perché? Perchè chi vuol governare oggi non può fare a meno della Lega Nord, e il PD, pur di andare al potere, farebbe alleanza perfino con il diavolo.

    La Lega Nord, quindi, è il problema politico di oggi, giacché è ormai un partito che può dettare le condizioni a chiunque desideri andare al governo. Ti sembra una situazione normale? Non lo è (ricorda i socialisti di Craxi con il loro 10% circa, però la Lega è ben altra cosa!). La Lega Nord oggi sa di questo suo strapotere (come lo sapevano i socialisti) e lo farà valere accrescendo le sue richieste sempre di più. Per ora posso anche non averne paura, ma sono certo che quanto prima troveremo talune sue richieste eccessive ed aberranti. Che cosa si potrà fare, allora? Non lo so. Forse arriverà il tempo, quando la misura sarà colma, che PD e PDL dovrannno mettersi insieme (una specie di nuovo compromesso storico, deprecabile sempre, a mio avviso, poiché fatto a spese di una opposizione che svanisce) per emarginare la Lega Nord. L’operazione potrebbe rivelarsi tumultuosa.

    Queste sono le mie preoccupazioni e questa è la mia rabbia nei confronti di Scalfaro. Non gli perdonerò mai la sua irresponsabilità, poiché oggi ci mette di fronte ad un fenomeno politico di preoccupanti dimensioni.

    Si dice tanto di Berlusconi. Prova ad immaginarlo senza il sostegno di Bossi. Tutto andrebbe a gambe all’aria. E il PD? Salirebbe velocemente (non ho il minimo dubbio) sul carro della Lega Nord (attenzione: non sarebbe la Lega a salire sul carro del PD, ma viceversa).

    Se mi permetti questa sintesi sommaria, il timone dell’Italia oggi non è in mano a Berlusconi, bensì a Bossi, come a suo tempo fu in mano a Craxi, verso il quale non mi sono mai espresso negativamente come tanti si sono affrettati e affollati a fare.

    In ogni caso, come scrivo stamani più sopra
    (https://www.bartolomeodimonaco.it/?p=5139),
    bisogna anche fermarsi con l’antiberlusconismo e con l’odio verso la persona di Berlusconi. Altrimenti si rischia di creare un altro pericolo per la democrazia facendo di lui un mito. Ho scritto che i miti non servono in politica se non a confonderci le idee. Cerchiamo di farne a meno. Occorre sempre rimanere lucidi e scegliere liberi dai condizionamenti.
    Per esempio, l’ho scritto tante volte, io nella situazione attuale preferisco la concretezza (relativa) del centrodestra, contro l’inconsistenza (e la confusione) del centrosinistra, che io definisco inoltre il partito delle tasse per eccellenza.

    Cerco di scegliere sempre (con ampio margine d’errore, ovviamente) il male minore, visto che una coalizione ideale o quantomeno soddisfacente almeno al 70% che possa governarci non ce l’ho sottomano.

  5. Commento by Felice Muolo — 11 Giugno 2009 @ 10:22

    Bart, su un altro sito, recentemente, ero giunto alle tue stesse conclusioni: potrebbe succedere, per le ragioni che hai esposto – che io non ho riferito perchè “sono di poche parole” – che PD e PDL si mettano insieme e Lega con Di Pietro vadano all’opposizione. Hanno detto che scrivevo fesserie. Mi conforta sapere che qualcuno la pensi come me.

  6. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 11 Giugno 2009 @ 10:32

    Prima però ci sarà da vedere se il PD, pur di andare al potere, accontenterà lui la Lega Nord.
    Se non lo farà, allora la sola possibilità per evitare il dilagare della Lega sarà quella di combatterla a muso duro, e per farlo occorrerà l’intesa tra PDL e PD. Ossia, occorrerà rimediare agli errori fatti da Scalfaro e dalla sinistra nel corso del governo Dini.

    Però questo nuovo compromesso storico non sarà, per altri versi, positivo, perché non ci sarà nel Paese una vera opposizione.

    Si mette male, se Berlusconi non sarà capace di far intendere alla Lega che oltre un certo limite non può andare. Spero che lo faccia e Bossi comprenda che non è lui, con il suo 10%, a rappresentare l’intero elettorato.

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