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I magistrati e il profumo dei soldi

6 Giugno 2010

Un tempo succedeva ai parlamentari di votarsi all’unanimità l’aumento dello stipendio. Oggi i magistrati non vogliono essere da meno e si sono trovati tutti d’accordo, a qualsiasi corrente appartengano, per protestare contro la manovra, in cui, tra i tagli, c’è anche quello che più duole: il taglio dei soldi.

Sul sostegno dell’Idv allo sciopero proclamato da questa arrogante categoria per il 1 luglio non ci piove. Quel partito è nato anche per preservarne interessi e privilegi. Pure sul sostegno del Pd non ci piove, ma qualche balbettamento, qualche incertezza uno se li sarebbe aspettati.

Davvero il Pd crede che lo sciopero dei magistrati sia dettato dal caos in cui si trovano le sedi giudiziarie? Via, non prendiamoci in giro. Ai magistrati, almeno a certa parte della magistratura, va bene così. Nel caos lavorano (razzolano) meglio; i controlli vanno a farsi benedire. Se i cittadini attendono giustizia, è sullo Stato, è sul governo, che preferiscono scaricare le colpe. Loro stanno lì  e aspettano la manna dal Cielo. Ossia il lauto stipendio alla fine del mese.

Questa volta, però, stare a guardare incrociando le dita sarebbe costato un po’ di soldi. Il governo chiede sacrifici a tutti e ha messo in conto anche i magistrati, la categoria tra le meglio pagate dello Stato. Normale chiamare in causa anche loro. E invece no! I magistrati non ci stanno. Per giustificare lo sciopero, si nascondono dietro motivazioni annose, ed in parte pure giuste, per accogliere le quali questo governo sta lavorando, nonostante incontri l’ostacolo di taluni settori della magistratura che fanno di tutto per non lasciarlo arrivare ad alcuna conclusione. Gli è tutto da rifare, è il loro ritornello. Infatti, tardino pure le riforme. A loro, il ritardo non costa un centesimo. Quello che costa, invece, è la pecunia, se decidono di sacrificarsi come fanno tutti gli altri cittadini. E questo non va bene. Quindi protesta, quindi sciopero. Loro non sono come gli altri cittadini. Sono una casta eletta. Sono vestali sacre agli dèi, quindi intoccabili. Guai a chi osa! Sulla pecunia, niente riforme.

Proprio così, al centro della loro protesta sta proprio la pecunia. Inutile starsele a raccontare. Per loro ha un profumo talmente inebriante che non possono rinunciarci. I meschini operai, i meschini lavoratori del ceto medio, con i loro modesti salari e stipendi, mica lo sentono l’odore dei soldi. A mala pena ci campano il mese. Ma i magistrati sì. Il tanto che avanza, consente loro belle case, e una vita agiata a cui non sono disposti a rinunciare. Alcuni di loro non rinunciano mai, si sa, nemmeno alle vacanze, e ci vanno proprio quando dovrebbero interrogare un disgraziato che è finito in galera senza alcuna prova, ma solo in base ad un avviso di garanzia. E questi, inorridito e sgomento, si suicida.

Tutta questa pacchia, con la crisi mondiale che si fa sempre più insidiosa, è destinata a finire. E a finire anche per la casta più potente d’Italia. Naturalmente niente inviti alla saggezza e alla responsabilità vengono dal Csm, che se ne guarda bene, solidale com’è con la categoria quando c’è da difendere il proprio status.

E il Pd che fa?

Voltando le spalle agli operai e al ceto medio, per non mostrare il viso rosso di vergogna (una volta li rappresentava e li tutelava, ora invece si è spostato ai piani più alti), accetta in bianco le argomentazioni della casta e la difende (ieri sera al Telegiornale).

Pare di sentirlo, Bersani: I magistrati, poverini, hanno tanti di quei problemi che è meglio lasciarli in pace. La vita lussuosa a loro fa da tonico. Perché ridurli alla depressione e confonderli con i poveri cristi? Non sia mai.

Quanti vecchi operai si staranno  rivoltando nella tomba!

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L’editoriale di Maurizio Belpietro. Qui.


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1 commento

  1. Commento by Mario Di Monaco — 6 Giugno 2010 @ 10:35

    La retribuzione deve essere il giusto compenso della responsabilità, dell’impegno e del risultato del lavoro che si è chiamati a svolgere.

    In via di principio il livello di stipendio dei nostri magistrati potrebbe considerarsi adeguato tenuto conto della peculiarità dei requisiti richiesti per lo svolgimento della loro delicata funzione.

    Ma se lo si valuta in relazione ai trattamenti stabiliti per altrettanti fondamentali settori (scuola, ricerca, sanità, ecc.) e soprattutto per i risultati del servizio offerto ai cittadini, esso appare sproporzionato ed ingiustificato.

    Il tentativo dei magistrati di chiamare in causa il governo per lo stato di arretratezza della nostra giustizia è pretestuoso ed infondato, dal momento che in Italia è impossibile attuare senza il loro consenso qualunque iniziativa di riforma dello statu quo.

    Un gesto di buona volontà di adesione ai sacrifici che gli vengono richiesti, gli servirebbe a riconquistare un po’ di quella solidarietà tanto invocata dalle inutili prediche dell’ANM.

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