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I pentiti, ovvero gli 007 della mafia. (E i magistrati aspettano ancora Cocco Bill)

27 Novembre 2009

(Il precedente qui)

Dopo quanto si pubblica oggi qui e qui, si può desumere che l’Italia  sia ormai  alla mercè di ricattatori e pentiti. Partito in pompa magna il caso Noemi (che, a distanza di tempo, rivela che di scandalistico non aveva nulla, ma fu montato ad arte contro il presidente del Consiglio), e visto che  ha avuto  successo, giacché provocava quel tanto di rumore utile a guadagnarci su qualcosa, il filone è diventato succulento e dilaga presso i ricattatori di mestiere. Si frugano gli archivi, si rinverdiscono vecchie foto o filmati, in un primo tempo messi da parte, magari si ritoccano e perfino si falsificano, e poi si offrono ai giornali. C’è chi li rifiuta, e c’è chi lo compra. Trovato il compratore l’affare è fatto. Poca la spesa, ricco il guadagno.

Ora il filone si è indirizzato verso i politici. Anche loro sono di carne come i comuni mortali. Hanno i propri vizi e li curano. Il denaro non manca. Grazie a leggi che il parlamento approva sempre all’unanimità, ne hanno a profusione.

I politici non sono come gli altri (ad esempio, un industriale, un attore, e così via);   il politico è l’anello più debole della catena dei ricattabili. La minaccia di pubblicare una foto o un filmato compromettente, rischia di rimandarlo a casa, licenziato dal paese del Bengodi.

Il ricattatore lo ha capito e non molla la presa. Chi sa quanti ricatti ha in magazzino che stava preparando  magari per qualche personaggio mondano, e ha rimesso tutto nel cassetto per lasciare il posto al materiale compromettente su di un politico.

Addirittura dietro  potrebbe esserci  perfino qualcuno che lo dirige e lo paga. Così il guadagno è doppio.
Non dobbiamo dimenticare che noi italiani siamo i discendenti di coloro che hanno insegnato l’intrigo a mezzo mondo e che Caterina dei Medici era italiana.

Dunque, questa è una metà della strategia in atto.

L’altra metà è rappresentata dai pentiti.
I magistrati ci sono cascati, nella rete, da veri sciocchi. Troppo entusiasmo iniziale  ha chiuso loro gli occhi e la mente. La mafia (con questo termine intendo per semplificazione tutte le associazioni criminali) ha gettato gli ami ed i pesci hanno abboccato.

Come è ovvio, quando viene tesa una trappola, i primi tempi tutto funziona a meraviglia. Gli interrogatori e i riscontri vanno a gonfie vele. Il giocattolo che si mette in mano all’avversario è ben oleato, nessun intoppo.

La mafia   ha istruito i suoi picciotti, ne ha fatto un nucleo scelto, degli autentici 007 che, al posto della pistola per uccidere, hanno la lingua per calunniare.   Li ha fatti acciuffare e li ha fatti parlare.

I magistrati fanno le prime prove. I pentiti fingono di confessare per sfuggire alla detenzione. I riscontri tornano e si brinda a champagne.  Ci si accorge,  però, che c’è un vuoto legislativo. Ossia, non c’è nel codice penale una norma che condanni una persona che è stata vista parlare con un mafioso.

Qualcuno brilla per intelligenza e   propone di introdurre il reato di concorso esterno in associazione mafiosa (qui).

Ora si può procedere, dunque, coperti dalla legge. La mafia sarà presto sconfitta. I poverini non sanno invece che nello stesso giorno in cui fremono di entusiamo, da un’altra parte si balla e si canta per la vittoria.

Quando poi   lo Stato ha deciso di assicurare al pentito una vita da nababbo (casa, stipendio, ogni confort,  il magistrato al suo servizio al primo schioccare di dita), per la mafia non è nemmeno stato più tanto difficile arruolare gli 007. Da quel momento si sono fatti vivi tutti volontari.

Si dice che a casa del capo (è sempre la mia talpa che mi informa) ci sia ogni giorno una fila di supplicanti: C’ho famiglia. Vossia, scelga me. Sarò devoto e bravo.

Spesso si tratta di latitanti condannati dalla clandestinità a vivere in grotte, cantine, spelonche buie e maleodoranti, ai quali la vita lussuosa del pentito pare un sogno.

Il capo benedice e sorride, ma non può assumerli tutti. Sono troppi. Non si immaginava tanta cuccagna.
Però è contento di avere a disposizione una riserva così ampia. Se lo Stato non si accorge del trucco, la mafia potrà avvalersi degli 007 per ancora molte generazioni. Il piatto sarà sempre pieno.

I ricattatori gli fanno un baffo ai pentiti. Questi, come qualità, sono superiori. Sono dei raffinati alla Sean Connery o alla Roger Moore. Vengono ben istruiti. Convincono e affascinano. La sanno lunga e la sanno raccontare. Non è difficile persuadere un magistrato che ha passato la sua vita sui libri e sui fascicoli, un po’ ignorante della realtà. Un gioco da ragazzi. Basta saperli incantare, incuriosire, farsi levare le parole di bocca. Non ricordare, e poi ricordare.

Vi siete mai domandati perché il numero dei pentiti cresce ogni giorno? Vi siete mai domandati perché anche i grossi calibri che vengono arrestati, prima o poi si mettono a cantare?

Perché,  sia che si son fatti prendere, oppure che siano stati catturati contro la loro volontà, il loro servizio è uno solo, ossequiente al capo: continuare a  perseguire i disegni mafiosi. La loro conversione è fasulla, strategica, finalizzata alla appropriazione completa dello Stato.

L’Italia di oggi è questa. Siamo governati dai ricattatori e dai mafiosi.

Leggo che ieri Berlusconi ha fatto sentire la sua voce e ha metaforicamente battuto i pugni sul tavolo. Ha detto un’ovvietà: Quando si decide a maggioranza, la minoranza deve adeguarsi, non fare la solista per accarezzare le orecchie dell’opposizione. O di qui o di là. Non si tengono i piedi su due staffe.
Ha assunto un tono perentorio, da capo assoluto.

Che si sia tradito? Che abbia fatto il passo falso tanto atteso dalle procure?

La mia talpa mi ha riferito che  è al vaglio di alcuni magistrati (tra cui, in primis,  la procura di Palermo) la registrazione segreta della riunione di ieri dell’ufficio della presidenza del Consiglio. Si cercano indizi.

Con i magistrati, quale consulente specializzato, è anche Gaspare Spatuzza. Pare che nella foga della discussione a Berlusconi sia caduta la dentiera di Cocco Bill. L’hanno zoomata, messa in primo piano, analizzata dente per dente. Ad ogni dente esaminato Spatuzza ha fatto sì col capo, suscitando gli hurrà dei procuratori. Quando hanno esaminato l’ultimo molare, e Spatuzza ha detto ancora una volta di sì, che anche quello appartiene alla dentiera di Cocco Bill, hanno fatto un salto in aria.

L’abbiamo incastrato, ha detto uno. Ora non ci resta che aspettare che sia rintracciato Cocco Bill. Se sarà sdentato, gli restituiremo la dentiera. Poi lo metteremo a confronto con il premier. Questa volta sarà  il premier  lo sdentato.

Sono sicuro che Cocco Bill lo metterà ko, ha aggiunto tutto felice quel tale. Ha finito di comandare e di fare lo spavaldo. Voleva combattere noi, la magistratura. Stupido di un Silvio. Non sa chi siamo noi. Coi soldi, voleva comprare tutti, noi e l’intera Italia.

La talpa mi riferisce che ora sono in attesa di notizie. A Palermo, vagano nei corridoi, si scambiano qualche opinione. Hanno lasciato perdere ogni altra cosa. Le pratiche sono ferme, come le campane del Venerdì Santo.

Ogni tanto guardano l’uscio. Sperano di veder entrare Cocco Bill.

E il grande Jacovitti da lassù ride ancora.

(Il precedente qui)

Articoli correlatiNapolitano: “Basta tensioni tra giudici e politica”. Qui e qui.

I Graviano sbugiardano Spatuzza. Qui. Da cui estraggo le parole di Filippo Graviano:
“Il giovane Graviano capisce l’antifona e sfida i Pm: «Certo, vi viene difficile credermi perché voi perseguite una strada e le parole di Spatuzza vi confortano più delle mie. Però magari fra dieci anni voi ricorderete di quello che io vi sto dicendo. Non ci può essere stato nessuno che abbia preso un impegno per me ».”

“Vogliono dimostrare che Berlusconi è mafioso” di Gian Marco Chiocci. Qui.

Sentiamo Maurizio Costanzo. Qui.

Ancora avvisaglie. Qui.

Dalle intrecettazioni telefoniche. Qui.

Il caso Andreotti insegna. Qui.


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