Il caso Marrazzo e la riforma elettorale3 Novembre 2009 Il caso Marrazzo pone serie domande alla politica. Le pone nei confronti dei diritti degli elettori di conoscere i candidati che i partiti sottopongono alla loro scelta. Leggo stamani qui la deposizione che ieri Piero Marrazzo ha rilasciato ai magistrati: «Qualche volta poteva capitare che quei soldi servissero anche per la droga ». Da qui sembra che ne abbia fatto un uso personale: “Il compenso pattuito con Natalì era in effetti di mille euro. L’elevato importo in contanti che avevo con me la mattina del 3 luglio si giustifica perché negli incontri era previsto il consumo di cocaina. Cocaina di cui è capitato che anche io facessi uso”. E’ probabile che la sua ammissione non comporti una violazione di legge. Staremo a vedere nei prossimi giorni. Al momento Marrazzo è ancora parte lesa nel triste episodio che lo ha visto coinvolto. Tuttavia, mi pare che il caso Marrazzo possa aiutarci a porre un discrimine condiviso. 1 – Attraverso la riforma elettorale restituire all’elettore il diritto di scelta del proprio candidato. Come era prima di questa legge. Di solito l’elettore sceglie un candidato che gli è più vicino e che conosce meglio. Se ci sono cose che non vanno, è molto più probabile che le conosca lui piuttosto che la sede centrale di un partito. E con ciò abbia la possibilità di negargli il voto. 2 – Sottoscrivere da parte del candidato una dichiarazione di non ricattabilità per fatti commessi fino al momento della candidatura ed elencati da una legge apposita. 3 – Sottoscrivere da parte del candidato una dichiarazione di non aver fatto uso di droga con l’impegno a sottoporsi ad un controllo confermativo (analisi del capello, ad esempio). 4 – Sottoscrivere una dichiarazione nella quale il candidato si impegni a dimettersi ove gli accadesse di violare le prescrizioni dei punti 2 e 3. 5 – Prevedere la sanzionabilità dei comportamenti tenuti nel corso del mandato in violazione dei punti 2 e 3. Naturalmente questi sono solo alcuni modesti suggerimenti. La politica non dovrebbe far finta che il caso Marrazzo non ci sia stato. Se niente si farà , è legittimo nell’elettore il sospetto che il caso Marrazzo non sia isolato e che molti uomini politici dovrebbero dimettersi ove fosse adottato un codice deontologico di questo tipo. Articoli correlatiLeggo qui con piacere: “La “confessione” di Marrazzo fa rumore nel Palazzo della politica. Il sottosegretario Carlo Giovanardi ha annunciato che, da lunedì prossimo a venerdì 17 novembre, qualunque parlamentare potrà sottoporsi se vorrà a un drug test immediato sulle urine. Il Dipartimento antidroga della Presidenza del consiglio fornirà inoltre indicazioni su strutture accreditate per un esame di riscontro sul capello. Anche alla Regione Lazio avanza la proposta di un test per gli eletti.” E ancora qui. Ma ciò non è sufficiente. Deve esserci un codice deontologico vincolante per tutti coloro che richiedano di ricoprire incarichi istituzionali. Letto 1737 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by giuliomozzi — 10 Novembre 2009 @ 13:22
Questa è la proposta più antiliberale che abbia mai vista. L’esame morale preventivo è roba da comunisti, ma di quelli degli anni Cinquanta.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 10 Novembre 2009 @ 22:14
Potrei sbrigarmela, Giulio,  in quattro e quatt’otto, rispondendoti che è meglio prevenire che curare. E se poi, come nel caso Marrazzo, nemmeno si cura, ma si distrugge una persona perché prevale l’ipocrisa, allora viviamo davvero nella Repubblica delle banane, dove  il concetto di  moralità è appesa al filo degli interessi di parte.
Il caso Marrazzo, infatti,  faceva comodo  quale esempio da portare contro il caso Berlusconi, come apparve palesemente dalle pronte risposte della Bindi e poi a ruota di Bersani: Intanto il nostro si è autosospeso (poi dimesso), ora aspettiamo  che si autosospenda Berlusconi.
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Questa intrinseca soddisfazione  di sacrificare non importa chi  per tentare di sbarazzarsi di un avversario politico ostico a qualsiasi assalto, è la nota più cinica e turpe che sia stata spesa per Marrazzo.
Devi capire, Giulio, che è il comportamento ipocrita tenuto dal Pd nei confronti di Marrazzo  (puoi leggere il mio post qui) che rende necessario un intervento  quale quello da me suggerito. Illiberale è stato il comportamento del Pd che fa le battaglie civili e poi ritira la mano. Per me Marrazzo (salvo che non spunti fuori qualche reato da lui commesso)  non doveva essere costretto a dimettersi  a causa della sua vita privata,  con la quale  non ha violato alcuna legge.
Affinché non si verifichi più un altro caso Marrazzo, è nell’interesse nostro e della persona che si candida in politica (dico non a caso persona e non uomo politico) che non venga indirizzata su di un percorso che può vederlo travolto e distrutto.
Se queste piccole regole fossero state vigenti al momento della sua candidatura, Marrazzo (che frequentava il mondo dei trans da 8 anni) o avrebbe dichiarato il falso (rischiando le sanzioni, tra le quali andrebbe inserito l’allontanamento perpetuo dalla vita politica) o non si sarebbe presentato, evitando la successiva umiliazione.
Il Pd insegna che se non richiederemo queste cose ai candidati,  potremmo poi impunemente distruggerli sul piano umano, con danno enorme all’immagine della politica  .  La politica  è un  valore collettivo di primaria importanza, che tutti dovremmo impegnarci a salvaguardare, anche con azioni preventive.
Tu che hai fatto sempre la domanda: “E’ ricattabile?”, dovresti essere il primo a concordare con me, affinché nessun uomo entri nell’agone politico con nascosta la lettera scarlatta della ricattabilità . Â
Per non essere ricattabile  bisogna che il candidato non lo sia sin dal principio. Ossia non sia ricattabile già al momento che decide di presentarsi agli elettori.
La tua domanda: E’ ricattabile?, deve valere oggettivamente per tutti, non solo per quelli le cui magagne sono venute alla luce nel corso del loro mandato.
Che differenza c’è, infatti,  tra porre la domanda come hai fatto tu a Marrazzo  e a Berlusconi, e porla invece ad un candidato che si presenta agli elettori? Non c’è nessuna differenza.
Se ritieni, come tu hai –  se non ricordo male –  sempre asserito,  che la vita privata e quella pubblica di un uomo politico non si distinguono ma si intersecano, tu devi mettere le mani avanti per difendere la politica da ogni contagio e chiedere dunque al candidato se sia già in quel momento ricattabile.
Se tu non fai anche a lui la stessa domanda, rischi altrimenti di veicolare nella politica un sacco di gente ricattabile e di svuotare poi tanti scranni per indegnità .
Preferisci che un candidato inquinato si esponga alla ricattabilità ? O non è meglio evitare che ciò possa accadere?
Vedi, Giulio, se il Pd si fosse comportato diversamente con Marrazzo, difendendo la sua vita privata,  finora  senza macchia di reato,  avrei limitato le mie regolette forse al solo accertamento dell’uso di droga  nella  quantità che superi i limiti di legge per l’uso personale; ma il caso Marrazzo (il quale, ripeto, fino ad oggi non è imputato di nessun reato, tanto è vero che si ipotizza il suo ritorno in Rai)  mi ha fatto capire che un uomo politico che creda legittimamente di vivere un privato tutto suo,  seppure speciale, può ritrovarsi ingannato, abbandonato, messo alla berlina, se non addirittura, come è successo a Marrazzo, massacrato.
No, Giulio, dobbiamo scegliere una strada.
– o quella che ha scelto il Pd di legare la vita priata a quella pubblica;
– o tenere distinte, anche per l’uomo politco, le due vite parallele.
Io sono per la seconda, purché la vita privata non sconfini nel reato.
Se tu, come mi è sembrato dai tuoi anche trascorsi commenti, sei per la prima, a causa della possibile ricattabilità che l’ambito privato può  trascinare nell’ambito pubblico, devi fare di tutto obiettivamente (ecco la legge, ecco le regole) perché  l’uomo destinato a far politica non inganni i suoi elettori portandosi dietro una ancora segreta lettera scarlatta.
Secondo la tua logica questi segreti privati non possono che esseri pericolosi scheletri nell’armadio.
Altrimenti il tuo atteggiamento sarebbe ipocrita, come lo è stato quello del Pd. Ossia, tu, in sostanza, diresti: Quell’uomo può condurre in privato una vita scandalosa, ma finché non viene  alla luce  tutto è ok, e a me, della sua vita privata scandalosa, non me ne può importare di meno.
Sarebbe  corretto e auspicabile  un simile comportamento?
Credo proprio di no.