STORIA: Il Processo a Danton (Arcis-sur-Aube, 26 ottobre 1759 – Parigi, 5 aprile 1794)9 Aprile 2019 (Danton fu una personalità enigmatica, accusato di essere un rivoluzionario ma anche di favorire in qualche modo la monarchia. Il suo rapido arricchimento contribuì a gettare sospetti su di lui. Saint-Just e Robespierre furono i maggiori accusatori e praticamente non lasciarono a Danton, temuto per la sua capacità oratoria, il modo di difendersi adeguatamente, condannandolo alla ghigliottina. Parole celebri che egli riuscì a pronunciare furono: “La mia dimora? Presto il nulla, poi il Pantheon della Storia…” E anche: “Entro tre mesi il popolo farà a pezzi i miei nemici”. Tre mesi dopo quel 5 aprile 1794 Robespierre e Saint-Just saranno ghigliottinati. E ancora, rivolto al boia: “Mostra la mia testa al popolo, ne vale la pena…”. Ndr) Questo un suo ritratto (Da “I grandi processi della storia” – Edizioni di Crémille – Ginevra 1970) Georges-Jacques Danton è nato ad Arcis-sur-Aube il 26 ottobre 1759. Dunque all’inizio del processo ha trenta- quattro anni. Suo padre era procuratore presso il podestà di questa città. Danton lo ha appena conosciuto. Aveva tre anni quando suo padre mori. I componenti delia famiglia Danton sono caratterizzati dalia loro alta statura, dalla loro corpulenza e dal loro estremo senso di sicurezza. Il piccolo Georges è un ragazzo turbolento. Un giorno, vagabondando tra i campi si trova di fronte ad un torello e si batte con lui. Al termine della lotta egli ha i vestiti strappati e il labbro rotto. Gli rimarrà la cicatrice per tutta la vita, rendendo ancora peggiore la sua bruttezza. Ma è anche un ragazzo molto dotato. Sua madre ne vuole fare un prete e lo manda al piccolo seminario di Troyes. Danton impara in fretta, soprattutto il latino, l’inglese e l’italiano, che paria correntemente, ma è già un ribelle : non riesce a sopportare la disciplina e si ribella alle punizioni corporali. Nel 1775 fugge dal collegio per andare ad assistere alla consacrazione di Luigi XVI. Reims è a ventotto leghe, vale a dire a centododici chilometri di distanza… Ma ci vuol altro per scoraggiare il giovane Danton. Parte a piedi, riesce a sgusciare nella cattedrale ed è testimone dell’incoronazione dell’uomo contro il quale diciotto anni dopo voterà la pena di morte. Terminati gli studi, Danton decide di lanciarsi nella carriera giuridica. Ma Arcis è troppo piccola per la sua ambizione. Un giorno del 1780 riunisce i suoi averi, abbraccia la madre e le sue quattro sorelle e prende la diligenza per Parigi. Ha ventun anni e la vita davanti a sé. Danton entra nello studio dell’avvocato Vissot, che gli assicura il vitto e l’alloggio. Egli deve « fare » il Tribunale, cioè seguire le pratiche del suo padrone e dei suoi colleghi. La sera, alla luce della lampada, studia diritto per diventare avvocato. Nei momenti liberi dallo studio si reca al caffè del Parnaso, a cinque minuti dal Tribunale, frequentato dai giovani avvocati e dai praticanti. Il padrone, Franpois- Jéròme Charpentier, è anche « controllore delle aziende agricole », vale a dire funzionario delle imposte. Sua moglie, di origine italiana, è affascinante. Sua figlia, Gabrielle- Antoinette, lo è ancora di più. Il cuore di Danton è incerto fra le due donne. Per sfogare le sue eccessive energie lavora moltissimo e fa dello sport. Impara a tirare di scherma ed a nuotare. Gli piace fare il bagno nella Senna, il che attira su di lui l’attenzione di molti curiosi e gli causa una polmonite che per poco non lo manda all’altro mondo. Ma ci vuol altro per far crollare una costituzione fisica tanto robusta. Si rimette in fretta. Altrettanto in fretta acquista un ruolo di primo piano al caffè del Parnaso. Egli è il giovane che si va ad ascoltare perché sa recitare a memoria lunghi brani dell’ « Inferno » di Dante. Ha già il gestire e l’eloquenza di un tribuno. La sua voce è teatrale, ma calda e convincente. E’ avvincente e soggioga. Danton è spaventosamente brutto, ma appena apre bocca ci si dimentica della sua bruttezza per pensare solo a ciò che dice. E quando finisce di parlare i presenti applaudono. Danton supera gli esami a tempo di record. Nell’ottobre del 1784 si laurea in legge. Ha scelto l’università di Reims perché li è notoriamente più facile essere promossi agli esami. Il suo primo cliente è un guardiano di bestiame che ha delle noie con il suo padrone. Danton è già dalla parte del popolo. E vince. Ma Arma d’Anton perché ha un’aria più ricercata. Appare già la sua doppia personalità. C’è il Danton che parla e quello che agisce. Non è io stesso uomo. Nel corso di questa breve ma sfolgorante carriera sarà sempre cosi. Nel 1786 accade un avvenimento sul quale gli storici si sono soffermati poco, ma che è determinante. Esso infatti spiega non solo tutte le future azioni di Danton, ma soprattutto le sue amicizie e le sue alleanze. Danton vuole allargare la cerchia delle sue conoscenze. Il cenacolo del caffè del Parnaso è già troppo piccolo per lui. E’ solo per Gabrielle che continua a frequentarlo. Il giovane avvocato comincia allora ad interessarsi alla Massoneria le cui regole, ambizioni, scopi io seducono. E un giorno del 1786 riceve l’iniziazione nella Reverenda Loggia delle Nove Sorelle, il cui « Venerabile », l’astronomo Joseph de Lalande, ha ritenuto che possedesse « il talento e i titoli » richiesti. Questa loggia ha come « maestro dei seggio », come « fratelli » e come « apprendisti » uomini il cui nome sarà tramandato alla posterità e che, per la maggior parte, sosterranno un ruolo di primo piano nei futuri rivolgimenti politici. Fra essi figurano infatti Lacépède, Condorcet, Bailly, Guillotin, un pittore, Greuze (il celebre ritratto fatto a Danton da Greuze risale a quest’epoca), uno scultore, Houdon, scrittori come Choderlos de Laclos, Florian, Chamfort, un avvocato che sette anni dopo avrebbe difeso il re, de Sèze, nobili come de Rohan, il duca di La Rochefoucauld e, su un piano inferiore, altri avvocati : Camille Desmoulins, Pétion de Villeneuve, che riporterà il re da Varenne, Brissot, che sarà uno dei capi girondini. Ed anche Mirabeau, l’abate di Sieyès, quello che griderà : « Cos’è il Terzo Stato? Niente. Cosa dovrebbe essere? Tutto. » Il Gran Maestro dell’Ordine a quell’epoca non è altri che Sua Altezza Reale il duca d’Orléans, cugino di Luigi XVI, u futuro Filippo Égalité… L’elenco non sarebbe completo se non vi si aggiungesse il nome di un oscuro generale del quale si parlerà molto e che forse, senza volerlo, contribuirà alla rovina di Danton ; Dumouriez. Nel 1786 Dumouriez ha già ricevuto ventidue ferite e passa per un agente segreto di Luigi XVI presso ie corti straniere. Le relazioni che allora stringe gli serviranno quando deciderà di passare al nemico. Quando Danton fa la sua conoscenza, Dumouriez è appena uscito dalia Bastiglia, dove lo aveva mandato un aristocratico. I dUe simpatizzano subito. Il maggiore (Dumouriez ha venti anni più di Danton) apporta al più giovane la sua esperienza. Il più giovane infonde al maggiore il suo entusiasmo. Come si può vedere da questa semplice enumerazione di nomi celebri, nella Loggia delle Nove Sorelle c’è tutta la Rivoluzione. 1787 : Le finanze del paese sono esauste. Un’assemblea di notabili cerca di salvarle, ma la popolazione è scontenta. Si parla di riunire gli Stati Generali, ma questi ultimi fanno ripensare alle ore sanguinose del Rinascimento ed ai terribili momenti seguiti alla morte di Enrico IV, e fanno paura a tutti. Danton vive nelle ristrettezze… Vince tutte le cause che gli sono affidate, ma sono pochissime. Perciò quando egli chiede agli Charpentier la mano della loro figlia, costoro esigono che prima si faccia una posizione stabile. Danton conosce una giovane donna del suo paese, Franí§oise Duhauf- foir, che di recente ha messo al mondo un bambino che forse è figlio suo. Questa Franí§oise Duhauffoir è l’amante di Huet de Paisay, avvocato nel Consiglio reale. Quest’ultimo a condizioni draconiane che Danton accetta senza battere ciglio, vende la sua carica al giovane avvocato che adesso ha dunque una posizione onorevole, anche se poco lucrosa. Ormai può sposare Gabrielle Charpentier, e lo fa il 14 giugno 1787. Gli sposini vanno ad abitare in rue des Mauvaises-Paroles, nel quartiere dei mercati generali. In questa via razzolano gli animali da cortile, e non è raro il caso che, rubando il pane ai bambini, i maiali divorino loro anche le dita. Qualche giorno dopo, Danton si presenta davanti ai suoi sessantanove colleghi e disserta in latino sulla « situazione morale e politica del paese nei suoi rapporti con la Giustizia »… L’argomento è d’attualità e permette a Danton di pronunciare il suo primo discorso politico. Senza dimenticare le idee di coloro ai quali si rivolge, il giovane (a un discorso coraggioso e mette i puntini sugli i. Chiede sacrifici ai nobili ed al clero perché il popolo ha fame e fa le spese della rivalità fra il re e il Parlamento. Quindi conclude dicendo : « Siano maledetti coloro che provocano le rivoluzioni, maledizione a coloro che le fanno… » Una frase della quale dovrà ricordarsi la sera della prima udienza del suo processo. Coloro che hanno preparato la Rivoluzione sono già stati puniti, e lui è fra quelli che l’hanno fatta. Malgrado quest’attacco in piena regola al regime, Georges d’Anton viene accettato come avvocato al Consiglio reale. Gli verranno affidate in tutto solo una ventina di cause, poche dunque, ma esse gli permetteranno di allargare la cerchia delle sue conoscenze. Egli perfeziona il suo talento oratorio ma rimane uno scrittore mediocre. Prepara le sue arringhe, ma nel momento dell’azione se ne scosta ben presto e non è mai tanto bravo come quando improvvisa. La maggior parte dei suoi clienti sono nobili. Uno di essi, il signor de Barentin, presidente della sezione del Tribunale per le cause penali e civili in materia fiscale, lo prende in simpatia, si interessa alle sue idee politiche e lo presenta a Loménie de Brienne, ministro delie Finanze. Danton redige per lui un piano di rinnovamento economico e sociale. Pensa più a una riforma che ad una rivoluzione. Se allora gli avessero detto che Luigi XVI sarebbe salito sul patibolo ne avrebbe provato orrore. Ma Brienne non mette in atto il suo progetto. Allora Danton comincia ad aprire gii occhi. Si rende conto che il male è più profondo di quanto pensasse, e soprattutto che a Corte non gii credono. « Quell’imbecille, esclama parlando del ministro, non si rende conto che sta scavando la fossa alla monarchia. » Profezia o spacconata ? Non si sa. In ogni caso Danton sente che la situazione sta mutando. I suoi clienti cominciano ad essere sempre più contadini, mercanti, operai, il che non migliora certo ie sue finanze. Nel 1788 Danton e sua moglie si trasferiscono al numero 24 di rue des Cordeliers, oggi rue de l’École de Médecine, vicino al luogo in cui è stata eretta la sua statua. La signora Danton porta ad aggiustare le scarpe di suo marito dal ciabattino che abita al pianterreno e che diverrà celebre per un altro motivo. Si chiama Simon. Sarà lui il carceriere di Luigi XVI al Tempio. Il regime vacilla dalie fondamenta. Scoppiano disordini in Bretagna. Il popolo ha fame. Il re e il Parlamento di Parigi sono ai ferri corti. Loménie de Brienne decide di convocare gli Stati Generali il 1 ° maggio 1789; proclamala bancarotta e cede il posto a Necker. Lo Stato blocca i pagamenti. Il costo della vita sale alle stelle. Barentin entra nel gabinetto del nuovo ministro delle finanze e propone due volte a Danton il posto di segretario della Cancelleria. Il giovane avvocato è lusingato ma rifiuta. Capisce che ormai è troppo tardi per raddrizzare il timone. Una riforma non servirebbe più a niente… La Rivoluzione si sta avvicinando. Danton ha l’astuzia politica di mettersi dalla parte giusta. I suoi migliori amici sono ora Desmoulins, che ne condividerà fino all’ultimo la sorte, un avvocato normanno, che col volgere degli avvenimenti si fa chiamare prima De La Croix, quindi Delacroix e infine Lacroix, Fabre d’Églantine, drammaturgo e poeta sempre senza una lira, il che non sarà per molto, e infine Guillaume Brune, un modesto tipografo che sarà la sua più fedele guardia del corpo, prima di diventare Maresciallo di Francia e di coprirsi di gloria sui campi di battaglia dell’Impero. L’inverno 1788-1789 è terribile : la Senna gela fino a Le Havre e la Loira fino a Nantes. I canali sono bloccati, le strade interrotte. I rifornimenti non passano più. II prezzo di un pane di circa due chili passa in pochi giorni da 8 a 15 soldi. A Versailles non ci si rende conto di nulla. Si attribuisce a Maria Antonietta questa frase : « Non hanno più pane? Mangino delle brioches… » Ma forse la regina non ha mai pronunciato alla lettera questa frase. Filippo, duca d’Orléans, cerca di fare qualcosa. Distribuisce pane ai Parigini affamati. Cosi corre voce che Filippo è un « patriota ». Un « patriota » è un nemico del re, in attesa di essere un nemico del regime. Ma ciò nonostante scoppiano delle rivolte : si contano dozzine di morti. Danton segue gli avvenimenti molto da vicino, ma lo allontana provvisoriamente da loro un dramma familiare : nell’aprile del 1789 gli muore il figlio, che ha meno di un anno. Danton è colpito profondamente da questo lutto. Per lui non conta più niente altro che il suo dolore. E cosi sarà nei cinque anni che gli restano da vivere. Molto spesso gli avvenimenti personali prenderanno il sopravvento sugli avvenimenti politici. Danton adorava questo suo primo figlio e la sua scomparsa Io getta nella disperazione. Passa un mese : il 5 maggio 1789 si riuniscono a Versailles gli Stati Generali. In effetti i deputati non arriveranno che il 23 a causa di vari intralci amministrativi. Vengono pubblicati nuovi giornali, come « Le Journal des États Généraux » di Mirabeau e « Le Patriote Franí§ais » di Brissot. Seguono il Giuramento della Pallacorda, la trasformazione degli Stati Generali in Assemblea nazionale costituente. Gli avvenimenti precipitano. Il re e la Corte continuano ad essere diffidenti. I dibattiti di Versailles vengono commentati con vivo interesse nei giardini del Palazzo Reale e nei caffè dei dintorni. Desmoulins e Danton, che ha ripreso gusto per la vita, arringano la folla. Necker, il duca d’Orléans e La Fayette sono in questo momento i personaggi più popolari. Giugno : gli affamati della provincia convergono nella capitale, che Luigi XVI fa circondare da trentamila soldati. Ma dai quindici ai diciottomila poveri, molti dei quali non pensano che ai saccheggio, riescono a passare ugualmente fra le maglie della rete. I mercenari svizzeri e tedeschi e quattromila soldati della Guardia francese si accampano nel Campo di Marte per reprimere ogni agitazione, ma cominciano le diserzioni nei ranghi stessi della Guardia. Dal canto suo la municipalità di Parigi decide di formare una « milizia borghese » di quarantaduemila uomini. Danton si arruola nel battaglione dei Cordeliers. Sperava di comandarlo, ma lo fanno soldato semplice. Desmoulins invece preferisce la parola alle armi. Continua a salire sui tavoli del Palazzo Reale per far insor ¬gere la popolazione. Sono veri e propri appelli alle armi. Com’è « entrato » veramente nella Rivoluzione Danton? L’accademico Marmontel lo ha descritto perfettamente, senza citarlo, nelle sue Memorie : « Molti spiriti agitati approfittarono dei disordini del tempo per farsi avanti. Osservavo questa specie di uomini agitati e rumorosi che si disputavano la parola, impazienti di esibirsi (…). Suscitare passioni nel popolo è sempre stato in ogni tempo compito dell’eloquenza da tribuna e la sola scuola di eloquenza era il tribunale. Dunque la maniera più sicura per diffondere la dottrina rivoluzionaria non poteva essere che quella di conquistare alla causa il corpo degli avvocati (…) in seguito destinati ad essere i centri motori della (azione repubblicana; niente era più adatto a uomini ambiziosi (…) che sarebbero stati chiamati a turno alle funzioni pubbliche e soli, o quasi, sarebbero stati i legislatori della Francia : dapprima i suoi primi magistrati, ben presto i suoi veri sovrani. » La Repubblica? Danton non ci pensa affatto. E non ci pensa neppure il popolo che assalta la Bastiglia. Le prime teste vengono infisse sulle picche della Rivoluzione. Danton non c’è. Non ha « liberato » la celebre prigione. Non ha assistito all’avvenimento che ha contribuito a provocare. Non parteciperà nemmeno agli altri grandi avvenimenti della Rivoluzione. Sembra dunque non avesse coraggio che sulla tribuna. Nella notte tra il 14 e il 15 luglio Danton si pavoneggia con il suo battaglione per le vie di Parigi facendosi passare per capitano, ma il suo contributo agli avvenimenti termina qui. Bada soprattutto ad approfittare dell’occasione e diventa senza fatica presidente del suo distretto, del suo quartiere. Finalmente ha una tribuna dalla quale può lanciare i suoi anatemi e le sue parole d’ordine. E dal 5 al 9 lo fa tutte le sere. Il 26 agosto Luigi XVI approva solennemente la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo redatta da Sieyès. La Rivoluzione sembra sedata, ma il re commetterà due errori. Chiederà di poter porre il veto alle decisioni da lui non condivise; poi, in ottobre, autorizzerà quel banchetto delie « Guardie del Corpo » che risveglierà il fuoco che covava sotto la cenere. Maria Antonietta non è tranquilla a Versailles. Suggerisce al re di rifugiarsi a Metz, da dove l’esercito potrebbe riportarlo in trionfo a Parigi restituendogli le sue prerogative di monarca assoluto. Luigi XVI finisce per cedere. Partirà, protetto dal reggimento delle Fiandre, che per il momento viene ospitato nel castello. Le Guardie del Corpo offrono un banchetto agli ufficiali. Il re e la regina sembrano, e sono, oggetto di un’accoglienza festosa e commovente. L’indomani a Parigi corre voce che durante il banchetto sia stata calpestata la coccarda tricolore, simbolo dei « patrioti » dal giorno della presa della Bastiglia. Dalla tribuna del suo distretto Danton pronuncia un’arringa contro quello che chiama « lo scandalo di Versailles ». Un testimone, l’avvocato Thibaudeau, ha scritto : « Fui colpito dalla sua statura, dal suo fisico atletico, dall’irregolarità dei suoi lineamenti devastati dalle cicatrici del vaiolo, dalla sua parola aspra, brusca, risonante, dal suo gestire drammatico, dal suo sguardo sicuro e penetrante, dall’energia e dall’audacia evidenti in tutti i suoi atti. Presiedeva con la decisione, la prontezza e l’audacia di chi sente la sua potenza. Spingeva l’assemblea del distretto allo scopo che si era prefisso. » Questo scopo era l’insurrezione di Parigi. Due giorni dopo sì tradurrà nella marcia delle donne a Versailles e nel misero ritorno del re a Parigi. Danton si guarderà bene dal compiere anche lui quel viaggio. Lo ha provocato, ma non vi partecipa. Al « Mirabeau del popolino » piaceva lanciare parole d’ordine, ma non unirsi al popolo. Non era stato alla Bastiglia. Non va a Versailles. Resta a casa, lavora alle sue pratiche, perché è ancora avvocato presso il Consiglio reale. « Se il popolo mi reclama, dice ai suoi collaboratori, dite che mi farò vivo fra quarantotto ore. » Si chiude nel suo studio, indossa la veste da camera ed aspetta lo svolgersi degli avvenimenti. Chiuso nella sua cella, Danton poteva fermarsi a questo punto nella reminiscenza del suo passato, perché l’indomani avrebbe dovuto rispondere a queste due prime accuse : i suoi rapporti con Mirabeau ed il suo atteggiamento nelle prime giornate di ottobre. Letto 920 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||