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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

FAVOLE: Il viaggio

20 Ottobre 2007

di Giusi Piccinini

Tra meno di un mese sarebbe stato Natale e Marina era felicissima, aveva preparato un piano perfetto per incontrare Babbo Natale, il fieno per le sue 10 Renne, e latte e biscotti da mangiare insieme con lui.

Marina aveva sui 10 anni, gli occhi vispi e neri e capelli biondi, e credeva fermamente nell’esistenza di Babbo Natale. Suo fratello Renato aveva 12 anni, gli occhi neri e capelli castani, spesso la prendeva in giro, le diceva che Babbo Natale non esisteva, che era solo una stupida leggenda inventata dai nonni. Marina spesso piangeva, allora la mamma o il papà la prendevano in braccio e le dicevano che ormai era grande e che Babbo Natale non sarebbe più venuto perché sarebbe andato dai bambini più piccoli di lei.
Ma Marina non credeva a ciò che le dicevano i suoi genitori, anche lei era piccola, decise così di scappare di casa e fare un viaggio «Sì, un viaggio – si ripeté mentalmente; vado a cercare Babbo Natale, così Renato e i miei genitori si dovranno ricredere ».
Preparò lo zaino col quale andava a scuola con tre maglioni, calzini, guanti, sciarpa e berretto di lana, mise anche i risparmi che aveva racimolato in tutto l’anno, poi dal ripostiglio prese delle scatole di biscotti e succhi di frutta.
A cena Marina mangiò come non aveva mai fatto prima, sembrava che fosse un mese che non toccava cibo, dopo che la mamma e il papà le avevano dato la buona notte, aspettò che anche loro andassero a dormire, e calatasi dalla finestra intraprese il suo viaggio.
Marina aveva sentito dire che Babbo Natale stava in Lapponia, circa 150 – 200 Km. da casa sua e cominciò ad avventurarsi in un mondo a lei sconosciuto. Le vie della città dove abitava erano tutte piene di luci, era affascinata da tutti quei colori, ma non poteva perdere tempo visto che era prezioso e continuò a camminare fino a quando fu fuori da Sarna la sua città e si trovò di fronte ad un bivio.
– Quale dovrò prendere ora – disse a voce alta.
– Dipende dove vuoi andare – le disse una voce alle sue spalle.
Marina si girò di scatto e vide un bambino:
– Ciao bambino io mi chiamo Marina, e tu come ti chiami?
– Io non sono un bambino, ma uno Gnomo, il mio nome è Trevot, ma cosa fai in giro a quest’ora? Non è tardi per una bambina come te, dovresti già essere a letto da un bel pezzo – gli disse con ironia.
– Sono scappata da casa, vado a cercare Babbo Natale, vuoi venire con me?
– Anche tu sei in cerca di lui, allora più che volentieri, così non sarò più solo, è una settimana che sono andato via da casa, sai io voglio diventare un suo aiutante.
– Io invece lo cerco per dimostrare ai miei genitori e a Renato che esiste.
Così dopo essersi conosciuti presero la strada a destra, dopo un altro pezzo di strada, si misero a riposare sotto un ponte.
Si risvegliarono al canto del gallo e dopo aver mangiato qualcosa si rimisero in viaggio.
Intanto a casa di Marina la madre era andata a svegliare i figli, Renato fece delle storie perché non aveva voglia di andare a scuola, la madre gli disse che poi avrebbe dormito quanto gli pareva, quando andò da Marina non ebbe alcuna risposta, tirò in fondo le coperte e vide che non c’era.
– Che sia già andata a scuola – si disse e andò giù a preparare la colazione, quando sul frigorifero notò un biglietto “Vado a cercare Babbo Natale Marina” la madre allarmata incominciò a chiamare il marito
– Giorgio, Giorgio presto vieni giù Marina è scappata da casa dobbiamo andarla a cercare.
– Com’è scappata da casa e dove è andata? – fece il padre agitato.
– Sul biglietto che ha lasciato c’è scritto che è andata a cercare Babbo Natale – fece con voce tremolante la moglie.
– Ma no vedrai che è andata dai nonni, è troppo piccola perché scappi, aspetta che vado a vedere.
Così papà Giorgio andò nella casa accanto dove stavano i nonni materni e paterni, ma di Marina nessuna traccia.
– La colpa è vostra, povera piccola vietargli di sognare, ma che genitori siete che non le fate vivere la sua voglia di sognare, di credere in Babbo Natale, io te l’ho fatto sempre credere, non ho mai distrutto i tuoi sogni, come padre mi vergogno di avere un figlio come te, muoviti valla a cercare.
Giorgio rimase male alle parole del padre, ma forse aveva ragione, forse il troppo bene che volevano a Renato e Marina aveva chiuso il loro cuore ai sogni.
Intanto Marina e Trevot avevano fatto amicizia con il Cane Macchia, il Gatto Panterino e la Topina bianca Chicca, anche loro in cerca di Babbo Natale perché volevano che portasse dei doni anche a tutti gli animali domestici, il bello è che camminavano e parlavano come Marina e Trevot e insieme con loro continuarono il viaggio.
Dovevano attraversare più di metà Svezia, e quando fossero arrivati in Lapponia che si trova nella Regione della Finlandia avrebbero trovato subito Babbo Natale.
Arrivati nella città d’Ostersund si misero a mangiare in una piazzetta.
“Chissà cosa starà facendo mio fratello Renato” si chiese Marina.

Nel frattempo a casa la famiglia era in piena agitazione, la polizia era già all’opera visto che era sparita da 48 ore, i parenti e gli amici erano stati avvisati dai genitori, che se la vedevano di chiamarli subito, Renato aveva fatto anche dei volantini che aveva attaccato in tutta la città di Sarna.
Suo padre e lo zio si misero alla sua ricerca e arrivati a quel bivio presero la strada di sinistra che portava verso Stoccolma, pensavano che avesse preso un treno o un pullman per andare in Lapponia, ma quando arrivarono nelle vicinanze della stazione trovarono un blocco stradale, così tornarono indietro e presero una traversa, ma era chiusa per il rifacimento dell’asfalto, rassegnati dovettero tornare indietro, arrivati a casa Giorgio telefonò alla stazione, ma il telefono era inesistente e in più si stava avvicinando una bufera di neve. Renato si sentiva in colpa, se non l’avesse presa in giro forse non sarebbe scappata da casa.
Intanto Marina e i suoi amici avevano trovato riparo nell’incavo di un albero e lì trascorsero la notte, al loro risveglio furono circondati da un manto bianco e si misero a giocare con la neve a fare a pallate e pupazzi.
Verso l’ora di pranzo passarono davanti a una simpatica casetta, la padrona di casa che era affacciata alla finestra li fece entrare dentro a mangiare.
– Cosa fai da queste parti piccola, tu non sei di qui – chiese gentilmente la Signora Marcella.
– Io e i miei amici andiamo da Babbo Natale, sono partita da Sarna tre giorni fa e devo arrivare in Lapponia, lei conosce Babbo Natale, Signora? – fece curiosa Marina.
– Certo che lo conosco – rispose – so anche dove puoi trovarlo, quando arrivi in Lapponia, devi andare in cima al Monte Paistunturin, alto circa 640 metri. Ce la farai piccola?
– Certamente Signora, grazie mille, ora dobbiamo andare, arrivederci.
Dopo aver salutato la Signora Marcella i nostri amici si rimisero in viaggio.
Quando erano nei pressi di Dorotea dai cespugli sbucò uno Scoiattolo.
– Ciao a tutti sono Taro e sono uno Scoiattolo Volante, dove andate di bello? Posso venire con voi ? – fece muovendo il nasino.
– Andiamo da Babbo Natale – disse Macchia.
– Allora andiamo – fece Taro.
– Ma perché lo cerchi – chiese Trevot.
– Perché sono stanco dei soprusi degli altri Scoiattoli, solo perché sono il più piccolo mi prendono sempre in giro ed io sono stanco – disse piangendo lo Scoiattolino.
– Allora andiamo – disse Marina che lo capiva molto bene, perché anche Renato la prendeva spesso in giro ed anche lei era stanca di questo.
Camminando si presentarono tutti, entrati nella città di Dorotea la gente che li vedeva passare tutti in fila rimaneva meravigliata, allora un paesano li fermò:
– Dove state andando di bello voi sei ? – fece curioso.
– A fare una gita, perché non possiamo? – rispose prontamente Marina.
– Certo che potete, ma non avete paura dell’Orco? – disse sorridendo.
– Che cos’é un Orco – chiese Chicca terrorizzata.
– E’ un mostro a due teste, con tre occhi e una bocca grande come un cocomero, e più alto di 10 metri e ogni passo che fa, ne fa tre – disse il paesano con fare arcigno.
– Non dica buffonate, gli Orchi esistono solo nelle favole, ne legga di meno – gli rispose Marina arricciando il naso e lasciandolo di stucco se n’andò via con i suoi amici.
Usciti da quel paese si addentrarono dentro un bosco, e visto che stava calando la notte si rifugiarono dentro una grotta per dormire, Marina aperse lo zaino e tirò fuori le ultime scatole di biscotti.
– Domani dovremo fare rifornimento, Trevot tu hai qualcosa con te?
– Si Marina, ma non è molto, voi avete portato qualcosa? – disse rivolto a Macchia, Panterino e Chicca.
– Noi no, non abbiamo portato niente, però potremo sempre ricavare qualcosa nella prossima città in cui andremo, faremo uno spettacolo – dissero insieme.
– Potremo prendere anche della frutta dal bosco, gli alberi ne sono pieni, poi saranno contenti se gli togliamo del peso di dosso – disse Taro.
– Bene visto che siamo tutti d’accordo ora dormiamo – disse Marina sbadigliando.
Dopo poco sentirono degli strani rumori provenire dal fondo della grotta, intimoriti si alzarono e andarono a vedere tutti dietro a Trevot che disse:
– Ma perché devo essere io il primo – disse indispettito.
– Sei o non sei un uomo – gli disse Taro.
– Io non sono un uomo, sono uno Gnomo – rispose furioso.
– Sì, ma non del gentil sesso – disse Panterino – Sei un maschio perciò devi andare avanti tu.
– Se non mi sbaglio anche tu sei un maschio, vero micio, per cui avanti insieme a me.
Piano piano arrivarono alla fonte di quegli strani rumori, notarono un’ombra gigantesca.
– Aiuto!!! L’Orco – gridò Chicca spaventata saltando sulle spalle di Marina.
– Sshh, non urlare o lo sveglierai – disse Marina sottovoce.
– Chi è che disturba il mio sonno? – disse l’Orco facendo rintronare le pareti della grotta e facendo scappare Marina e i suoi amici.
– Aspettate, non andate via, chi siete? – chiese gentilmente l’Orco, il mio nome è Zanna.
– Siamo in viaggio, ci siamo messi a riposare in questa grotta, ma non sapevamo fosse tua, ora ce n’andiamo subito – disse Trevot con voce tremolante.
– No, rimanete pure, qui non viene mai nessuno, hanno paura di me, ma io non faccio del male a nessuno.
– Allora possiamo stare tranquilli, non ci mangerai – chiese Marina.
– Certo che no, non sono mica così attivo come mi descrivono nelle fiabe, ma non mi avete ancora detto i vostri nomi. – disse l’Orco Zanna.
Così uno ad uno si presentarono, rimasero tutta la notte a parlare, e quando fu giorno, Marina e gli altri si prepararono a partire, Zanna domandò dove erano diretti.
– Siamo diretti in Lapponia da Babbo Natale – disse Chicca.
– Allora vengo con voi – disse Zanna prendendo il suo zaino.
– Sicuro di voler venire con noi – chiese Macchia.
– Certo, così gli chiederò un favore, se veramente esiste – disse Zanna.
– Certo che esiste, ma cosa gli chiederai – domandò Panterino.
– Che migliori il mio aspetto, così la gente mi potrà apprezzare e voler bene, così avrò degli amici come voi – rispose Zanna.
– Allora andiamo, ma cosa vuoi fare con quella zaino – chiese Marina.
– Voglio metterci della frutta da mangiare lungo il viaggio.
Così anche l’Orco Zanna si aggregò a loro; arrivati nella cittadina di Sorsele, i nostri intrepidi amici fecero una spettacolo dal quale ricavarono molti soldi, poi Marina e Trevot andarono a comperare qualcosa da mangiare, con quei soldi potevano andare avanti due settimane, e si misero a mangiare in un parco vicino dove si rifocillarono e si riposarono.
Visto che Sorsele era piena di fattorie decisero di passare la notte in una stalla, Marina era molto stanca e si addormentò subito e sognò la sua famiglia che era disperata perché non riusciva più a ritrovarla, e mentre lei sognava, la sua famiglia si dava da fare.
I genitori avevano avvisato le emittenti televisive e le radio, mentre Renato aveva fatto fare degli articoli sui giornali perché li aiutassero a ritrovare Marina; i genitori cominciarono a pensare al peggio, che fosse stata rapita da qualche malintenzionato, che fosse morta e… non sapevano più a cosa pensare.
Al suo risveglio Marina era infreddolita, sentì la fronte scottare, ma non diede peso, pensò fosse la stanchezza e che dopo una bella colazione le sarebbe passato tutto, in quella cittadina si trovava una deliziosa bottega piena di dolci e leccornie d’ogni genere, così i nostri amici entrarono lì dentro.
– Cosa posso offrirvi bella signorina? – disse un coniglio rosa.
– Latte e biscotti, grazie – rispose Marina con la voce fioca.
– Oh! Ma la signorina sta poco bene – fece premuroso il coniglio.
– No non è niente, ho preso freddo stanotte – rispose starnutendo.
– Allora ho qualcosa che fa per te, vedrai che dopo starai meglio – disse il coniglio più premuroso che mai – e voi cosa prendete? – disse rivolto ai suoi amici.
– Latte e biscotti anche noi grazie – dissero in coro.
– Agli ordini – disse il coniglio sull’attenti mostrando i suoi dentoni aguzzi – non ho mai avuti clienti così simpatici, un attimo e sono da voi.
Il coniglio sparì dietro una porta a forma di carota e dopo dieci minuti tornò con delle belle scodelle di latte caldo e con un’infinità di biscotti.
Dopo avere fatto colazione Marina fu presa in braccio da una coniglietta bianca che gli misurò la temperatura:
– Oh mio Dio, ma la piccolina a la febbre molto alta, dobbiamo chiamare il dottore – fece allarmata la coniglietta
– No, niente dottore, devo andare via con i miei amici – fece agitata Marina.
– Ma dove devi andare così di corsa? – chiese il coniglio.
– Da Babbo Natale e…
– Calma adesso, Babbo Natale non scappa di certo, ora stai qui buona che vado a chiamare il dottore, così quando starai meglio potrai continuare il tuo viaggio – le disse la coniglietta.
– Marina, la coniglietta ha ragione resta qui così potrai curarti – disse Trevot.
– Certo ha ragione Trevot, pensa se ti dovesse succedere qualcosa io sarei molto triste – fece Zanna con le lacrime agli occhi.
– Ma voi che farete nel frattempo? – chiese Marina.
– Possono restare qui con te? – propose la coniglietta.
Così Marina e i suoi amici rimasero nella casa dei Signori Conigli che in realtà erano persone normalissime, si vestivano così per far divertire i bambini visto che il loro negozio era un mondo incantato fatto apposta per loro.

Intanto a casa di Marina i genitori ricevettero una telefonata in cui qualcuno diceva di aver visto una bambina che corrispondeva alle descrizioni in compagnia di uno Gnomo, un Cane, un Gatto e un Topo nelle vicinanze d’Ostersund circa dieci giorni fa.
I genitori avevano ancora una speranza di ritrovarla in vita, così montati in macchina con Renato partirono subito verso Ostersund.
Dopo dieci giorni Marina si era perfettamente ristabilita e salutati i signori che erano stati molto gentili con lei riprese il suo viaggio con gli amici, però prima di andarsene la Signora le aveva messo nello zaino dei biscotti e uno sciroppino da prendere quando si fosse sentita poco bene.
Avevano lasciato da poco la città quando da un cespuglio saltò fuori un Leone, tutti quanti si spaventarono e fecero per tornare indietro, quando:
– Non abbiate paura di me, non voglio farvi alcun male – disse dolcemente il Leone.
– E chi ci dice che non ci mangerai? – fece macchia ringhiando.
– Perché non ho tempo da perdere, devo arrivare da Babbo Natale prima che i domatori del circo mi trovino – disse il leone dirigendosi verso Boden.
– Ma perché cerchi Babbo Natale? – chiese Marina avvicinandosi a lui.
– Beh, il fatto è che sono il re del circo, e ho promesso agli altri animali che l’avrei portato da loro, come sapete noi bisogna sempre stare in una gabbia piccola e molto spesso bisogna starci in due. Io voglio trovarlo perché ci porti nel suo regno dove non ci sono circhi, gabbie, e fruste.
– Come fruste – chiese Chicca.
– Si, fruste, se non obbediamo o facciamo bene il nostro lavoro, loro ci frustano e ci lasciano senza cibo – disse il Leone.
– Posso sapere come ti chiami – chiese Trevot.
– Il mio nome è Giaro – fece con un inchino – e voi come vi chiamate?
Uno ad uno i nostri amici si presentarono, e proseguirono il viaggio insieme.
– Piccola Marina se sei stanca ti monto in groppa – fece gentilmente Giaro.
– Grazie, ma non vorrei stancarti troppo, poi sono stanchi anche gli altri.
– Non preoccuparti, posso portare sia te sia Trevot – gli rispose Giaro.
– Gli altri posso tenerli sulle mie spalle, non sono molto pesi, possono stare benissimo anche nel mio zaino – disse Zanna.
Così Marina e Trevot erano in groppa a Giaro, mentre Chicca, Macchia, Panterino e Taro erano sulle spalle di Zanna.
Arrivati nella città di Boden era ormai sera e si misero a riposare dentro una casa scalcinata, così dopo aver mangiato si misero a parlare fra di loro per conoscersi meglio.
Nel frattempo i genitori e il fratello di Marina erano arrivati ad Ostersund, alloggiarono in una locanda del posto e chiesero dove abitava la Signora Marcella, gli risposero che stava in fondo alla strada vicino alla fonte dietro la chiesa, ma dissero anche di non andare là perché era una strega.
– Mi hanno confermato che ha visto mia figlia – disse il padre.
– E chi ve lo ha detto? – chiese uno dei presenti.
– Una telefonata ci ha fatto sapere che nostra figlia Marina era da queste parti con uno Gnomo, un Cane, un Gatto e una Topolina – disse la madre.
Allora la signora della locanda si ricordò di loro:
– Ora ricordo, ma non sono più qua, mio figlio ha visto la Marcella che li stava salutando, andate pure da lei, e non credete a ciò che la gente dice, non è una strega è solo una Signora, solo, forse un po’ strana, ma non ha mai fatto del male a nessuno. Ora andate a dormire, domattina mio figlio vi porterà da lei.
Il mattino dopo il figlio della locandiera li portò dalla Signora Marcella, che gentilmente li fece passare in casa.
– Cosa desiderate latte o tè? domandò gentilmente.
– Niente, non vogliamo darle disturbo Signora – fece la madre di Marina.
– Nessun disturbo si figuri, non capita mai nessuno a farmi visita.
– Allora prenderò del latte grazie – disse.
– E tu ragazzo cosa prendi ? – le chiese sorridendo.
– Anch’io del latte, grazie Signora – fece Renato intimorito.
– Non hai mica paura di me piccolo – fece la Signora Marcella carezzandogli la testa – Sai, mi ricordi una bambina che è venuta non molto tempo fa.
– La bambina per caso si chiamava Marina? – chiese il padre con uno scatto che fece cadere la sedia per terra.
– Fatemi pensare, sapete alla mia età la memoria…
– Era insieme con uno Gnomo, un Cane, una Gatto e una Topina, allora Signora si ricorda, ha visto la mia sorellina? – chiese Renato.
– Ah dunque tu sei Renato, lei è la Signora Morena, e lei è il Signor Giorgio vero?
– Si siamo noi, allora Marina è stata qui da lei – fecero i genitori.
– Sì, ma per poco, dopo aver mangiato qualcosa è andata via, ha ripreso il suo viaggio in cerca di Babbo Natale.
– Ma quando lo capirà che non esiste – fece il padre arrabbiato.
– E lei è sicuro di esistere? – gli disse sogghignando la Signora Marcella.
Il padre rimase senza parole, poi la Marcella continuò:
– Si è diretta sui monti della Finlandia verso Paistunturin. Signor Giorgio, quando sarà tornato a casa mi saluti tanto sua madre, e le dica che la crostata di more è la più buona che abbia mai assaggiato.
Giorgio gli promise che non se lo sarebbe scordato e ripartirono alla ricerca di Marina.

Nel frattempo Marina e gli altri, dopo aver fatto colazione si diressero verso Gallivare.
Arrivati nella nuova città ad un certo punto videro un castello, decisero di fermarsi sotto la chioma di una millenaria quercia per riposarsi, poco dopo che si erano messi a sedere, sentirono dei passi che facevano tremare la terra, allora salirono sopra la quercia per vedere chi fosse.
– Chi c’è nel mio giardino? Venite fuori che vi mangio in un solo boccone – ringhiò un Gigante.
Marina e gli altri stavano immobili, ma Panterino perse l’equilibrio e cadde, il Gigante lo prese su una mano e gli disse:
– E tu cosa sei? Non avere paura – gli disse toccandolo leggermente con un dito.
Il povero Panterino era tutto raggomitolato e tremava dalla paura.
– Per favore non mangiarlo, mangia me al suo posto – gli gridò Macchia.
– E tu cosa sei ? – domandò il Gigante che mai prima di adesso aveva visto esseri così strani, visto che stava sempre da solo.
– Io sono un Cane, lui invece è un Gatto. Tu chi sei?
– Io sono un Gigante, questa è la mia casa. Vorrei tanto avere una compagnia – disse tristemente.
– Allora perché non vieni con noi da Babbo Natale – gli disse Marina sbucando dalla quercia insieme agli altri.
– Tu sei una bambina, vero ? – disse il Gigante sorridendo.
– Si, mi chiamo Marina, e questi sono i miei amici, e glieli presentò.
– Il mio nome è Eolo, anch’io sono vostro amico adesso?
– Certo siamo tutti amici – disse felice Marina.
Il Gigante fece scendere i suoi nuovi amici dalla quercia e li fece entrare dentro il castello.
Dopo averli fatti accomodare in una gran sala, portò loro da mangiare.
Passarono una bella giornata, il Gigante oltre ad essere molto simpatico, era anche un ottimo cuoco, dopo aver cenato andarono tutti quanti a dormire, domani sarebbero partiti di buon ora.
Intanto i genitori di Marina arrivarono a Dorotea; fermatisi ad una stazione di servizio chiesero se avevano visto una bambina con uno Gnomo e degli animali, gli risposero di domandarlo al bar nella piazza centrale, quella con la fontana delle Sirene, ma dovevano aspettare la mattina perché era chiuso.
Trovarono alloggio in un albergo e dopo aver cenato anche loro andarono a dormire presto, perché sarebbero partiti in prima mattinata.
L’indomani mattina sia Marina che i suoi amici si alzarono di buon’ora, e arrivarono in poco tempo a Muonio, infatti, il Castello del Gigante Eolo non era molto distante dalla nuova città, circa 150 metri.
Nel frattempo i suoi genitori chiesero ai padroni del bar s’è l’avevano vista, quando uno strano tipo si avvicinò:
– Scusate! Per caso vostra figlia era in compagnia di strani amici – fece sulle sue.
– Sì – rispose il padre – perché, l’ha vista?
– Certo che l’ho vista, e devo dirle che sua figlia è una gran maleducata, mi ha detto che leggo troppe fiabe.
E se n’andò stizzito.
– Non fateci caso e una persona poco raccomandabile, vuol attaccare briga con tutti, vostra figlia si è comportata benissimo, comunque è passata di qua circa venti giorni fa.
I genitori allora si diressero sui Monti di Paistunturin senza esitare.
Intanto i nostri amici si erano addentrati nella città di Muonio, dove in una piazzetta videro una statuetta molto carina, Marina fece per sfiorarla, ma una voce la fermò:
– Fermati non toccarla.
– Chi ha parlato ? – disse Eolo.
– Sono stato io – rispose la voce.
E da dietro un albero saltò fuori un altro Gnomo, ma molto più piccolo di Trevot.
– Ehi guardate! Un altro Gnomo – disse Chicca.
– Io non sono uno Gnomo, ma un Elfo e il mio nome è Grifù, scusate la mia curiosità ma dove state andando di bello, forse a cercare la pentola fatata?
– Ma no! Andiamo a Paistunturit da Babbo Natale – disse Trevot.
– Allora vengo anch’io, devo chiedergli un piccolo favore.
Così anche Grifù si aggiunse a loro, mancava ormai poco, i nostri amici erano vicini al confine, così il Gigante e l’Orco decisero di prendere sulle loro spalle gli amici, in quel modo sarebbero arrivati in fretta a destinazione.
Arrivati al confine salutarono Muonio assieme alla Svezia, ed entrati nella Regione della Finlandia si diressero verso la cittadina d’Enontekio per passare la notte.
Si ripararono dentro un fienile, mangiarono e prima di addormentarsi qualcosa attirò l’attenzione di Chicca.
– Che cosa c’è Chicca, ti vedo spaventata. – gli chiese Zanna.
– Non lo so, ma è come se qualcuno ci stesse spiando – fece sospettosa.
– Se c’è qualcuno che venga fuori – gridarono Trevot e Grifù.
Ma non ebbero alcuna risposta e si misero a dormire.
Nel mentre, i genitori di Marina e suo fratello Renato erano giunti sul Monte di Paistuturit ma non trovarono altro che neve e ghiaccio, così a malincuore decisero di tornare a casa, sperando che Marina fosse tornata a casa da sola.
Senza saperlo passarono davanti al fienile nel quale Marina stava dormendo, ma come potevano saperlo? e tirarono dritto.
Verso le prime luci del mattino erano arrivati a casa loro, avevano guidato tutta la notte senza fermarsi mai.
All’arrivo i nonni vennero loro incontro, sperando che ci fosse anche Marina, ma dalle loro facce capirono che non l’avevano trovata, domandarono come fosse andata la ricerca, se qualcuno l’aveva vista o sapeva dove fosse, risposero che Marina era stata vista un paio di volte in posti diversi, che erano andati sul monte dove doveva essere questo fantomatico Babbo Natale, ma di lui nessuna traccia, poi ad un certo punto Giorgio si ricordò di quella strana Signora e lo disse a sua madre, e domandò chi fosse.
– Ma come Giorgio non te lo ricordi più, eppure fosti proprio tu a dirmi di preparargli la crostata di more? – disse argutamente.
– No, mamma, non mi ricordo proprio; chi era quella Signora?
– Ma tesoro mio era la Befana – gli disse rientrando in casa.
– Forza, venite dentro a prendere qualcosa di caldo, fuori fa molto freddo, prevedo che in questi giorni rifaccia la neve, su vieni Renato, sarai molto stanco, vedrai che la tua sorellina tornerà presto, mancano tre giorni a Natale – gli disse il nonno materno prendendolo in braccio.
Al risveglio i nostri amici notarono che fra di loro c’era un estraneo, un falco tutto accucciato accanto a Panterino.
– E tu come ti chiami ? – gli chiese Taro svegliandolo gentilmente.
– Il mio nome è Puruf’ – disse timidamente il falco – scusatemi se ieri sera vi ho spaventato, non volevo.
– Allora la nostra Chicca aveva ragione – disse Giaro.
– Scommetto che anche tu sei in cerca di Babbo Natale – gli chiese Panterino.
– Sì ma come hai fatto a capirlo – disse Puruf’ meravigliato.
– Beh, puoi chiamarlo istinto felino se ti va oppure …
– Oppure un gioco del destino visto che anche noi andiamo da Babbo Natale – disse Macchia levando la parola a Panterino che gli fece una smorfia così buffa che tutti quanti scoppiarono a ridere.
– Ora però andiamo, a Natale mancano solo tre giorni – disse Marina.

Così i nostri amici si rimisero in viaggio, Marina era molto felice nel vedere che non era l’unica a credere in Babbo Natale.
– Toglimi una curiosità Puruf’, perché cerchi Babbo Natale? – chiese Macchia.
– Perché sia io che tutti gli altri volatili, siamo stanchi di essere uccisi dagli uomini solo per puro divertimento, e vogliamo che la caccia sia eliminata dalla faccia della terra. Tra di noi ci sono molte specie protette ma se continua così finirà che ci estingueremo tutti, ecco perché voglio trovarlo, l’Aquila Reale mi ha dato questo incarico, se volete alla fine del viaggio ve la presento – fece orgogliosamente.
Continuando a parlare arrivarono alla città di Inari, Marina sentì che il freddo era molto vicino così s’infilò la sciarpa, i guanti e il berretto, si mise anche un altro maglione e gli atri due li diede a Trevot e Grifù, poi prese Chicca e se la mise dentro il berretto e tirò su il cappuccio della giacca, prese Puruf’ e lo mise nella tasca interna della giacca a vento.
Zanna prese Taro, Panterino e Trevot e li mise nel suo zaino, mentre Eolo prese Grifù, Macchia e Giaro per ripararli dalla neve dentro il suo maglione e incominciarono ad avventurarsi nella bufera che era giunta.
Ad un tratto su un dirupo videro uno strano animale con folte corna, pensarono fosse un cervo però quello aveva un folto pelo sul petto:
– Tu chi sei – gli chiese Eolo.
– Sono una Renna e mi chiamo Velvet, sono diretta da Babbo Natale, vi ho visto da lontano e ho aspettato che arrivaste qua.
– Perché vai da lui? – gli chiese Zanna.
– Per tirare la sua slitta insieme alle altre sue Renne – disse saltando verso di loro.
– Anche noi andiamo da lui – disse Marina tutta imbacuccata.
– Allora montatemi in groppa che vi porto io – disse Velvet porgendo la schiena.
– Ma sei sicura di farcela? Noi due siamo molto pesi – disse Zanna.
– E poi con noi e Marina ci sono altri amici, in tutto siamo in undici – spiegò Eolo.
– Monta solo Marina che è molto stanca, noi ti veniamo dietro, però non andare troppo veloce – disse Zanna.
– Va bene, come volete, forza Marina salta in groppa e reggiti, siamo quasi vicini alla casa di Babbo Natale.
Così con la cortese collaborazione di Velvet, Marina ed i nostri amici arrivarono in poco tempo a destinazione, sui Monti di Paistunturit, proprio davanti la casa di Babbo Natale.
Marina avvicinatasi al grande portone di ferro celeste, prese la maniglia d’ottone e bussò col cuore in gola.
– Avanti, la porta è aperta – disse una voce all’interno.
– Buona sera, Signor Babbo Natale, io sono Marina e questi sono i miei amici.
– Lo so piccola, vi stavo aspettando, so cosa desiderate, ma venite qua non state lì in piedi, mettetevi qui a sedere, mangiamo insieme e dopo andrete a riposarvi, così domani potremo parlare con calma – disse Babbo Natale.
La mattina dopo Babbo Natale fece l’investitura di Aiutante Generale allo Gnomo Trevot.
La Renna Velvet fu nominata Capo Renna tra gli inchini delle altre Renne. L’Elfo Grifù venne alzato di qualche centimetro, ora era alto come Trevot, circa 1,20 cm.
Al Gigante Eolo disse che al suo ritorno nel castello avrebbe trovato la compagna tanto desiderata.
L’Orco Zanna con un po’ di polvere stellare si sentì più sicuro tanto da cambiare il suo aspetto.
Dopo di che li fece montare tutti sulla sua slitta capitanata da Velvet.
Quando arrivò ad Enontekio fece un incantesimo nel cielo nel quale sia il Falco Puruf’ che tutti gli altri volatili potevano volare tranquillamente senza essere uccisi, perché agli occhi degli essere umani che non erano puri di cuore non erano visti.
A Muonio fece scendere Grifù che venne accolto a braccia aperte dalla sua deliziosa mogliettina che era alta come uno Gnomo, ecco perché chiese a Babbo Natale di farlo crescere.
Arrivati a Gallivare scese il Gigante Eolo che salutò tutti con un bacio.
Il Leone Giaro a Boden trovò il circo migliorato, tutti gli animali erano liberi di andare dove volevano, avevano cibo e acqua a volontà e non esistevano più le fruste.
Poi fu la volta dell’Orco Zanna che davanti la grotta trovò tutti gli abitanti di Sorsele ad aspettarlo a braccia aperte.
A Dorotea scese lo Scoiattolo Volante Taro il quale fu libero di scorrazzare felice da un albero all’altro senza la paura di essere sempre importunato dagli altri scoiattoli più grandi di lui.
Chicca, Macchia e Panterino scesero a Dorotea dove Babbo Natale fece dei piccoli regali a tutti gli animali domestici della città.

Infine toccò a Marina.
I genitori e gli altri componenti della famiglia erano molto tristi perché era la prima Vigilia di Natale che passavano senza Marina, quando ad un tratto suonarono alla porta, Renato andò ad aprire e meraviglia delle meraviglie Marina era lì davanti ai suoi occhi; subito chiamò i genitori ed i nonni, che, anche loro, non credettero ai propri occhi.
– Marina sei proprio tu? – gli chiese il padre.
– Certo che sono io papà – rispose -. Scusatemi se vi ho fatto stare in pensiero, vi prometto che non lo farò mai più.
– Sei perdonata, però ricordati che lo hai promesso – le disse la mamma.
– Va bene, mamma, papà, Renato e voi nonni, vi devo presentare una persona – disse sorridendo.
– E chi è questa persona? – chiese curioso Renato.
– Cari genitori, caro Renato e cari nonnini, vi presento Babbo Natale.
I genitori, Renato e i nonni rimasero a bocca aperta, Marina era riuscita nel suo intento, aveva terminato il suo viaggio vittoriosa, e aveva portato Babbo Natale a casa sua.
Tutta la gente che abitava a Sarna venne a sapere di questa cosa e tutti andarono a casa di Marina, sia grandi sia piccoli, per vedere dal vivo Babbo Natale, conoscerlo, parlare con lui e soprattutto scusarsi.
Quella stessa notte ci fu una grande festa in onore della piccola Marina che aveva affrontato un viaggio così difficile per far sì che la gente di tutto il mondo potesse tornare a sognare, a credere nelle favole e a sperare in un mondo migliore.
Babbo Natale disse loro che sarebbe ritornato un giorno con più calma perché ora doveva finire il suo viaggio, cioè portare i doni a tutti i bambini del mondo prima che l’alba arrivasse, allora Renato gli chiese come facesse in una sola notte a portare tutti i doni, e lui gli ripose «Fermando il tempo, in modo che; un mese sia una settimana, una settimana un giorno, un giorno un’ora, e un’ora un minuto ». Poi salutò la sua piccola e coraggiosa amica e ripartì con la sua slitta.
Arrivarono da tutte la parti della Svezia a Sarna per conoscere la bambina che era andata a cercare Babbo Natale, per sapere da lei tutte le difficoltà, le emozioni, che aveva vissuto facendo quel viaggio straordinario e che effetto le aveva fatto avere con sé quegli strani personaggi.
Un anno è passato e la settimana prima di Natale, Babbo Natale è tornato a trovare la nostra Marina con tutte le persone che aveva incontrato lungo il suo viaggio, Trevot lo Gnomo, Panterino il Gatto, Macchia il Cane, Chicca la Topina bianca, la Signora Marcella che in realtà era la Befana, la Locandiera e il figlio, Taro lo Scoiattolo Volante, Zanna l’Orco con gli abitanti di Dorotea, i padroni del negozio di dolciumi con i loro buffi vestiti da coniglio e i figli, Giaro il Leone, Eolo il Gigante e la sua Consorte, Grifù l’Elfo con la sua famigliola, Puruf’ il Falco insieme all’Aquila Reale; tutti quanti fecero una bella festa per ricordare l’intrepida avventura di Marina con i suoi inseparabili amici in quel viaggio meraviglioso al di là della fantasia.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart