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Immigrazione

15 Maggio 2009

Si fa un gran parlare in questi giorni dei problemi legati al controllo delle immigrazioni, e spesso se ne approfitta per tirare conclusioni affrettate fatte più di lagne che di idee costruttive. Ci si lamenta dei barconi che vengono respinti, delle denunce e delle espulsioni degli immigrati clandestini. Si invoca il diritto umanitario: sono esseri umani – si dice – e non si possono trattare come al tempo della schiavitù, o peggio ancora. Sono d’accordo. Ci si vergogna, addirittura, di essere italiani. Bisogna pensare, però, che in Italia ci troviamo in questa situazione: essendo noi quella parte di Europa che sfocia nel mare e che al di là confina con i paesi della fame e delle violenze, siamo i primi a cui i fuggiaschi si rivolgono, nella speranza di essere accolti e aiutati. Questa nostra posizione fa sì che sul nostro territorio sbarchino clandestini in un numero così rilevante da crearci dei problemi, di ogni ordine e grado, che non possiamo, qualunque governo sia al potere, affrontare da soli.
Dunque, che si può fare? Bisogna trovare una soluzione che concili i bisogni e le speranze del clandestino con le necessità, i doveri e i mezzi di uno Stato.
Secondo me, la soluzione è quella, già ipotizzata da alcuni, di far assumere all’Europa e all’ONU il problema che attualmente grava in maniera preponderante sul nostro Paese. Ciò significa che l’Europa non dovrà limitarsi a rivolgere solo accuse all’Italia e a infischiarsene, nei fatti, dei suoi problemi. L’Europa dovrà, ossia, decidere quali quote ogni Stato europeo assorbirà dei clandestini che sbarcano in Italia. Quote di persone non di aiuti finanziari al nostro Stato. L’Onu, da parte sua, potrà contribuire caricando, ove possibile, qualche aliquota anche ad altri Stati extraeuropei. In questo modo noi ci troveremmo nella condizione di accogliere i clandestini, dare loro una prima assistenza, e poi destinarli agli altri Paesi, con criteri da concordare e secondo le quote rispettive.
Altrimenti, più che vergognarmi di essere italiano, io dovrei vergognarmi di essere europeo, e non solo europeo.
Avremmo modo così di passare dalle chiacchiere e dalle dichiarazioni di buone intenzioni ai fatti, e di misurare il grado di solidarietà presente nei cosiddetti Paesi della civiltà occidentale.

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Sugli italiani emigrati all’estero. Qui.


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Bart