LETTERATURA: INCIPIT: Marino Magliani, “Quella notte a Dolcedo”, Longanesi, 2008
11 Marzo 2008
ad Anita e Mike
Primavera 1944, Oneglia
Seduto al tavolo ingombro di libri e di antiche mappe, il capitano Thomas Garser spiegò il foglietto, lasciandolo aperto davanti a sé.
Poi si alzò e si diresse verso la finestra, lo sguardo basso perché arrivava troppa luce.
 I soldati in cortile risalivano sul camion. Erano tornati dall’entroterra poche ore prima. Forse c’era stata un’altra segnalazione, un colpo di mano, era così ogni giorno, ne  gli ultimi mesi: il nemico aveva ripreso coraggio.
 Hans Lotle fece bene attenzione al rumore della carraia, ma non capì se era uscito solo un camion, dal piano della fureria i rumori e le luci gli erano estranei. Tutte le cose di questa guerra sapeva intuirle solo dalla compagnia, dalla mensa, dal cortile, dalla fureria no.
 II giorno, oltre le mura della caserma Crespi, e il mare, a un centinaio di metri, incendiavano le finestre come quando gli toccavano le guardie nell’armeria del porto e all’alba era costretto a chiudere gli occhi. Il capitano a quella luce non era più abituato.
 «Ti hanno di nuovo interrogato? »
 «Riguardo allo scavo? » chiese Lotle.
 Il capitano annuì. Si tolse il berretto con la visiera sco Âprendo una sottile striscia di fronte chiara. La capigliatura era dura e cortissima, incolore.
 «Non più », rispose Lotle.
 «Lo faranno ancora, a guerra finita, le cose vengono fuori, prima o poi. Ti chiederanno anche dei foglietto, di ciò che è successo quattro giorni fa, puoi dire tutto », disse, poi si tornò a sedere.
 «Lo farò, capitano. Racconterò ogni cosa. »
 Quattro giorni prima avevano risalito la valle sui ca Âmion. Era la prima azione dopo l’imboscata dello scavo. Erano entrati nelle case di Sorba e avevano circondato il forno dei Droneri, ma non avevano trovato nessuno. Al Âlora avevano rastrellato l’intero paese. Trenta uomini che setacciavano stalle e case. Le corse su per le scalinate, tra i vicoli, trenta soldati che saltavano, gridavano.
 Una mitragliatrice, su ordine del capitano, sventagliava le vigne in faccia. Qualche civile aveva tentato la fuga.
 Se riandava a quella sera, Hans Lotle ricordava d’aver sofferto il caldo. D’un tratto era cominciata la primavera e aveva sudato molto correndo. Non era la stessa guerra col caldo. Era stato mandato in Liguria durante l’autunno, e il freddo aveva tardato pochi giorni. Il soffoco umido era una cosa a cui non era abituato, come alla luce della fureria.
 Il foglietto glielo aveva messo in mano, nel buio, uno di quelli fatti uscire dalle case e ammucchiati sul ponte in at Âtesa di essere portati via.
 Hans Lotle non aveva fatto in tempo neanche a capire chi fosse. In strada aveva consegnato il pezzo di carta al ca Âpitano Garser. Gli ostaggi erano stati rimandati alle case, e l’ordine del capitano era stato di risalire la mulattiera per Dolcedo. Giunti alle vigne, il caporale Wolkert aveva no Âtato un movimento e aperto il fuoco. I colpi di risposta dall’alto, tra gli ulivi, non si erano fatti attendere. Erano come un invito.
 Dove stavano tentando di dirigerli? Era una trappola? Il capitano aveva temuto e aveva fermato gli uomini.
 Lotle ripensò fino a quel punto. Il capitano chiese: «Sa Âpresti riconoscerla? »
 «No. » II sangue riprese a scavargli dentro, il sangue e la carne appiccicata alle pietre gli riempirono la sua di carne. Il caldo non era mai più finito.
 Gli spari li avevano portati al pozzo, erano stati il mes Âsaggio del foglietto e gli spari a condurli là dentro.
 Quando tutto era finito erano scesi dalle terrazze. Face Âva notte da un pezzo, Hans era l’ultimo della colonna, lo sguardo s’era infilato nel folto di un rovo e l’aveva vista per caso. Gli occhi della bambina spiavano il loro passaggio dal folto dei rovi, non s’erano mossi, impauriti. Doveva appartenere alla famiglia dei Droneri, o essere stata con lo Âro, forse l’aveva nascosta Droneri padre. Qualcuno li aveva voluti morti… Ma lei doveva salvarsi. Così Hans aveva de Âciso in un attimo e non l’aveva tradita. Sceso qualche gra Âdino di mulattiera era tornato su di corsa… Un movimen Âto che aveva messo in allarme i compagni, li aveva sentiti appostarsi e gridare. Non era niente, aveva assicurato.
 Per un paio di giorni s’era tenuto dentro anche quegli occhi, ma adesso aveva chiesto di essere ricevuto dal capi Âtano e gli aveva raccontato tutto.
 «Avevi appena ucciso… si inventano delle cose vive per non rivederle morte, la mente ne ha bisogno… »
 Hans Lotle l’aveva interrotto, come mai era successo. «Era lì, capitano, sono tornato su apposta a controllare di nuovo, esisteva davvero… »
 «Non era ancora proprio notte, forse allora sapresti ri Âconoscerla. »
 «Era notte, capitano. »
 «Non mi posso più fidare di te, Lotle, perché non l’hai detto subito? »
Dalla carraia uscì un altro camion, poi ne rientrarono altri. Il capitano prese il foglietto, lo spiegò maglio, fece qualche passo lentamente verso la finestra. Rilesse nella mente l’ultima frase:
Loro sono li e no escono dal paese ci portano da mangiare.
Poi a voce alta. Il fiato giunse ai vetri.
 «L’ha scritto un pezzente, senza istruzione, ci sono al Âmeno un paio di errori. »
 Aveva studiato lingue a Stoccarda e lavorato all’istituto di storiografia di Roma, prima della guerra, questo alme Âno sapeva Hans Lotle.
 «Perché era lì nei rovi quella bambina, capitano? Era una della famiglia, il padre aveva capito che salivamo a cercarli, aveva deciso di lasciare il nascondiglio? Dopo di lei avrebbe fatto uscire anche i bambini e la moglie, era solo questione di tempo… »
 I suoi occhi dicevano che avevano capito tutto, ma non sapevano nulla.
 Per la prima volta, come se avesse accettato di esserne complice, credeva di avere il diritto di sapere.
 «La morte dei Droneri, capitano, ha a che fare con lo scavo di un mese fa? » Diresse lo sguardo sulle cartine topografiche che il capitano non s’era preoccupato di chiu Âdere e nascondere.
 «No, è solo qualcuno in paese che ha voluto che sapes Âsimo dov’erano nascosti i Droneri. Niente di questa guer Âra ha a che fare con la ricerca, niente. Niente ha a che fare con lo scavo di Locus Bormani, soldato Lotle. .. Puoi an Âdare. »
 Hans Lotle salutò battendo i tacchi, stava aprendo la porta, quando la mano si bloccò sulla maniglia.
 Alle sue spalle, il capitano pronunciò strane parole:
«Sadrach, Mesach, Abdenego… servi del Dio altissimo, usci Âte, venite fuori… Allora Sadrach, Mesach e Abdenego usciro Âno dal fuoco… Neanche tutto ciò, Lotle, ha a che fare con lo scavo, mi perdonerai se finisco sempre per confonder Âti… »
 Hans Lotle attese l’ordine e la mano abbassò la mani Âglia.
SCHEDA LIBRO
Autore: Marino Magliani
Titolo: Quella notte a Dolcedo
Editore: Longanesi
Uscita: 2008
Prezzo: € 16
CONTENUTO: C’è una nostalgia che impedisce di vivere e un’altra che spinge a tornare. Hans Lotle, soldato tedesco che ha combattuto la guerra in Liguria, le conosce entrambe. Ma da Berlino Est non è semplice tornare nei luoghi dove, una notte d’estate del 1944, è av Âvenuta una strage.
Tutto era accaduto in fretta: urla, spari, granate in un fosso dove era nascosta un’intera famiglia. Chi li aveva traditi, e perché? Lì, tra i rovi, Hans aveva in Âtravisto lo sguardo terrorizzato di una bambina. E non aveva mai più dimenticato. In Germania intan Âto qualcuno lo controlla. È un ufficiale della DDR che lo fa seguire fino a dopo la caduta del Muro. È per qualche conto lasciato in sospeso dalla guerra? O si tratta di motivi personali? Ora lui è riuscito a tornare a Dolcedo: potrebbe far luce su quell’episodio tragico, o potrebbe farlo Lori, una giovane donna un po’ sbandata legata a filo doppio alla verità che lui sta cercando. Tra i due sembra quasi nascere un amore. Ma le risposte alle sue domande non sono affatto quelle che ci si aspetterebbe. Perché verità e colpe sono spesso in posti introvabili e si mimetizzano a tutto tranne che al tempo.
Piano piano, però, il paesaggio lo rapisce con i suoi odori e i suoi ulivi, tanto che la sua ricerca alla fine diventa altro: un modo di continuare a sfuggire alla vita, anche. E come i mammut che qui venivano a morire, Hans finirebbe dimenticato da tutti se da Berlino qualcuno non lo venisse a cercare con una sorprendente proposta.
Un romanzo che racconta l’altra verità della guerra civile italiana, aprendo uno squarcio sulla storia se Âgreta di un piccolo paese del ponente ligure. In un tempo in cui, tra vincitori e vinti, tra innocenti e col Âpevoli, la realtà sembrava essersi incaricata di cambiare i ruoli, per sempre.
MARINO MAGLIANI (Dolcedo, Imperia, 1960), scrittore e traduttore, ha soggiornato a lungo all’estero prima di stabilirsi in Olanda, a Umuiden, una cittadina sulla costa vicino ad Amsterdam. Ha pubblicato: L’estate dopo Marengo, Quattro giorni per non morire e Il collezionista di tempo. Suoi racconti sono apparsi su Nuovi Argomenti, Ombrone e Nazione indiana. È redattore di La poesia e lo spirito.
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Commento by matteo — 12 Marzo 2008 @ 14:43
Auguro a Marino tutto il successo che merita!
Commento by Charlesmp — 27 Marzo 2008 @ 01:15
thats for sure, guy