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Inevitabile lo scontro durissimo

19 Aprile 2011

Napolitano indirizza una lettera al vicepresidente del Csm, Michele Vietti, in cui condanna i toni di esasperazione accesisi tra politica e magistratura.

Naturalmente l’interpretazione che va per la maggiore è che con questa lettera Napolitano abbia voluto criticare gli ultimi interventi durissimi del presidente del Consiglio. L’Anm infatti ringrazia.
Nessuno dell’opposizione e della magistratura prende in considerazione le responsabilità per questo clima anche di taluni pm il cui comportamento è di chiara invadenza nel campo politico.
I magistrati si ritengono sempre dalla parte della ragione, e questa è un’altra delle degenerazioni che colpiscono la magistratura e l’accecano.

In ogni caso, Napolitano non ha fatto altro che cercare di arginare uno scontro durissimo che, però, è e sarà inevitabile.
Chi avesse immaginato che la riforma della giustizia – mai riuscita a nessun governo – potesse passare senza il sollevamento giacobino dei magistrati, avrebbe fatto i conti senza l’oste e si dimostrerebbe un ingenuo.

Siamo in presenza, infatti, di uno dei mali più profondi, gravi e paralizzanti del   nostro Stato. Un male dotato di una ramificazione così tentacolare da allegare alla sua azione altre forze, interessate al mantenimento dello statu quo.

La denuncia di Berlusconi di un patto scellerato (e qui) tra Fini e l’Anm è resa credibile agli occhi di molti italiani dall’impunità che ha protetto e protegge il presidente della Camera in relazione ai noti fatti che hanno occupato le cronache giudiziarie di questi mesi. In specie, l’archiviazione in sede penale (il caso è passato ora in sede civile) dell’affaire Montecarlo.

Berlusconi ha deciso – forte dell’incredibile ed assurda esperienza personale – di fare la riforma a tutti i costi, disposto a giocarsi la carriera di politico per realizzarla.
È chiaro che questo determinato proposito ha scatenato la casta,  minacciata nei suoi privilegi e soprattutto nello sterminato potere acquisito da quando il parlamento si è denudato rinunciando all’art. 68 della Costituzione.

Sui privilegi già è stato scritto molto: carriere automatiche, stipendi da capogiro, e voglia di lavorare non certo da additare ad esempio agli italiani.
Chi vorrebbe rinunciare a tanto lusso?
Se poi si pensi che la separazione delle carriere farà chinare la testa alla presunzione di molti pm, abituatisi al protagonismo e alle prime pagine dei giornali, non è difficile prevedere che questo scontro sarà, come si suol dire, all’ultimo sangue.

Solo Berlusconi è nella condizione – pur tuttavia difficile – di vincere e di fare finalmente la riforma della giustizia, una riforma che, coinvolgendo interessi ed alleanze di notevole forza, sarà assai più difficile da realizzare rispetto alla riforma dell’architettura dello Stato, ivi inclusa l’elezione diretta del premier.

Perciò mi auguro che Berlusconi non si faccia stordire dalle colombe. Credo che un Berlusconi reattivo e indomabile quale stiamo vedendo in questi giorni sia gradito ad una larga maggioranza degli elettori del centrodestra. Che continui così. Siamo arrivati alla resa dei conti. O si vince e avremo un’Italia migliore, finalmente. O continueremo a tenerci un’Italietta da quattro soldi.

Quell’Italietta che piace ad Asor Rosa che anche oggi sul Manifesto, nonostante che cerchi di riassorbire il suo folle disegno di una dittatura illuminata, non rinuncia a muovere un nuovo attacco al parlamento, ossia alla massima Istituzione, espressione diretta della volontà popolare.


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Bart