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La manifestazione di Brescia del Pdl

13 Maggio 2013

Bisogna chiarirci le idee una volta per tutte.Ieri abbiamo letto due articoli, quello di Eugenio Scalfari e quello di Marcello Sorgi, che muovono l’accusa al vicepresidente del consiglio Angelino Alfano di aver partecipato alla manifestazione del suo partito, il Pdl, che rilasciava dure dichiarazioni contro la magistratura milanese a causa della condanna da questa inflitta a Berlusconi. Particolarmente duri i toni usati da Scalfari, come era prevedibile.

Il Pdl ha replicato alle accuse mettendo sulla bilancia la partecipazione di Enrico Letta, presidente del consiglio, all’assemblea del Pd. E, seppure le due riunioni abbiano avuto contenuti molto diversi, non vi è dubbio che sul piano del principio le due partecipazioni si equivalgono, e anche Enrico Letta ha fatto un passo falso. Naturalmente sono stati pochi quelli che lo hanno fatto notare. Sarebbe opportuno che in questa fase delicata in cui i due avversari di sempre, Il Pd e il Pdl, si guardano in cagnesco pronti a scagliarsi l’uno contro l’altro, tutti i componenti del governo si astenessero dal partecipare a riunioni o manifestazioni del proprio partito di appartenenza.

Detto questo, però, veniamo alla manifestazione di Brescia. I toni del Pdl sono stati durissimi contro i magistrati di Milano, ma erano giustificati? A mio avviso sì.
Per chi come me è convinto ormai da tempo che alcuni magistrati milanesi usano due pesi e due misure, per cui chiudono un occhio di fronte a reati commessi da uominiverso i quali nutrono simpatia politica o naturale, e si accaniscono con spietatezza nei confronti degli altri, la manifestazione di Brescia è più che giustificata e legittima. Se poi l’accanimento riguarda un uomo che in rappresentanza di 10 milioni di moderati impedisce al centrosinistra di dominare in lungo e in largo il nostro Paese, la giustificazione e la legittimazione sono più che evidenti.

Una delle tante prove di questo accanimento giudiziario sta nel fatto che, per arrivare alla condanna di Berlusconi in tempo per non farlo partecipare alle prossime e imminenti elezioni, i percorsi processuali che lo riguardano sono sono stati di una rapidità eccezionale per il nostro Paese, tale da suscitare l’ invidia delle più quotate e stimate magistrature inglese e americana. Pensate al solo processo Mediaset, che è giunto alla sentenza di primo grado a ottobre e pochi giorni fa ha concluso il secondo grado con la conferma della condanna. Non c’è nessun delinquente, nessuno assassino, nessun capomafia che abbia mai goduto di una tale celerità. Urgeva a tal punto condannare Berlusconi che, per fare presto, si è arrivati perfino ad escludere alcuni testimoni che la difesa considerava importanti.

La stessa cassazione, anziché essere sensibile alle esigenze della difesa, tutelate ampiamente dalla costituzione, ha pensato bene di versare olio sul fuoco, rigettando la richiesta della difesa di Berlusconi di trasferire i processi da Milano a Brescia. I motivi erano così evidenti e pesanti (un forte contrasto tra accusa e difesa con quest’ultima fortemente penalizzata) che un qualsiasi giudice superiore avrebbe dovuto accogliere la richiesta della difesa, in ossequio proprio al giusto processo garantitole dalla costituzione.
Invece si sono fatte carte false per sostenere che non c’è alcun motivo per supporre la presenza di un fattore estraneo alle ragioni processuali.

E allora che cosa può fare un accusato al quale si manifesti marcatamente che la magistratura inquirente e giudicante è influenzata da motivazioni politiche onde eliminare dalla scena il leader di 10 milioni di moderati che si oppongono e resistono democraticamente alla presa del potere da parte degli avversari?
Deve agire politicamente, e insieme con lui tutto il partito di cui è leader, ove gli organi della magistratura preposti al controllo della imparzialità del giudizio vengano meno al loro dovere.
E che sono venuti meno al loro dovere è evidente agli occhi di molti cittadini, visto che una condanna implicita del loro operato viene dalla portentosa crescita del Pdl da quando la magistratura ha ripreso, dopo la parentesi elettorale, ad accanirsi contro di lui fino ad arrivare alla prima condanna, alla quale, quasi certamente ne seguiranno altre.

E’ sbagliato sostenere che la magistratura interferisce, con l’uso dei due pesi e delle due misure, nella competizione politica, cercando di eliminare con una condanna uno dei due avversari per lasciare sgombero il campo all’altro? No. Non è sbagliato, poiché sono proprio i fatti accaduti a convincere i 10 milioni di moderati a votarlo ancora, i quali non possono essere considerati dei cretini se solidarizzano con il loro leader rifiutandosi di giudicarlo “un delinquente”.

Il consistente numero di 10 milioni di elettori non vorrebbe dire niente se fossimo sotto un regime dittatoriale, ma il fatto è che siamo in un regime democratico che si regge su libere elezioni, tanto è vero che a guidare il governo c’è un esponente del Pd, ossia del partito che proprio per questo motivo non ha alcun titolo per definire dittatore un uomo che non solo riconosce la sua legittimità ma sconta un assedio politico e giudiziario senza precedenti. E infatti: l’antiberlusconismo si è diffuso e radicato nel Paese (non sarebbe potuto accadere se a governarlo fosse stata una dittatura) e la magistratura si è accanita e si accanisce contro di lui rivelando di poter giungere (ma solo per Berlusconi) a emettere la sentenza di secondo grado ad appena 6/7 mesi da quella di primo grado.

Non sarebbe stato necessario ricorrere ad una manifestazione politica contro un tale modo di comportarsi della magistratura milanese, se in seno alla stessa magistratura vi fossero stati uomini capaci di leggere ed ammettere l’esistenza di un particolare clima nocivo alla difesa, ed agire per imporre la imparzialità oppure per accogliere le ragioni della difesa (come vuole il principio costituzionale del giusto processo) e lasciare che il giudizio fosse espresso da un’altra corte (in questo caso Brescia).

In mancanza di interventi di questo tipo da parte degli organi preposti (ad esempio: Cassazione e CSM), quale altro modo ha un leader politico per tutelarsi da un tentativo di sottrarlo alla riproposizione della propria candidatura davanti ai suoi 10 milioni di elettori? I quali sarebbero costretti a disperdersi in mille piccoli rivoli senza più alcun peso sulla scena nazionale.
La regola è una: ad un attacco di contenuto politico, si risponde con un’azione politica. E se l’attacco è duro come può esserlo una sentenza di carcerazione e di interdizione, anche la risposta deve essere dello stesso livello. Ed è ciò che ha fatto Berlusconi chiamando intorno a sé a difenderlo il suo partito e i suoi ministri.


Letto 1580 volte.


3 Comments

  1. Commento by Giacomo — 13 Maggio 2013 @ 08:02

    Un criminale con tendenze dittatoriali  che cerca disperatamente di sfuggire alla giustizia.

    Comunque, dati del ministero degli interni alla mano, i votanti per il  pedofilo di  Arcore sono stati 7.332.972.

    I restanti 26.669.552 persone non hanno votato per quel criminale.

     

    OKKIO DI MONACO che tira una bt

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 13 Maggio 2013 @ 08:48

    Invece non dovrebbe tirare una brutta aria in una democrazia in cui il pensiero e la parola siano liberi.

     

  3. Commento by Giuseppe — 13 Maggio 2013 @ 12:17

    Ha ragione Giacomo: tira una brutta aria. Ma non da adesso. Da quando la sinistra, dominata dai comunisti, ha occupato (anche, purtroppo, con la complicità dei moderati) tutti i centri di potere (politico-istituzionale, giudiziario, mediatico, finanziario e amministrativo), negando di fatto qualsiasi ipotesi di alternanza e trasformando la democrazia nel regime che sperimentiamo ogni giorno.

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