“la Repubblica” e i sensi di colpa14 Dicembre 2009 All’indomani dell’aggressione a Silvio Berlusconi è interessante soprattutto sfogliare i giornali per esaminarne le reazioni. Sembra paradossale, ma gli articoli meno interessanti sono proprio quelli che si dilungano ad analizzarne le cause. Esse sono note da tempo, infatti; non occorreva essere profeti per riuscire a prevederle lucidamente. Ci sono invece giornali che se la cavano con poco. Per l’esattezza con 16 righe. E’ il caso de la Repubblica.it che affida al suo direttore Ezio Mauro il compito di sbrigarsela come di pragmatica in questi casi. E’ qui che deve posarsi la nostra attenzione. 16 righe sono più che sufficienti per Ezio Mauro. Lui è l’esimio direttore del quotidiano, il gradino più elevato, e perciò che cosa si vuole di più? Ma appare evidente l’imbarazzo che si deve aver provato ieri sera in redazione quando si doveva decidere a chi affidare il compito di condannare l’aggressione. A Eugenio Scalfari, il padre tutelare del caos politico in cui è precipitato il Paese? A Giuseppe D’Avanzo, la firma che ha appestato l’Italia di gossip? No, non si poteva fare, troppo sfacciato. Le loro parole sarebbe state gonfie di vento. La gente avrebbe esclamato: Senti, chi parla! E poi volete mettere quel rimasuglio di coscienza che resta sempre anche al peggior peccatore, la quale ad ogni parola avrebbe gridato: Vergogna! Vergogna! Vergogna! Sei tu che hai causato tutto questo! E allora si è deciso machiavellicamente: Fallo tu, Ezio, che sei il direttore. Chi più di te può rappresentare la posizione del giornale? Ezio sa bene che hanno ragione. Addirittura se si fossero offerti loro di scrivere, li avrebbe fermati. No, non si ha da fare. Ci penso io. Per fortuna lo hanno capito da soli, e dunque scriviamolo questo articolo. Prende penna e calamaio, poggia il gomito sulla scrivania, appoggia il viso sul palmo della mano, e pensa. Ma le parole non vengono. Gli era sembrata una cosa facile, come quando si scrive un “coccodrillo”, ma questa volta gli manca qualcosa. Che cosa? Pensa e ripensa e ci arriva. Il cuore. Le parole non gli vengono perché non ce le ha nel cuore. Per lui la vittima Berlusconi è pur sempre il mostro, l’uomo da abbattere. Come si fa a scrivere su di lui senza continuare ad odiarlo! Ripensa alle parole di Di Pietro. C’è il rischio di fare come lui. Non sempre, quando si scrive, si riesce a controllarci. C’è chi sa leggere tra le righe, che analizza, interpreta. Meglio non esporsi troppo. Facciamo una cosuccia breve breve. Una ventina, una trentina di righe basteranno. Si mette a scrivere, si impegna a più non posso, ma le righe non avanzano. Fa fatica a pensare, a trovare la strada. E’ arrivato a scrivere 13 righe. Ma il testo non ha enfasi, è povero, troppo asettico, distaccato. Ci vorrebbe un po’ più di spinta, di abbrivo. Ci pensa un po’ e l’idea risolutiva viene. Riprende la penna e scrive: “Anche se il gesto di piazza Duomo è fortunatamente isolato e frutto di follia, in gioco c’è niente meno che la libertà . La libertà di Berlusconi di dispiegare le sue politiche e le sue idee coincide con la nostra stessa libertà di criticarlo. Questo spazio di libertà si chiama democrazia: difendiamola.” Pura ipocrisia. Anche Il Fatto Quotidiano se la cava con poche righe, meno di quelle di Ezio Mauro (più forte il senso di colpa?). “Mentre scriviamo, giunge notizia che l’aggressore sarebbe in cura da 10 anni per malattie mentali al Policlinico di Milano. Fermo restando quello che abbiamo detto fin qui chi già cercava improbabili mandanti morali o si preparava a lanciare l’allarme terrorismo farebbe bene a darsi una calmata anche lui.” Vi segnalo queste parole: “chi già cercava improbabili mandanti morali “. C’è un antico proverbio che fa al caso nostro e di cui questo post scriptum è un portentoso esempio: “La lingua batte dove il dente duole”. L’Unità si limita alla cronaca della giornata. Perfino La Stampa quando scrive: “Ieri sera invece Berlusconi sul predellino c’è salito a fatica, barcollante, sorretto da mani impegnate a evitare una nuova caduta. Un uomo della scorta al suo fianco l’ha coperto con un paltò, un altro è salito sul tetto dell’auto per tenergli le spalle, e tutte e due queste iniziative sono apparse – più che azioni di servizio – gesti di misericordia.”, non ha capito che quel gesto non era di sgomento o di debolezza, ma apparteneva ad un uomo che non si piega, che si rialza, e pur ferito e sanguinante, accetta la sfida. Non si tira indietro. Chi crede di nascondere la verità , fa come lo struzzo. Ieri erano solo ipotesi, oggi sono diventate certezze. Letto 1720 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by Ambra Biagioni — 14 Dicembre 2009 @ 11:03
Disgustoso, disperante e chiaro.
Commento by Ambra Biagioni — 14 Dicembre 2009 @ 12:48
Collegamento col Legno.
Manca Gianni Letta all’appello (??????????????????)
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 14 Dicembre 2009 @ 14:51
Gianni Letta non l’ho ancora inquadrato bene.
Commento by Ambra Biagioni — 14 Dicembre 2009 @ 19:48
La guerra continua, ora si combatte sul fronte Facebook
Commento by Ambra Biagioni — 14 Dicembre 2009 @ 20:52
Ho visto ed ascoltato sul TG 2 Gianni Letta che ha detto di essere al lavoro per espletare tutte le pratiche del Governo, come da raccomandazione di Berlusconi stesso.
Commento by Carlo Capone — 15 Dicembre 2009 @ 14:10
Gianni Letta  è un uomo molto influente e rispettato. Iniziò come direttore del Tempo nel 1972. Quale sia la sua matrice politica
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Commento by Carlo Capone — 15 Dicembre 2009 @ 14:11
dicevo: quale sia la sua matrice politica lo ignoro.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 15 Dicembre 2009 @ 14:52
Di lui, ho una buona impressione anch’io. Almeno fino ad oggi.
Commento by Ambra Biagioni — 15 Dicembre 2009 @ 19:30
Montanelli lo amava e..l’odiava, ma solo perché riusciva a sembrar giovane anche invecchiando d’anni.
Letta era certamente più democristiano e contrario alla sinistra di quanto non lo fosse Montanelli; non invitava turarci il naso per votare DC, ma, da persona intellettualmente onesta, non si è mai dedicato agli eccessi.
E’ proprio per questo mio giudizio positivo che avevo rilevato il silenzio.