Il caso Carver/Lish, ovvero l’autore e il suo editor
19 Luglio 2009
Dopo il caso Raymond Carver/Gordon Lish (l’editor che praticamente ha creato lo stile di Carver conosciuto fin ora), sulla rivista web Il primo amore un articolo di Carla Benedetti (docente di letteratura italiana contemporanea  all’Università di Pisa) ha aperto una discussione sulla figura dell’editor: colui che, per professione, interviene sul testo dell’autore per adattarlo in sostanza alle esigenze di mercato. Qui metto i link agli articoli che fino ad oggi hanno animato la discussione:
http://www.ilprimoamore.com/testo_1522.html
http://www.ilprimoamore.com/testo_1528.html
http://www.ilprimoamore.com/testo_1531.html
http://www.ilprimoamore.com/testo_1532.html.
Devo confessare che non ho alcuna simpatia per gli editor. Una volta, come fa notare Carla Benedetti, c’erano all’interno delle case editrici figure redazionali che si prefiggevano di emendare il testo da errori, grammaticali, sintattici, e cose di questo tipo, senza entrare – come scrive la Benedetti – nella scatola nera e modificare spesso il contenuto se non addirittura il significato del libro, come fanno gli attuali editor.
Molti autori,  allo scopo  di raggiungere la pubblicazione, vi si sottomettono.
Mi domando se, Â Â pur ottenendo il loro consenso, Â sia legittima una tale operazione.
Credo di no. Essa fa torto alla creatività e conduce alla omologazione.
E’ come se ci trovassimo in mezzo ad una dittatura e i media fossero costretti a pubblicare grosso modo le stesse notizie, che una redazione centrale prepara secondo i desideri del regime.
Se si sostituisce regime con la parola mercato, ci troviamo di fronte ad un fenomeno del tutto simile e del tutto deprecabile.
Sono convinto che pochi romanzi letterari del nostro tempo, almeno qui in Italia, a partire dal momento in cui si è affermata la figura dell’editor, siano destinati a sopravviverci.
Un’opera narrativa è frutto di un momento di creatività , è una nascita che può essere emendata solo della placenta che ha custodito l’idea ispiratrice: ossia di quei piccoli errori che non alterano in nessun caso la fisionomia e il proposito dell’opera.
Pensate ad un bambino nato con una sua precisa fisionomia, sottoposto alle cure modificatrici di un chirurgo estetico, che gli dà un altro aspetto, che può essere perfino agli antipodi del primo.
Che cosa diventa quel bambino? Che cosa diventa quell’autore?
Si potrebbe opporre: ma se l’autore dà il suo consenso, non si compie nessun reato e l’intervento dell’editor è più che legittimo.
Ma qui l’illecito non lo si compie nei confronti delll’autore consenziente, bensì nei confronti della sua creatività , nei confronti del dono che possiede, nei confronti della sua capacità specifica di partorire una propria creatura.
Lo si fa, ossia, all’arte, che viene tramortita, piegata e condannata a lungo andare alla sterilità .
Questo è l’illecito che compiono gli editor. Materializzano la creatività riducendola a prodotto di mercato. E con ciò ipotecano, senza averne alcun diritto, e ridimensionano, il futuro dell’artista, facendo in modo che egli resti sempre una crisalide senza mai più trasformarsi in farfalla.
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Commento by Felice Muolo — 20 Luglio 2009 @ 16:43
Gli editori medi o piccoli con cui ho pubblicato finora hanno avuto mano leggera sui miei testi. Per cui, nessun lamento. Devo aggiungere però che ho girato al largo da un grosso editore che voleva pilotare la mia creatività . Quindi, il problema esiste.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 21 Luglio 2009 @ 08:46
Anche a me accadde per La scampanata. L’editore mi chiese se potevo sviluppare nel romanzo il tema delle corti, che considerava interessante. Condivisi la proposta e nella stessa giornata la esaudii.