Le insinuazioni su Schifani21 Novembre 2009 Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha appena finito di esprimersi l’altro giorno a favore di elezioni anticipate nel caso di dimissioni del governo Berlusconi – contrastando opportunamente l’ambiguità del suo collega Gianfranco Fini (che l’antifona la deve aver capita, mi pare) -, che Il Fatto Quotidiano, come un orologio svizzero, ha cominciato ad indagare su di lui. Fini ormai può stare tranquillo e può dire tutto ciò che vuole. Tanto a proteggerlo c’è il Soccorso Rosso. Sembra che ormai tutta l’opposizione confidi in lui, e si siano messe in atto tutte le misure possibili per neutralizzare i suoi oppositori. Fini potrà così rendersi conto che ha scelto la parte più forte del Paese, quella che ha in mano i veri ingranaggi del potere, e continuare su questa strada, molto più sicura. Ed ecco l’articolo che spara come un archibugio del Cinquecento, ma il botto lo fa lo stesso. Vi si legge: “Il pm di Palermo Domenico Gozzo ha aperto un fascicolo generico, senza indagare Schifani, per le accuse di Lo Sicco. Ma ha ritenuto che non ci fosse nulla di rilevante.” Non bastando, ieri il quotidiano è tornato alla carica (qui), ma si premura di scrivere (il grassetto è mio): “Renato Schifani, il presidente del Senato, la seconda carica dello Stato, prima di entrare in politica e almeno sino a otto anni fa, aveva tra la clientela del suo studio legale palermitano molti personaggi processati e spesso condannati per fatti di mafia. Non è un reato, ma è un fatto su cui sarebbe utile aprire una riflessione.” Che equivale nei media, quell”aprire una riflessione’, all’avviso di garanzia spedito dalla magistratura. O a una minaccia, fate voi. Ci si risentì a suo tempo delle insinuazioni del Giornale su Fini, perché non ci si risente ora su queste ancora più gravi insinuazioni, già vagliate e scartate dalla magistratura? E’ il solito doppiopesismo. Ora, io chiedo al lettore se è questo un Paese normale, come l’avrebbe voluto D’Alema con quel suo libro di una quindicina di anni fa dallo stesso titolo. Questo è un Paese vigliacco. Si torna a mettere al rogo le streghe. C’è un’Inquisizione laica, che vuole emulare e forse superare quella celebre di Torquemada. Vedrete che spunterà presto qualcuno che ha sentito dire da uno che ha sentito dire da un altro che ha sentito dire, e così via, che a far fuori Paolo Borsellino, non solo è stato Silvio Berlusconi (obiettivo a cui anela la procura di Palermo) ma anche Renato Schifani, il “senatore di Corleone”. Ci vuole poco a fabbricare un pentito. In Italia, sia a destra che a sinistra, si deve riconquistare quell’etica professionale andata smarrita, anzi messa sotto i tacchi. Senza prove non si può né condannare, e neppure insinuare. La libertà di stampa non è affatto la libertà di insinuazione. Perché l’insinuazione oggi equivale a una condanna: significa, nel nostro caso, ad esempio, lasciare intendere che Schifani è colluso con la mafia. Se lo è, si devono esibire le prove, nuove prove, visto che le altre prodotte davanti al giudice Gozzo sono state giudicate irrilevanti. Non si può né si deve agire per insinuazioni. Questa è vigliaccheria. E’ peggio che fare la spia. I tedeschi (pensate, i tedeschi di Hitler) si avvalevano delle spie, ma le disprezzavano come facenti parte di una sotto umanità . E la spia rivelava un fatto vero. L’insinuazione è ancora più spregevole, giacché non si appoggia alla verità , ma quasi sempre alla menzogna. Articoli correlati“Il prossimo ‘scoop’? Il premier mafioso” di Alessandro Sallusti. Qui. Schifani querela Spatuzza. Qui. Letto 1517 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||