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Le riforme arriveranno?

18 Febbraio 2012

Devo confessare (ma per la verità l’ho scritto tante volte) che il mio interesse in politica, quella di casa nostra, è dovuto in gran parte al desiderio di veder realizzate alcune riforme necessarie a rendere il nostro Paese all’altezza dei tempi e soprattutto delle democrazie più avanzate, tutte molte più snelle ed efficienti della nostra, gravata da elefantiasi e paralisi ad ogni livello.

La mia simpatia per Silvio Berlusconi derivava dall’aver trovato in lui l’uomo che poteva mandare in porto un tale percorso già zeppo di tentativi e di fallimenti.
Non è stato così. Per tanti motivi, soprattutto per alcuni tradimenti, primo fra tutti quello di Fini, l’obiettivo è stato mancato.
La Storia ce ne spiegherà col tempo le ragioni, e potremo guardare agli uomini che hanno agito in questo periodo con più discernimento.

Ma già da ora possiamo sostenere che l’avvento di Silvio Berlusconi ha reso evidente tutto il marcio che la nostra repubblica era venuta accumulando sin dalla sua fondazione, marcio dovuto alla corsa smodata e folle verso il potere, che ha caratterizzato le giovani e inesperte forze politiche uscite da una lunga dittatura.

Gli italiani hanno potuto vedere esposte in superficie tutte le magagne e le incrostazioni che hanno consolidato in tutti questi anni posizioni di potere e di privilegio dure ad arrendersi e pronte a giocarsi il tutto per tutto. Come è stato con l’uomo Berlusconi, contro il quale si sono scagliate, manifestamente o occultamente, quasi tutte le Istituzioni che contano del nostro Paese.

Tra queste la magistratura, che ha temuto l’avvicinarsi del tempo della resa dei conti a suo danno, e perciò ha reagito con tutti gli enormi e assurdi poteri di cui è venuta in possesso con la complicità e la colpa di molti.
Ciò che sta accadendo presso il tribunale di Milano è il colpo di coda avvelenato con cui si tenta di cancellare dalla politica l’uomo che più di altri ha puntato il dito contro una magistratura che non solo è uscita fuori dal seminato ma ha accumulato poteri tali che la rendono più forte dello stesso parlamento.

Se non altro a Berlusconi si deve ascrivere questo merito. L’essere riuscito con la sua presenza e la sua politica a mostrare agli italiani il marcio che ha devastato e sta devastando ancora di più la nostra democrazia, è   pregio notevolissimo, che molti non evidenziano abbastanza, e che invece sarà destinato a marcare positivamente la sua esperienza politica.

Non è forse a causa delle sue battaglie che oggi sembra avviato il percorso riformatore?
Ho letto con piacere che si stanno delineando intese importanti tra i maggiori partiti e che fra una quindicina di giorni avremo il testo definitivo dell’intesa raggiunta che, presentata in parlamento, sarà destinata a procedere celermente sostenuta da una maggioranza pressoché plebiscitaria.
Ci spero.

Forse non sarà il meglio che si poteva ottenere, ma se pensiamo agli ostracismi che avevano impedito finora ogni movimento, dobbiamo riconoscere che se il risultato verrà conseguito esso sarà storico.
Allora anche la pausa del governo tecnico potrà dirsi benvenuta. Essa ha consentito cioè ai maggiori partiti di distrarsi dal presente per guardare al futuro, ossia ad un’Italia non più prigioniera di se stessa e della sua arrugginita architettura.

Scrivo questo, secondo quella antica massima che vuole che anche dal male possa uscire del bene.
Nessuna ragione infatti potrà mai giustificare il modo in cui si è arrivati a questo governo tecnico. Nessun machiavellismo lo potrà mai assolvere.
Quanto accaduto ha dimostrato in modo palese che la nostra repubblica è ancora giovane e per questo immatura, e che il cammino liberatorio iniziato con la fine della guerra non è affatto compiuto.

P.S. Ho parlato di nemesi tante volte. Ed eccola in azione nei confronti della Germania, con lo scandalo che ha portato alle dimissioni ieri del suo capo di Stato. Questa volta non mi voglio esprimere direttamente, ma con le parole che oggi Sergio Romano scrive sul “Corriere della Seraâ€:

“Ma nel modo in cui i tedeschi hanno trattato l’affare (si riferisce alla Grecia) vi è stata una arroganza che nascondeva un sentimento di superiorità. Un bagno d’umiltà favorirebbe la soluzione della crisi greca e renderebbe l’aria dell’Europa più respirabile.â€

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Altri articoli

“Ora Angela Merkel scopre che anche i tedeschi rubano” di Francesco Cramer. Qui.

“L’etica del rigore, in casa e fuori” di Gian Enrico Rusconi. Qui.

“E ad Atene sfilano in strada i partigiani anti-nazisti” di Simona Verrazzo. Qui. Da cui estraggo:

“In Grecia le proteste contro il piano di austerity del governo di Lucas Papademos si trasformano nell’occasione per mostrare al mondo l’odio ormai dilagante che Atene ha verso Berlino, con bandiere uncinate bruciate, slogan con frasi come “Occupanti tedeschi†o “Quarto Reichâ€, poster che raffigurano la cancelliera Angela Merkel con la divisa nazista.”

“Solidarietà non Euroincubo” di Mario Sechi. Qui.

“E Berlino perde la faccia” di Marlowe. Qui. Da cui estraggo:

“Certo, c’era, e c’è ancora, la legittima insofferenza dei contribuenti renani a non sobbarcarsi i debiti del Club Med. Problema che peraltro era stato messo in subordine venti anni prima, quando il prezzo dell’unificazione con l’Est fu scaricato non solo sui tedeschi dell’Ovest, ma sull’Europa intera. E se paragoniamo i costi del 1990 con quelli dell’intero debito greco qualcosa non torna: 1.500 miliardi di euro allora (stimati dall’Università di Berlino), 300 miliardi oggi.”

“Un tempo i problemi di consenso interno si risolvevano con le guerre; adesso sempre con le guerre, ma finanziarie. Tra le armi non convenzionali di questi conflitti, si è affermata in particolare quella di sostituire governi regolarmente eletti (magari incapaci: ma chi dovrebbe giudicarli se non i loro elettori?) con esecutivi tecnocratici di fiducia di Berlino. Ulteriore affinamento di questo strumento è la pretesa di ottenere garanzie scritte su programmi e governi futuri in caso di elezioni, prima ancora che si aprano le urne.”

“Angela, che figura di Merkel” di Maurizio Belpietro. Qui.

“Meno seggi ma anche meno soldi” di di Francesco Damato. Qui.

“La strana diversità delle tangenti rosse” di Filippo Facci. Qui.

“Le lacrime di coccodrillo di Tonino” di Filippo Facci. Qui.


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Bart