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“Legenda aurea”: San Nereo e sant’Achilleo

18 Marzo 2022

(Estratto da Jacopo da Varazze: “Legenda aurea”. Curatori e traduttori dal latino Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone. Editore Giulio Einaudi)

La “Legenda aurea” è un’opera del XIII secolo, a cui hanno attinto molti artisti. Ancora oggi la si legge con molto interesse. Ci narra la vita di numerosi Santi, raccontando fatti che pertengono più alla leggenda che alla storia. (bdm)

Nereo e Achilleo erano due eunuchi, valletti di Domitilla, nipote dell’imperatore Domiziano; furono battezzati da Pietro apostolo. Domitilla era stata promessa in moglie ad Aureliano, figlio di un console, e già era vestita di gemme e di vesti di porpora, quando Nereo e Achilleo le predicarono la fede, e le fecero in mille modi gli elogi della verginità, spiegandole che la verginità è vicina a Dio, è sorella degli angeli, innata negli uomini, mentre invece la moglie sta sotto il marito, è presa a pugni e a calci, spesso dà alla luce parti deformi; e in più, quando una donna ormai incomincia a mal sopportare le sollecite raccomandazioni della madre, viene a trovarsi costretta a subire violenti insulti da parte del marito. Ella cercò di rispondere, e tra l’altro disse:
– So che mio padre era un tipo geloso, e che mia madre subì per questa ragione insulti di ogni specie. Sarà così anche mio marito?
Essi le risposero:
– Finché sono fidanzati gli uomini si mostrano dolci: ma dopo il matrimonio si trasformano in padroni crudeli; spesso preferiscono le serve alle mogli. La santità perduta può però essere recuperata del tutto con la penitenza: soltanto la verginità non può essere ricostituita.
Flavia Domitilla allora, per giungere allo stato della santità originaria, credette, fece voto di castità e ricevette da san Clemente il velo delle vergini. Quando il suo promesso sposo fu messo al corrente di tutto questo, ottenne da Domiziano il permesso di relegare Domitilla, Nereo e Achilleo nell’isola di Ponza, sperando con questo di farle cambiare proposito. Passò un po’ di tempo e andò lui stesso all’isola e cercò, promettendo grandi doni, di convincere i due santi a far desistere la vergine Domitilla: ma essi rifiutavano, e anzi ancor più la spingevano a essere fedele al Signore. Perciò furono portati a sacrificare, ma dissero che in nessun modo lo- ro, che erano stati battezzati da Pietro, potevano immolare agli idoli. Cosi furono decollati, verso l’80, e i loro corpi furono deposti presso il sepolcro di Petronilla. Gli altri (cioè Vittorino, Eurice e Macrone), di cui Domitilla era seguace, furono messi a lavorare nei poderi di Aureliano, che ogni sera faceva dar loro della crusca da mangiare. Infine egli fece picchiare Eurice fino alla morte, fece asfissiare Vittorino nei miasmi, e schiacciare Macrone sotto un macigno: quando gli rotolarono addosso quel masso i he settanta uomini potevano a stento smuovere, egli se lo prese sulle spalle e, come se fosse stato di paglia, lo portò per due miglia: molti per questo credettero, e allora il magistrato lo fece uccidere. Dopo questo Aureliano fece rientrare Domitilla dall’esilio, e fece andare con lei due vergini, sue compagne d’infanzia, Eufrosina e la sua sorella di latte Teodora, per smuoverla: fu viceversa Domitilla a convertire loro alla fede. Allora Aureliano fece venire con sé i promessi sposi delle due giovani, accompagnato da in saltimbanchi, per celebrare le sue nozze, e poi sottoporla con la violenza alla sua volontà. Ma Domitilla convertì i due giovani. Allora Aureliano fece entrare Domitilla nel suo talamo e fece cantare i saltimbanchi, e fece ballare tutti gli altri con sé, con l’intenzione di violentarla subito dopo. Ma i saltimbanchi, spossati dal canto, e gli altri esausti per il gran ballare, svennero. Non rimase che lui, e danzò per due giorni senza interruzione, sinché, spossato, morì. Lussorio, suo fratello, ottenuto il permesso, uccise tutti quelli che si erano convertiti e incendiò gli alloggi delle vergini, che morirono in preghiera. San Cesario la mattina trovò i loro corpi illesi e li seppellì.


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Bart