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LEGGENDE: Il Volto Santo

14 Settembre 2018

di Bartolomeo Di Monaco

Nei disegni di Giovanni Sercambi, il novelliere lucchese vissuto nel 1300, la città di Lucca appare stretta e turrita all’interno delle sue mura. Dà la sensazione di una gemma che si possa contenere nel palmo di una mano. E così è ancora. Giunti sulla circonvallazione si è colpiti dalla maestà della rossa cinta muraria, adornata di alberi che le dànno il volto di un’aggraziata signora; si entra e s’incontrano presto le sue strette viuzze selciate, si vedono i tetti delle case che si toccano, si ammirano le piazze che all’improvviso si aprono davanti a noi, tutte colme di incanto. Non si fa in tempo a misurare la calda e profonda bellezza che ci avvolge, che Lucca è già stata da noi tutta percorsa.

Chi vi capiti a bella posta nel mese di settembre ha fatto la scelta migliore, giacché è in questo mese tra l’estate e l’autunno che la città si veste nella maniera più sgargiante e ci innamora. Per le straducole c’è il via vai dei forestieri provenienti da ogni parte, si ode il cicaleccio vivace, nelle chiese s’incontrano torme di pellegrini, e se si entri nella bella Cattedrale, sotto le ombre delle sue volte piene di stelle, ecco che siamo giunti nel cuore della città, dove è gelosamente custodito il Volto Santo, il re dei Lucchesi. La sua storia è antica, viene da lontano e si narra di Nicodemo che volle scolpirlo, ma non sapeva disegnare il volto, ed allora accorse in suo aiuto un angelo, e quello che si vede, con gli occhi dolorosi e grandi, è il volto scolpito dall’angelo. Quel crocifisso che ha indosso una veste, e non appare nudo come nei soliti crocifissi, vagò per mare, in mezzo ad un tempesta e giunse finalmente alla città di Lucca, su di un carro trainato da una coppia di buoi candidi. Qui vi dimora da quel tempo, custodito e vegliato. E da quegli anni il popolo lucchese lo celebra con una processione ormai millenaria che si svolge per le strade della città la sera del 13 settembre, la vigilia della festa universale della Santa Croce.

Ma noi dobbiamo ritornare indietro nel tempo, ad un 13 settembre molto lontano, per raccontare una storia oggi dimenticata.

Erano gli anni subito successivi alla peste del 1631. In una casa della città, posta proprio all’ultimo piano, viveva un’umile famiglia composta da padre, madre e due figlie, la più grande delle quali era inferma sin dalla nascita. Per questo i genitori, pur trepidanti, avevano voluto una seconda figlia, per sgravare il dolore e dare alla sventurata una compagnia che le alleviasse le sofferenze del vivere.

E infatti Marta e Verginia crescevano non separandosi mai l’una dall’altra. Marta, l’inferma, trovava riflessa nella sorella la vita che non poteva vivere, e Verginia nutriva per Marta un amore che non aveva niente a che vedere con la pietà. Ne amava il sorriso e l’intelligenza pronta, sempre indirizzata alle cose belle della vita. I giochi erano il loro passatempo preferito, ma anche la conversazione e i momenti di riflessione trascorsi insieme costituivano parte importante della loro giornata. In questo modo i genitori lenivano il proprio dolore e benedicevano Dio di aver loro concesso la piccola Verginia. Quando la sera le due bimbe si addormentavano, essi indugiavano nella loro stanza ad ammirarle, e spesso si raccoglievano in preghiera. Chiedevano a Dio che facesse il miracolo della guarigione di Marta, poi si pentivano dei loro pensieri e si consolavano immaginando che la nascita di Verginia era stata il regalo di Dio.

C’era però un giorno in cui Marta e Verginia stavano separati per delle ore, ed era la sera della Luminaria, la processione del 13 settembre. Con Marta restava la madre, e il padre e Verginia uscivano insieme e andavano in piazza San Michele, dove si mettevano ad attendere la processione che, proveniente dalla Basilica di San Frediano, si dirigeva verso la Cattedrale, dove, nel tempietto del Civitali, è custodito il crocifisso del Volto Santo. Andavano poiché l’indomani Marta voleva saper tutto della processione, e Verginia ogni anno sapeva raccontare così bene che a Marta pareva di esserci stata anche lei. Durante il racconto non poche volte spalancava gli occhi per la meraviglia e la gioia. Verginia raccontava della grande Croce fiorita, che, insieme con lo stendardo raffigurante il Volto Santo, apriva la processione, formata   da migliaia di garofani di colore bianco e rosso; poi descriveva le vesti (“le cappe”) delle molte confraternite fino a quelle più antiche di San Tommaso in Pelleria, della Misericordia e di San Frediano; tratteggiava gli stemmi e i lampioni, alcuni veramente di notevole fattura, che distinguevano le varie confraternite. Raccontava dei canonici con la mantelletta violacea che precedevano l’arcivescovo benedicente, e dei carabinieri in alta uniforme che gli camminavano a fianco. Qualche volta a Marta sgorgava una lacrima e Verginia se ne accorgeva.

– Non sei contenta, Marta?

– Oh sì, tanto.

– Ci sono qua io. Non è come se tu ci fossi stata? Non sono stata brava a raccontare?

– Sì – diceva lei, cercando di nascondere il pianto.

– Poi sono venute le bande, e sentissi che suoni! I tamburi poi, quando sono passati davanti a me, mi sono tappata le orecchie. Ma era tutto così bello…

Verginia intuiva che nonostante cercasse di rendere allegra l’atmosfera della festa, la sua stessa gioia si riverberava nella sorella con una vena di tristezza.

– Oh come vorrei esserci stata anch’io! – le scappò detto a Marta ancora una volta, dopo che lo aveva espresso anche negli ultimi anni passati.

E Verginia avvertiva un dispiacere che la faceva sentire inutile. Durante tutto l’anno Marta era contenta di lei, ricercava la sua compagnia, non si lamentava mai. Era dolce vederla gioiosa nella sofferenza. Verginia l’ammirava per questo, perché avvertiva che vi era qualcosa di straordinario nella sorella, che sapeva vincere quella disgrazia dell’infermità assoluta, a cui lei non riusciva a pensare, talvolta, senza uno smarrimento. Ma quando raccontava della Luminaria, ogni volta Marta aveva quel momento di tristezza e si lasciava scappare quel desiderio impossibile. Esso entrò così nel cuore di Verginia come una ferita che la mortificava. Avrebbe tanto desiderato soddisfare la sorella, ma come? Non la si poteva certo trasportare in barella lungo le strade della Luminaria! Ci pensava, però! Ma quando ne parlava coi genitori, questi le dicevano papale papale che non era possibile, che era una vera pazzia.

E allora Verginia non vide aprirsi davanti a sé che una strada, recarsi dal Volto Santo e chiedere direttamente a Lui di esaudire la sorella maggiore. Ma volle fare di più. Ogni mattina, per un intero anno, si recò in Cattedrale e si inginocchiò davanti al crocifisso nero.

Non nascose alla sorella la sua intenzione, e quando Verginia usciva di casa, Marta rivolgeva anche lei le sue preghiere a Dio.

Non accadde subito il miracolo. Trascorsero vari anni, e Verginia non interruppe mai quelle sue visite al Volto Santo. Insieme con la sorella diventava grande, signorina, eppure non perdeva il coraggio e la fede. E così pure Marta. Lo avevano svelato anche ai genitori il loro segreto, i quali guardavano con malinconia uscire Verginia al mattino. Sapevano che al mondo c’erano tanti casi come quello di Marta, e che appartenevano tutti ad un disegno di Dio. Impossibile quindi il miracolo. Quella era la sofferenza che era toccata alla loro famiglia, dovevano sopportare fino in fondo e cogliere come fiori di rara bellezza le piccole gioie che ne scaturivano. Come l’affetto straordinario che legava le due sorelle, o l’amore che teneva unita la loro famiglia.

Ma l’anno del miracolo arrivò.

La processione partiva come sempre verso le ore 20. Si era nel pomeriggio inoltrato, intorno alle 17. Verginia raccontava alla sorella ciò che avrebbe fatto per prepararsi alla festa. Come si sarebbe vestita, come avrebbe convinto il babbo a vestirsi, i dolci che avrebbe portato a casa, le cialde e le noccioline soprattutto. E descriveva piazza San Michele piena di gente.

– Se ci riesce, staremo sotto le arcate di Palazzo Pretorio, come gli altri anni. Da lì, grazie alla scalinata, riesco sempre a vedere tutto. Ma bisogna arrivare in tempo, sai, perché tutti vorrebbero stare lì.

– Allora vai, fai presto. Stai dietro al babbo, vedi se è pronto.

Verginia uscì col padre. Alle 20 la processione si avviò puntualmente dalla Basilica di San Frediano e cominciò a scorrere per le strade. Da via Fillungo girò verso via Roma, si sentivano i suoni delle bande musicali; quando un angelo entrò nella camera di Marta.

– Sono venuto a prenderti – disse.

– Ti manda Gesù? – domandò Marta, che aveva capito.

– Vuole che tu sia là, insieme con tua sorella, a vederlo passare effigiato nel grande stendardo. E poi dovrai recarti in Cattedrale, poiché vuole vederti in mezzo alla gente, e che tu passi davanti a lui, come fanno tutti gli altri, e giunto ai suoi piedi, davanti al calice che regge la sua scarpetta argentata, vuole che tu gli mandi un bacio.

– Ma come posso andare? Mi porterai tu in braccio?

– Ti accompagnerò, sarò invisibile dietro di te, ma tu camminerai con le tue gambe. Alzati e vai a chiamare tua madre. Andrete insieme.

Tutto ciò accadde tanti anni fa, e la memoria degli uomini lo ha dimenticato. Nessuno ricorda Marta e Verginia, e nessuno rammenta più ciò che l’angelo promise a Marta quel giorno in nome del Volto Santo, e cioè che, se qualcuno ha avuto tanta fede da credere in un miracolo, la sera della Luminaria esso si avvera.

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Qui: Il tesoro del Volto Santo

 


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart