LEGGENDE: L’arcangelo Michele, San Frediano e il fiume Serchio10 Settembre 2019 di Bartolomeo Di Monaco Anche sulla vicenda del fiume Serchio, il cui corso – così ci è stato tramandato – fu deviato da San Frediano, vescovo di Lucca nel VI secolo, c’è lo zampino dell’arcangelo Michele, la cui statua imponente, collocata sulla cima della chiesa che porta il suo nome, domina la città , vigilando su di essa come una sentinella. Da tanto tempo l’arcangelo Michele aveva messo il broncio con il Padreterno, che a tutto pensava fuorché a proteggere la città di Lucca dai capricci del suo fiume. Tutte le volte che l’arcangelo gliene parlava, Dio rispondeva: «Sono ben altre le cose che mi preoccupano. Tu, poi, non fai che pensare a Lucca, e di tutto il resto che capita nel mondo poco ti importa. » Ma – insisti oggi e insisti domani -, il Padreterno, avendo un cuore anche lui, ecco che un giorno cede e, lisciandosi la barba bianca, gli dice: «E va bene. Vediamo di finirla con questo ritornello. Dimmi che vuoi e ti accontenterò. » «Il Serchio… », cominciò a dire San Michele. A questo punto, Dio emise uno sbuffo, si toccò la barba e intimò con tono imperioso: «Vedi di sbrigarti a parlare o taci per sempre! » Naturalmente l’arcangelo Michele parlò, poiché, quando si trattava del bene di Lucca, non si faceva scrupoli e sapeva radunare tutto il suo coraggio e la sfacciataggine di cui era capace: strabuzzasse pure gli occhi il Padreterno, ma lui non ne aveva timore e andava fino in fondo e, proprio grazie a queste sue qualità , otteneva sempre ciò che voleva. Si dava il caso che in quei tempi il Serchio si fosse incapricciato e un anno no e due sì, straripava e spargeva miseria e sofferenza a più non posso. Molte famiglie, che a fatica avevano messo da parte un po’ di provviste per l’inverno, se l’erano viste rapinare dall’acqua, che le aveva trascinate via, sparse dappertutto, e distrutte. Un anno c’erano state perfino delle vittime; una di queste era una bambina. E fu proprio la morte di Annetta a convincere San Michele che ormai non c’era più tempo da perdere e bisognava armarsi di coraggio e affrontare il Padreterno. Andasse come andasse, lui doveva adoperarsi per il bene di Lucca, e se poi il Padreterno se la fosse presa a male e lo avesse anche brontolato, pazienza. Così, si fece forza e disse al Signore: «C’è un religioso molto pio, che osservo da qualche anno e mi pare la persona giusta per ciò che voglio fare. Si chiama Frediano. Per la verità vive un po’ lontano da Lucca… » «E dove? », domandò il Padreterno. San Michele disse di sì, per lasciarlo contento, e anche perché sapeva bene che Dio non avrebbe mai respinto, anche in futuro, una sua richiesta, tanto gli voleva bene. Dio sembrava burbero all’apparenza, con quella sua barba fluente, ma aveva il cuore tenero e quando diceva no, bastava insistere un po’ perché dicesse sì. Il monaco Frediano se ne stava tranquillo in Irlanda, quando (e noi sappiamo perché) gli venne la voglia di fare un pellegrinaggio a Roma. Sulla via del ritorno, si ferma sui monti Pisani in eremitaggio, decidendo di restarsene lì a pregare e a fare del bene. Presto si sparge la voce che è un santo e i Lucchesi, che sono sempre svelti a fare il loro interesse, ecco che lo vogliono vescovo della loro città . Siamo intorno all’anno 560 o 566. L’arcangelo Michele seguiva gli avvenimenti minuto per minuto ed era contento, poiché ciò che accadeva era frutto della sua volontà . Naturalmente, si rese conto assai presto delle bizzarrie del fiume. Gli sventurati che avevano visto devastate le proprie piantagioni e allagate le case bussavano alla sua porta per chiedere aiuto. Siamo arrivati intorno all’anno 575: ancora una volta il Serchio ha seminato sofferenze e sciagure. Non si fa vedere, è invisibile, come sono di solito gli angeli, a meno che non vogliano mostrarsi agli uomini. Si mette al suo fianco e gli fa venire in mente il Serchio e i disastri che sta facendo, ed è così bravo ad insinuargli i propri pensieri che una mattina il vescovo esce dal suo palazzo e si dirige alla volta del fiume. Ha in mano un rastrello e gli è balenata l’idea che con quello possa fare qualcosa di portentoso. Il lettore sa bene chi gli ha messo in testa l’idea e in mano il rastrello; e infatti, San Michele continua a stargli a fianco, invisibile. Di fronte a loro è il fiume; è gonfio e si intuisce che prima o poi tracimerà , tornando a fare gravi danni ai poveri Lucchesi. Il vescovo sta lì, con il rastrello in mano, e infine, come spinto da un impulso misterioso, si mette a tracciare un solco sulla riva del fiume. Disegna un percorso. Ha raffigurato anche la città , e ha provveduto a mettere una nuova e più sicura distanza tra essa e il fiume. Lui non sa, ovviamente, che il rastrello è mosso dalla mano dell’arcangelo Michele, che l’ha posata su quella del vescovo e la guida. Di lì a poco il fiume, con uno spettacolare balzo, esce dal suo alveo e entra in quello disegnato da San Michele attraverso la mano del vescovo. Grazie a ciò, Lucca fu risparmiata nei successivi secoli dalle gravi sciagure che l’avevano tanto a lungo perseguitata, anche perché i Lucchesi non risparmiarono forze e denaro per tenere sotto controllo il fiume. Di denaro ne spesero così tanto che fu coniata un’espressione che si diffuse anche fuori del loro territorio e che si usa ancora oggi, ogni volta che si è spesa una cifra enorme e sproporzionata: “Costò quanto il Serchio ai Lucchesi”. Lucca ricorda la deviazione del fiume come il miracolo di San Frediano. Noi però sappiamo, a questo punto, che se il Serchio non è più terribile e capriccioso come un tempo, lo si deve al protettore della città , l’arcangelo Michele. Fu lui che disegnò il nuovo percorso, servendosi di un uomo pio, intraprendente e generoso, venuto da tanto lontano. Letto 822 volte.  Nessun commentoNo comments yet. 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