LEGGENDE: L’oca fatata
17 Settembre 2007
di Paolo Fantozzi
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Sono già trascorsi tanti anni da quando la signora Gina aveva un’oca fatata. La sua era l’ultima casa in cima alla collina, proprio là dove vasti prati interrompono il bosco in modo che il vento possa correre più veloce.
La casa non era molto grande, ma aveva un’aia spaziosa davanti e una bella siepe la separava da un orto sempre curato e ben coltivato per buona parte dell’anno. In quella piccola casa di pietra, la signora Gina abitava da sola con suo marito. I figli se ne erano andati da tempo e l’unica compagnia dei due coniugi ormai anziani era un vecchio gatto e qualche gallina che razzolava libera fra la vecchia rimessa e i prati dietro la casa.
Un giorno Gina trovò davanti al cancello dell’orto tre uova. Le raccolse, le portò in casa e preparò una cassetta di legno che riempì di vecchie coperte. Poi ce le depose; le coprì per bene e accese un bel fuoco. Lo caricò di legna e vegliò quelle uova per tre giorni e tre notti. All’alba del quarto giorno un uovo si ruppe e ne fuoriuscì un piccolo papero, così gracile e così esile che chiunque avrebbe detto che non sarebbe vissuto più di un giorno o due. Gina pensò di ucciderlo subito, ma suo marito le disse: “Non si deve uccidere quello che Dio manda”. Così la povera donna se lo prese ancor più a cuore e, considerando che le altre due uova non si erano aperte, pensò che quel papero dovesse essere particolare, perché nonostante il suo misero aspetto continuava a crescere. E divenne un giorno una bella oca dal portamento elegante e fiero, lo sguardo profondo e intenso e seguiva sempre Gina ovunque andasse. Viveva in casa con loro e sembrava proprio comunicare con i due anziani in modo strano e misterioso: alzava una zampa e poi l’altra se era contenta, piegava il collo ai rimproveri e apriva il becco ai complimenti. Ma l’oca aveva negli occhi un potere soprannaturale grazie al quale riusciva a trasmettere alla sua padrona delle facoltà particolari che non possedeva prima e che non erano comuni alle altre persone. In poco tempo Gina si rese conto che grazie alla sua oca poteva ricevere un’energia che la metteva in grado i guarire gli altri da certi disturbi. L’oca la rese capace di trovare vene d’acqua, di togliere il malocchio, segnare i porri e alleviare i dolori fisici.
In poco tempo la piccola casa di pietra in cima alla collina tornò a rianimarsi e la gente contenta saliva lassù per vedere l’oca, ormai considerata da tutti una fata, e farsi aiutare da Gina che riusciva misteriosamente a risolvere i problemi di tutti, a ristabilire la concordia e a risollevare lo spirito di quelle persone che salivano lassù affrante e scoraggiate.
Quando la gente tornava a casa raccoglieva per terra qualche piuma che custodiva gelosamente perché non apparteneva ad un’oca qualunque, ma ad un’oca fatata. E quelle piume sembravano portare fortuna davvero perché proprio per magia la gente guariva, ritrovava la felicità , insomma: ottenevano proprio quello che volevano.
Un giorno di tarda estate, un gruppo di uomini con dei bastoni salì sulla collina per uccidere l’oca fatata. Erano stati informati della presenza di questo animale che riusciva a far fare miracoli alla sua padrona e per gelosia, o per qualche loro losco interesse, volevano uccidere l’animale. Si presentarono alla porta di casa chiedendo di poter parlare con Gina. C’era molta gente quel giorno in casa e un uomo gli rispose di aspettare il suo turno. Proprio in quel momento l’oca entrò nella stanza, incominciò a soffiare come un aspide, agitò le ali, emise dei suoni che nessuno aveva mai sentito prima. Poi si avvicinò ai tre uomini come per farli tornare indietro, ma questi l’afferrarono per il collo e tentarono di fuggire. Il vecchio Simone, un uomo grosso e risoluto, li fermò e, afferrando i polsi di uno di quei malfattori, lo costrinse a lasciare l’oca. Ci fu grande agitazione e paura per l’animale; da quel giorno venne tenuto sempre più vicino alla sua padrona e  i poteri magici della donna si intensificarono ancora di più.
Una mattina il prete si presentò alla porta della Signora Gina e le chiese di essere ascoltato. La avvertì di cessare immediatamente tutte quelle diavolerie che stava facendo. La accusò di avere rovinato la coscienza e la rettitudine di gran parte della gente del paese. La invitò a disfarsi dell’oca e redimersi dal tremendo peccato che stava facendo. La povera Gina cominciò a piangere e gli disse che non aveva nessuna intenzione malvagia, che non faceva nessun peccato ad aiutare la gente e che l’oca le aveva portato solo felicità e nessuna ricchezza materiale. Il prete era stato molto severo con lei e se ne andò senza dire altro.
Nei primi giorni di autunno cambiò la luna e nubi di pioggia salirono dal mare scatenando bufere di vento, di acqua e grandine. L’oca era irrequieta e non voleva uscire di casa; sapeva che cosa stava per accadere. I tre uomini infatti tornarono una notte e forzarono la porta di casa. Afferrarono l’oca, la portarono fuori e la uccisero con una pietra. Il povero animale non reagì, tanto era terrorizzato e stupefatto che gente cattiva potesse uccidere proprio lei che era venuta per aiutare tutti.
La mattina Gina trovò la carcassa dell’animale. Pianse e in un momento di rabbia se la prese con l’umanità intera. Con la morte dell’animale la donna aveva perso tutte le sue facoltà magiche e divinatorie. E nessuno salì più sulla collina per vedere l’oca fatata o per incontrare e tenere un po’ di compagnia a quella donna che aveva alleviato tanti mali e tante sofferenze. Solo una donna o due ogni tanto le portavano qualche notizia dal paese e le ripetevano sempre che con la morte  dell’oca anche la concordia e la pace erano scomparse dalla vita della gente e chissà quando sarebbero tornate.
Si dice che le fate siano scese una notte dal monte e abbiano depositato un uovo tutto d’oro alla porta della signora Gina. Ma lei continuò ad aspettare per molto tempo e a cercare un uovo vero da far schiudere per riavere con sé una nuova fata per tenere lontana la cattiveria degli uomini.
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