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LETTERATURA: Domenico Vecchioni: “Tiranni e Dittatori”, ed. Olimpia

18 Luglio 2010

di Gordiano Lupi

Domenico Vecchioni è un diplo ­matico con la passione della scrit ­tura che ha pubblicato interes ­santi saggi storici. Adesso esce con il suo lavoro più interessan ­te, “Tiranni e dittatori” (ed. Olim ­pia). Il volume analizza la figura di alcune dittature africane dell’epoca post coloniale come Bokas ­sa, l’imperatore nero ammirato ­re di Napoleone, e Mswati III re dello Swaziland. Racconta le vi ­cissitudini economiche di Imelda e Ferdinando Marcos, passando per Rafael Trujillo, dittatore affa ­rista di Santo Domingo. Non po ­teva mancare il genocidio cambo ­giano del folle comunismo targa ­to Pol Pot e il massacro sistemati ­co di Idi Amin Dada in Uganda. Un capitolo molto benfatto e ric ­co di interessanti particolari ri ­guarda Franí§ois Duvalier, detto Papa Doc, il dittatore sincretico di Haiti che si spacciava per la reincarnazione terrena di Baron Samedí­, una divinità vudíº, e tra ­sformò una repubblica in monar ­chia assoluta di stampo religioso – superstizioso. Il vudíº e il culto degli zombi assunsero un ruolo mai visto nell’economia della ge ­stione della cosa pubblica. Papa Doc morì giovane, nonostante il patto con i santi africani e lasciò tutto nelle mani d’un figlio inca ­pace – Baby Doc – che pensava sol ­tanto alle grazie femminili. L’ere ­de al trono fu costretto a un esi ­lio dorato, scappò con buona par ­te dei soldi delle casse di Stato e recentemente – per colmo di ironia  si è offerto di tornare ad Hai ­ti per aiutare la ricostruzione post terremoto.

Il capitolo migliore del volume è quello su Fidel Castro e la sua ri ­voluzione tradita, nel quale Vec ­chioni analizza da osservatore di ­retto la realtà di una Cuba tra ­sformata in una monarchia asso ­luta dove vige il culto della perso ­nalità. Fidel Castro è dipinto co ­me un capo famiglia mafioso che gestisce il potere attraverso ami ­ci, parenti e fedelissimi, un uomo che ha designato un erede e si è ritagliato un ruolo da commenta ­tore politico, eliminando ogni ga ­ranzia costituzionale. Il capitolo sulla dittatura cubana racconta la figura di un rivoluzionario che ha spodestato un dittatore inca ­pace come Batista per insediarsi al potere e mantenerlo ancora più a lungo. Il Parlamento della famiglia Castro è un’assemblea inutile che si riunisce due volte all’anno per ratificare decisioni prese in altra sede. Il volume si conclude con Muammar Ghedda ­fi, dittatore arabo di stampo so ­cialista con risvolti religiosi, e con la dittatura irreale di Than Shwe, eminenza grigia che eserci ­ta il potere nell’ombra credendo ­si la reincarnazione di un antico re birmano.

Perché un libro sui dittatori?

«Per un’esigenza di memoria – spiega l’autore. Il ricordo dei dit ­tatori “minori” del XX secolo (nel mio libro non figurano i “gran ­di”) è alquanto sbiadito ».

Perché in Italia sopravvive il mito della Rivoluzione Cuba ­na?

«La Revolucií³n cubana è un mito che sopravvive a se stesso e al suo massimo protagonista. Le speranze di maggiore giustizia sociale, di progresso culturale, di sviluppo economico suscitate dall’entrata trionfale all’Avana dei barbudos il 1Ëš gennaio del 1959, erano così intense e lumi ­nose che molti ancora non riesco ­no ad ammettere che la loro luce si é drammaticamente affievoli ­ta. Furono eliminati gli squilibri sociali più eclatanti, ci si concen ­trò su programmi tesi a sviluppa ­re la salute e l’istruzione pubblica e ne conseguì l’auspicato livella ­mento sociale. Tuttavia si trattò di un livellamento verso il basso. Il regime non fu in grado di pro ­durre maggiore ricchezza da ridi ­stribuire alla popolazione che su ­bì un processo di impoverimen ­to. Nel contempo fiorì una solida borghesia rivoluzionaria che go ­de oggi di privilegi simili a quelli di cui godeva la grande borghesia batistiana ».

Tra i dittatori che ha analiz ­zato quale giudica il più terri ­bile?

«Mi hanno colpito quelli che han ­no oppresso i loro popoli non so ­lo nel fisico ma anche nell’animo, come Papa Doc che diceva di es ­sere una reincarnazione di una divinità sincretica (Baron Same ­dí­) e Nguema, tiranno della Gui ­nea Equatoriale, che aveva con ­vinto i suoi sudditi che sarebbe tornato dall’aldilà sotto le spo ­glie di un’immensa tigre assetata di sangue per vendicarsi dei ne ­mici. La credenza era così radica ­ta che, alla caduta del regime, le nuove autorità non trovarono al ­cun guineano disposto a far par ­te del plotone di esecuzione inca ­ricato di eseguire la sentenza ca ­pitale. Per paura della Tigre… »

(Dal “Corriere Nazionale”)


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2 Comments

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