LETTERATURA: Fabio Strafforello: “Il cristallo delle sensazioni”, Edhèra4 Giugno 2011 Da: “Il cristallo delle sensazioni” Quello che leggerete qui di seguito è uno degli argomenti presenti nel testo sopra menzionato, assieme ad un paio di recensioni, due saggi e un breve racconto che sottoporrò alla vostra attenzione più avanti nel tempo sempre sulla rivista di Bartolomeo. Oltre ai contenuti che vi ho descritto, potrete trovare all’interno del libro i classici aforismi che mi contraddistinguono in questa breve e altalenante attività letteraria. Ho fatto così questa recensione a due cari amici che conosco da svariati anni e che hanno, con passione ed amore reciproco per se stessi e per la natura, creato un manuale a schede tecniche sui volatili della nostra zona della Liguria di ponente, presentandoli ad acquarello nella loro forma variopinta di colori e descrivendoli con estrema sensibilità nelle loro abitudini e nelle forme culturali. Se sarete così interessati a conoscere il suo contenuto, lo potete trovare su questa rivista. Introduzione. Gli errori della storia mostrano all’uomo il suo desiderio di voler dimenticare. Già da quando ero solo che un bambino, vedevo uomini andare contro corrente, rispetto al flusso ordinario degli interessi umani e non capivo perché qualcuno avesse scelto quelle strade tanto difficili e scomode da voler percorrere, talvolta anche da soli, particolarmente faticose ed anche un po’ insidiose. Quando sei giovane le energie che possiedi sembrano destinate al tuo comando per intero e accettare la sfida in qualsivoglia confronto con altri individui o in determinate situazioni, assume il valore di riconoscere alla vita tutta la sua vigoria e la sua straordinaria forza. Col passare degli anni le cose sembrano però cambiare e l’energia si sostituisce al tempo per pensare, per osservare, per ascoltare e nulla ci appare più bello di ciò che è semplice e comodo a colpire il nostro cuore. A quel punto se nessuno di noi non si fosse mai adoperato per evitare la perdita di quei valori di riferimento ed essenziali su cui è basata l’esistenza umana, non rimarrebbe che un deserto da osservare, senza piante, fiori, api… acqua pura da poter bere, animali da poter accarezzare, contrapponendo allo sfruttamento generale, un senso generale di conforto alle nostre debolezze e paure. Se tutti gli uomini seguissero come pecore il loro pastore, non esisterebbe il dubbio di dove farle passare… e se il pastore avesse deciso di terminare la propria vita in un burrone? Coloro che sono senza pensiero felicemente vi vorrebbero andare. Questa è la storia degli uomini, così inclini al piacere, quanto distanti dal desiderio del dispiacere, anche se è solo quello portato a spalle dagli altri, dove per sua stessa natura l’essere umano fugge alla ricerca di quel che appare come felice senza volerlo neanche identificare. L’avvicinarsi dell’alba nasconde fra la stelle la luce nel cielo… dalla penombra qualcuno ha tirato fuori i deboli raggi del sole.
Eternamente grato, per quel sacrificio d’altri uomini che nel donare parte della loro vita, hanno dato vita alla libertà degli altri!
Il rissoso pettirosso e gli altri.
Come in una storia quasi infinita, i colori del pettirosso sono l’espressione di un volto che non cambia mai, ma per un uomo che muta allo sguardo del mondo, qual’ è l’immagine che lascerà a presidiare nel tempo? Per chi vuole lasciare o mostrare ad altri individui alcuni elementi identificativi della propria immagine e del proprio profilo umano e psicologico, occorre esternare, rendere visibili e quindi accessibili le proprie peculiarità, di qualsiasi genere esse siano. Nel campo artistico, in quello pratico o di espressione puramente teorica, il tutto assume il valore di mostrare al mondo il concepimento e la nascita della creatura alla quale si è cercato di dare il massimo delle proprie potenzialità, espressioni e qualità, orgogliosi e particolarmente lieti per un eventuale risultato positivo ottenuto. Saremmo così, dopo questa esperienza, maggiormente stimolati e pronti a ricercare qualche nuova idea che ci consenta di esprimerci e di spingerci oltre quello che abbiamo fatto precedentemente, ampliandone anche i contenuti interiori, oltre a quelli prettamente tecnici, tramite la nostra esperienza e l’impegno che vi dedicheremo. Dall’unione di tanti piccoli sguardi nasce il volto della natura…è il sorriso che la vita regala agli occhi curiosi dell’uomo. I colori della natura sono la natura dell’uomo, quand’egli sappia esprimere le sensazioni che passano dal brivido della vita, alla tinta lasciata dal trascinare di un pennello fra la mano. Il caro Natalino, accanto alla moglie Pierangela, hanno così realizzato il loro primo sapiente lavoro, un libro di circa 150 pagine intitolato: “Il rissoso pettirosso e gli altri,” è un testo ricco di illustrazioni realizzate magistralmente ad acquarello da Lei stessa e integrato da schede riassuntive che contengono vari argomenti e compilate poi passionalmente da entrambi, le troverete al suo interno, lì poste con estrema cura. Le schede contengono un saggio che va dagli argomenti scientifici, a quelli delle espressioni culturali più popolari, il tutto avvolto in un manto di straordinaria umanità, umiltà e sensibilità verso l’argomento preso in esame. La dimensione del libro si rifà maggiormente a quella di un volume da mettere in bella vista negli spazi della propria libreria e da custodire con un po’ di gelosia, mostrandolo con piacere emotivo, ove in modo molto ordinato e schematico vengono rappresentate molte delle varietà di volatili, sia stanziali che migratori, che interessano il territorio della Liguria di Ponente, descritti nelle loro abitudini, nei nomi scientifici, nei segreti più intimi in riferimento ai loro comportamenti e collegati indissolubilmente al contesto ambientale e culturale dove questi curiosi animali hanno vissuto e vivono da generazioni. Ho volato sempre sopra i mari e le terre del mondo, alla ricerca del luogo da dove son partito… i sogni sono la chimera della felicità.
Le parole volano come farfalle colorate… fra il battere delle ali la forza silenziosa dei sentimenti. La poesia accompagna con le sue molteplici forme culturali, emotive ed espressive questo volume, arricchito altresì dalla passione e dal volto innamorato di chi osserva la natura col cuore in mano, colmo del desiderio di poter spiccare il volo liberatorio della propria vita, nella similitudine che questi piccoli volatili esprimono nel contesto ambientale in cui sono inseriti da diversi secoli e dove vivono altresì attivamente una parte modesta, ma essenziale del nostro Pianeta. Ricercheremo quindi assieme la via comune che ha portato Natalino e Pierangela a disegnare sulla carta il “volo libero nel cielo” dei propri sentimenti, espressi nel movimento rapido e sbarazzino di un piccolo essere vivente, che tramite l’istinto ha saputo difendere per millenni la sua specie, forse consapevole più di noi esseri umani, che tenere tutto per se stessi è l’unico modo per sentirsi soli e che il senso della lotta per la sopravvivenza deve assumere il solo valore della ricerca della pace e del rispetto reciproco. Vivere accanto alla natura è come vivere accanto a chi ami… non c’è mai il tono giusto per cantare vittoria. Porto nel cuore quello che mio padre mi ha lasciato in un solo messaggio… non abbandonare mai questo luogo incantato. Una mattina qualsiasi di marzo 2011 mi recai nel paesino di Bellissimi, a poco meno di un chilometro dall’abitazione dove risiedo con mia moglie e con i miei figli, per svolgere dei lavori di manutenzione e pulizia nel piccolo giardino attinente la casa dei nonni materni e lì incontro un personaggio davvero straordinario. Bellissimi è un piccolo borgo che fa parte del comprensorio comunale di Dolcedo, è documentato che nei decenni passati erano circa cento cinquanta le anime che popolavano densamente le sue modeste abitazioni, ma ad oggi si superano di poco le cinquanta unità. Chi ha costruito questo paese ha utilizzato i soli materiali allora disponibili e nello specifico pietre, calce, terra e legnami di varie metrature, partendo dal valore dell’intelligenza, dalla volontà, dalla necessità e dalla forza delle proprie braccia per svolgere al meglio questo estenuante lavoro manuale… per realizzare quello che serve alla mente come un sogno, lo devi anche poter vedere. Il paesino è collocato in ottima posizione e rivolto verso il primo sole del mattino ed altresì posto in bella vista verso il mare, ove una miriade di piante d’ulivo fanno da contorno alle sue abitazioni, come a voler delimitare le sfaccettature di una gemma incastonata nella preziosità della natura. Di prima mattina il canto d’uccelli apre la finestra del mondo… Avevo da poco iniziato a sfoltire un grande cespuglio di edera domestica, che rigogliosamente e arbitrariamente aveva occupato uno spazio maggiore di quanto le fosse consentito, quando in mezzo ai rami di un piccolo cipresso posto in un angolo del giardino, mi vedo osservato da un pettirosso che nervosamente ed energicamente fa capolino fra di essi, balzando da un ramo ad un altro, così da poter essere notato. Stava lì tutto impettito ed anche un po’ scocciato e all’incontro dei nostri sguardi sembrò volermi dire delle cose che Natalino ha espresso compiutamente in queste brevi, ma sentite espressioni, lasciate nero su bianco nelle pagine del libro stesso: < L’insofferenza del pettirosso per tutto ciò che è novità, che sconvolge la quotidianità si rivela. E poi: Tutto ciò che ci rende unici nel nostro modo di vivere, di fare le cose, di affrontare i nostri desideri sta svanendo. E ancora: Abbiamo tutti gli stessi sogni…> Ho pensato a come poter dare voce e immagine ai miei appunti… Alla bella vista di acquarelli e di appunti meticolosi e precisi, come hanno saputo raccogliere e rendere visibili Natalino e Pierangela, si mescolano le sensazioni umane, che non sono meno importanti rispetto al desiderio di tornare indietro nel tempo e di ricordare che alla povertà economica della gente, si contrapponeva però la loro grande e genuina semplicità. Il miscuglio vivace di sentimenti umani che occupano la nostra vita e che attraverso l’espressione della generosità danno all’uomo l’opportunità di sfiorare e di comprendere il senso misericordioso della nostra esistenza, aprono alla veduta imperfetta del mondo, dove l’essere umano per vivere con intensità attinge dalle emozioni generate dal senso della propria precarietà, trasformando le indicazioni espresse dalla negatività degli eventi, in messaggi e comportamenti volti alla speranza e alla visione del futuro… E’ nelle cose più semplici e nel loro apparire imperfetto, che l’uomo confessa se stesso e le proprie debolezze… deporrò il mio scudo vicino all’armatura, stanco di veder nella forza il solo modo di sconfiggere la paura. La natura, quale elemento compositivo, rigenerativo, ed espressivo è altresì il volto crudele della realtà vivente, nella proiezione dell’attività pratica verso la vita, e nella sua inarrestabile forza di rinnovamento e di temperamento… Ho cercato un luogo dove poterci incontrare… nella genialità dell’uomo ho riconosciuto l’estro della natura.
Rimani accanto a me, ma non troppo… i punti di osservazione delle cose ne mostrano i differenti aspetti. Ritrovarsi in una comunità di intenti, fra persone libere dagli opportunismi e dalle visioni strettamente personali, che renderebbero difficile il raggiungimento di obiettivi importanti per la loro realizzazione, sovente non è cosa facile, ma Natalino e Pierangela, per impegno, per scelta e per amore ci sono riusciti. Quell’amore per la natura dove entrambi sanno esprimere nel desiderio pratico, oltre che teorico, il bisogno che hanno tutti gli uomini di contribuire attivamente e direttamente alla costruzione di un cammino di azioni concrete in aiuto al Pianeta Terra. Quel che appare per troppo buono… non è il motivo per poterne abusare! Questa parte modesta di Universo e popolata densamente di esseri viventi, procede ora con affanno al rinnovamento delle proprie forme energetiche e bellezze naturali. Per non subire la prepotenza aggressiva dell’uomo, che la sta incalzando e sollecitando attraverso l’uso indiscriminato della tecnologia e con l’utilizzo delle varie forme di inquinamento, essa mostrerà con gli eventi naturali la sua forza devastante, rendendo così difficile la vita a chi ne popolerà parte del suo territorio nel tempo futuro. Quel che per l’uomo moderno è stato un luogo comune poter dire: “abbiamo conquistato il mondo ed anche parte dell’universo,” per l’uomo del futuro sarà il rimpianto e la rabbia per uno sfruttamento innaturale e spropositato delle sue risorse da parte di chi lo ha preceduto. La libertà dei singoli uomini e tutti i valori più veri che coinvolgono l’esistenza, sono nati sovente dalle spoglie di eventi catastrofici o comunque legati al grande impegno e alla sofferenza dell’umanità, nelle forme culturali e sociali più raffinate e ricche di contenuti, ove l’uomo per costruire un futuro alla sua portata, ha dovuto lottare rinunciando altresì ad una parte della realizzazione del proprio egoismo. Quel che i nostri figli e i nostri nipoti ci rimprovereranno nel proseguo della storia dell’umanità, sarà di non aver dato l’allarme sufficiente per una situazione che peserà in senso pratico sulla qualità della loro vita peri decenni a venire… Figlio ti lascerò fra le spoglie le mie glorie… così potrai sempre immaginare come un tempo era bella la vita!
Dal freddo e indolenzito inverno si risveglia la natura, avvolgendo di colori quell’animo mesto… di varcar da solo un altro ponte non ne so pensare e poi com’è difficile saper tornare. C’è una radice in me che scava in mezzo ai sassi, alla ricerca della poca terra, ove seminar nell’animo piante e frutti da poter donare… Natalino è un omone grande, alto circa 190 centimetri, con una barba imponente che ne accresce la presenza fisica e spirituale, sensibile, discreto, paziente, malinconico, generoso, e talvolta indeciso. Il suo realismo lo colloca nelle espressioni pratiche di voler lasciare agli altri l’eredità umana che ha consolidato tramite la sua esperienza o derivante dal bagaglio culturale che ha ricevuto dai suoi avi, aprendo il varco, tramite l’impegno personale ad iniziative di interesse comune, forte della sua capacità di saper ascoltare i desideri del cuore e di saperli poi trasmettere e regalare emotivamente anche ad altri individui. Lascerò scritto di me che son passato… senza il tempo. Natalino è un poeta, uno scrittore e un cultore di tutte quelle iniziative a carattere sociale, espresse oltre che nella teoria delle azioni, anche nella pratica della loro realizzazione. Ha partecipato in passato e nei tempi recenti a concorsi di narrativa e di poesia in lingua dialettale Ligure, ottenendo altresì degli ottimi riconoscimenti, piazzandosi più volte ai primi posti in graduatoria in concorsi indetti in sedi locali o regionali. apre quello che è difficile col sol dire da farvi capire. Ho incontrato un uomo grande… la forza della sensibilità al suo servizio, ne fa la sua grandezza. Assieme scaveremo lontano nel tempo, per ritrovare il terreno fertile sul quale Natalino ha cresciuto la sua identità personale, fra i valori della ragione e la sorgente emozionale dalla quale sgorga la forza della sua sensibilità, così da poter accrescere il valore di una recensione che ha il suo perno felice nella profondità dei sentimenti umani, espressi direttamente attraverso i suoi molteplici aspetti. Di Pierangela non conosco molto della sua vita privata, ma è lei che artisticamente ha colorato e adornato con immagini splendide le quattro copertine dei miei primi libri usciti fra il 2009 e il 2010, apponendo indissolubilmente la firma artistica ed umana su di essi. Le espressive raffigurazioni ad acquarello, frutto del suo talento e della sua notevole raffinatezza, ne fissano le immagini fra i colori, fermando alcuni degli istanti più significativi della vita, colti, trasportati e trasmessi attraverso la sua grande prensilità nel saperli poi realizzare e interpretare nella forma manuale. Quel che è difficile fermare è solo la nostra vita, l’uomo tocca il tempo… per sentirlo inesorabilmente fra le mani scivolare.
Non chiedetemi chi siamo… Il compito più difficile per me che ho accettato la sfida di fare questa recensione, è di saper stillare i contenuti di una forma naturale, in una espressione calligrafica ad immagini che ne renda giustizia a sufficienza, in modo da poter parlare con equilibrio e sentimento di chi conosco da molti anni. Non scriverò così solo un profilo umano e psicologico di sintesi, allontanandomi dalle emozioni personali e con un’interpretazione quasi asettica dei pensieri e delle azioni che ne hanno accompagnato nel tempo il susseguirsi degli avvenimenti, ponendo nella sola ragione la logica e razionalità della veduta storica. Quel che è il giusto nelle cose, è che le cose siano al posto giusto. L’identità personale trae l’origine di quel che siamo da molto lontano, fra una dimensione di imperscrutabilità ed una valutabile razionalmente da collocare nel contesto culturale, ambientale e dei rapporti umani che hanno così contribuito alla nostra costruzione e formazione caratteriale. Per parlare di storia in modo concreto, occorre però ritrovare quegli atti scritti o il riscontro di quelle azioni pratiche che ci possano testimoniare quel che è accaduto nel passato. Recentemente siamo stati con Natalino nella cittadina di Albenga, alla ricerca e alla consultazione di testi molto antichi che documentano nero su bianco una storia secolare, riportandoci virtualmente indietro nel tempo e all’incirca di cinquecento anni fa. Antichi papiri si son mostrati alla nostra vista, scritti devotamente e passionalmente dagli Amanuensi, così da poter toccar con mano i ricordi che nero su bianco hanno saputo lasciare… fra le espressioni latine e il ripetere di un verbo sempre uguale.
L’inchiostro su una carta, posato leggero dalla traccia di una Con estremo ordine e passione sono raccolti in quell’archivio i registri di nascita, battesimo e morte delle tante persone che ci hanno preceduto in questa vita. I documenti conservati fra quegli scaffali, che ne custodiscono i segreti e che riguardano il Comune di Dolcedo, risalgono retroattivamente all’incirca al 1600, relativamente a periodi antecedenti non è reperibile alcun tipo di traccia scritta che riguardi la storia passata di persone comuni. Per noi due aver avuto l’opportunità di aprire e sfogliare fra quei manoscritti… < quelle frasi scritte su pergamena, celano l’ombra di un uomo, ove al colore dell’inchiostro ha mescolato il tempo… la polvere rimane a nascondere i volti che ha disegnato su un’altra via,> ci ha riportato in un’altra dimensione del tempo, trafitti da un brivido di freddo intenso, nella consapevolezza e sensazione della nostra precarietà… il mistero della vita è custodito nell’urna del suo mutare! Altro che parlare di certezze, qui appare anche la labilità e inconsistenza del nostro nome personale… a ricordarlo nel silenzio lo puoi anche beffare, col sol timbro della voce sembra vero, se leggi quel che è scritto per intero. In quella breve e difficile consultazione abbiamo potuto rintracciare, con buona pace dei nostri sentimenti i nostri avi più recenti, nonni e bisnonni che in qualche modo abbiamo conosciuto, direttamente o indirettamente o a volte anche solo tramite le storie raccontate da parenti, amici o genitori. E’ però impossibile inoltrarsi nella ricerca nei tempi più remoti, aspettandosi con lucidità un buon risultato, perché fra omonimie e dati di riferimento incompleti, non si riesce a cogliere la verità fra i pochi documenti disponibili, comunque entrambi abbiamo potuto ritrovare i nostri reciproci cognomi fra gli incartamenti più secolari. Per un sole che tramonta c’è una luna pronta a volersi mostrare, La nostra storia inizia dove finisce quella degli altri! Forse il momento più importante per dire quello che giace malinconicamente nel nostro cuore, è quando rivediamo fra i ricordi e fra le sensazioni della nostra mente, chi abbiamo amato nelle azioni quotidiane del passato. Di fronte ad una imponente pianta d’ulivo, alta poco meno di quindici metri, e che si riversa pericolosamente sulla verticale di un piccolo ruscello, vedo Natalino indicarmi fra quelle fronde poste in alto la sagoma del padre che potava il nome di “Santin”. Sono passati oramai alcuni anni dalla sua morte, avvenuta alla veneranda età di quasi novant’anni… ma per lui ora è come vederlo lì, intento ad abbacchiare con la forza di un bastone anche l’ultima oliva, che da quell’albero non voglia saperne di voler scivolare… < è sempre nel mio ricordo, seduto in cima a quell’albero o anche solo lì appoggiato, mi pare ancora di sentirlo fischiettare una canzone dei suoi tempi passati, talvolta è anche un po’ arrabbiato… che Dio lo perdoni anche se ha bestemmiato!> La moglie Chiarina è sempre al suo fianco, intenta a raccogliere con le mani qualsiasi oliva che dalla sua vista voglia scappare ed intrufolarsi nei buchi lasciati fra le pietre di quei muri secolari. Appoggiata faticosamente con le ginocchia sulla forma spigolosa del terreno, getta in un canestro di vimini le speranze di tutta una giornata, pacificando col suo sorriso e con l’amore, la forza talvolta incontrollata dell’uomo che sa di amare… mi sono alzata di prima mattina, quando ancora il sole era distratto a voler dormire ed ho preparato per te e per i nostri figli… che possano studiare o lavorare. Fra le campagne tinte dai colori delle stagioni, il lato che mi appare più bello è quando osservo il sole al suo declinare… è giunta l’ora di volgere verso casa il nostro cammino, mi aspettano ancora oggetti da rammendare, cose da sistemare e per ultimo mi vorrei riposare.
Da quel terreno apposto in basso, osservo muri appoggiarsi verso il cielo, massi e pietre fan cumulo ordinato… se qualcuno le ha sapute posare nel giusto modo e combinato. Gente di Liguria, han domato fra corde, vele e qualche scafo da loro preparato, tutti i mari viaggiando sul mondo e girando veloce di speranza con la direzione del vento… a sentirlo soffiare con la boria, devi salpar veloce dalla forza delle ancore che si aggrappano al fondo del mare. Dall’aspro terreno han scavato e spaccato le pietre che non potevano portare, trasportando quello che in una volta non si può neanche pensare… qui di terra ce n’è poca, che cosa ne possiamo fare? Con la forza delle bestie si può spostare un luogo per averlo più vicino, semineremo piante e frutti così da poter mangiare… il regalo della troppa fatica è la sofferenza! Per poco che sia, è anche poca la nostra vita e allora prendiamo dal grande territorio quello che ci sa dare, come un premio infilato nella durezza del sacrificio, fra lavoro, fede, speranza, dolore e gioia… un po’ di disperazione ci può anche stare! Le troppe parole servono solo a confondere il tempo, meglio custodirle nel silenzio… col loro peso potrebbero servire a qualche buon intento.
Le pietre che non devono mollare son posate in ogni luogo dall’uomo giusto, ma fatte per scivolare sotto il sedere di chi non ha voglia di lavorare o pronte a cadere e colpire quelli che sono intenti a viver solo come prepotenti. Ho visto la luce ancor prima degli altri… I Ligusti… un popolo antico, nato ancor prima dei Romani, non invasivo e mai pronto a mostrare agli altri i propri affari, silenzioso per quel che basta, orgoglioso, schivo e fermo, per non esser domato da un vento che spira sempre da lontano, ma che non vuol sapere con chi ne abbia a che fare. Nei secoli passati sono state tante le invasioni che hanno coinvolto negativamente questo popolo, che si è poi trasformato nel nome naturale dei loro successori… i Liguri, lasciando il segno nefasto del passaggio criminale su questa terra, fra il dolore delle sue genti, le rapine, le violenze e le devastazioni. Nell’avvicendarsi delle generazioni sono state molte le opere consolidamento e di trasformazione realizzate da questa povera gente, con l’obiettivo di rendere più ospitale un territorio che dal mare si erge dritto rapidamente verso il cielo, sfiorando altitudini fra i suoi monti prossime ai 2800 metri. Si pensi che nella sola Liguria di ponente la lunghezza lineare dei muri a secco ammonta a circa a 250000 chilometri, se dovessimo calcolare la superficie corrispondente a tale dato, otterremmo un valore numerico impressionante. Piccoli appezzamenti di terra, creati dal nulla con le operose mani dell’uomo, attraverso il trasporto di terra da luoghi talvolta lontani, spaccando e accatastando pietre e rocce in modo ordinato, testimoniano in maniera ineludibile il grande impegno e la forza di carattere con la quale questi piccoli uomini hanno saputo costruire la loro storia. Essi hanno reso vivibile un territorio impervio e scosceso anche se pur bello da vedere, ma difficile da conquistare, contribuendo in modo attivo alla forma visibile della sua costruzione. Lo stretto legame che si è creato fra la forma visibile e la forma invisibile della loro profonda identità, ha trovato radici comuni nel luogo dove hanno vissuto, costituendone nel tempo una sola entità… < come in un matrimonio in cui la sposa prima di concedersi al dono di un grande amore, ha preteso d’esser conquistata… ti porterai a me con una dote, senza denaro, inestimabile valore del terreno comune su cui poter radicare insieme, come parte l’uno dell’altro saremo in un carattere solo… solido, onesto, schietto, sincero, essenziale, chiuso, fermo, caparbio, timido, solitario, conservatore, parsimonioso, silenzioso e malinconico… questo rimarrà per sempre il luogo del nostro amore. > C’è una ragione che testimonia tutto questo, ed è il senso delle tante domande e delle poche risposte a cui uomini intenti al duro lavoro non hanno voluto dare… per preparare il terreno fertile non c’è troppo tempo per parlare. Hanno badato bene per secoli di non lasciare debiti da pagare, di non abusare in modo maldestro troppo della bontà della natura e di non pesare esageratamente sulle scelte del futuro degli uomini che sapevano attendere la loro dipartita… per poi poterli sostituire nella vita nel suo avvicendare. Ho sintetizzato così in dieci espressioni il carattere chiuso, ma determinato e talvolta sottomesso dei Liguri… al troppo bordello lasciato da un mondo di imbrogli e false promesse, ove all’incanto delle parole rimarrà solo la disperazione di chi non le ha potute neanche pronunciare, facendosi però carico nel tempo futuro di sistemare quello che altri hanno col proprio desiderio voluto disfare: Perché preparare il terreno che altri possano arare? Traccerò un solco fra terra e mare… ciò che apri col cuore è un luogo sicuro dove poter seminare, coloro che ora si divertono solo a giocare un giorno dovranno anche lavorare.
Perché evitare la guerra quando si può conquistare? Fra bastoni, lance, scudi e armi che possono anche sparare, abbiamo visto un po’ di tutto da queste zone passare, e prender con mano quanto si può rubare… < A me non piace litigare e prendere quello che è proprietà degli altri non mi lascia dormire la notte… il lato basso della terra mi ha insegnato ad arare nel profondo della forza del mio animo, al momento giusto scoprirai di quel spessore quanto ne ho saputo costruire! > Perché mettere da parte, quando si può tanto sperperare? La mia coscienza sembra dirmi, come una voce a parlar fra il tempo, in cui dal troppo godimento si può anche perire, e lasciare agli altri molte cose da dover sistemare… quando sarò nella tomba vorrò solo riposare, tanto che i debiti non saranno l’eredità che vi ho voluto lasciare.
Perché credere che i valori più importanti non si possano comprare? Nessuno ti regala nulla e quello che appare più facile è la facilità di poter sbagliare. Costruire la casa dei sogni ed impastarla col proprio sudore, può essere l’unico modo per poterla difendere anche dalla forza dirompente del dolore, porgendosi a tutela di quel che ad altri appare solo con il suo modesto valore.
Perché sorridere a mala pena quando ti puoi invece sganasciare? Insegnerò a mio figlio che ridere ha il sapore della gioia… purché nessuno ne debba subire della nostra violenza il modo di manifestare.
Perché la mia casa non è come il mio cuore? La devi prima conquistare! Mi sento dire da altri popoli d’essere poco ospitale, ma pur non invitando nessuno per secoli ho trovato occupata la mia casa… da genti sconosciute senza darmi alcuna spiegazione. Non sento il giusto verbo uscir dalle vostre bocche, con parole di buon gusto per ringraziare… c’è una chiave che apre la cassaforte del mio cuore, la devi prima trovare. Perché non chiedere ad altri quel che si vuole avere? Vivo con quello che ho e ritengo un’ambizione e un orgoglio non chiedere agli altri il frutto della loro fatica… come potrò restituire nell’abbondanza quello che vorranno riavere fra le loro aspettative?
Perché nascondere la sofferenza quando si può invece urlare? La tua voce e il tuo sentimento possono coprire quello degli altri… è pur sempre un modo per toccare nel dolore di chi sente più male di te. Vesto di bianco, vesto di nero, oggi è il manto trasparente della sofferenza che adorna la mio sentire… senza l’urlo prostrante delle troppe parole. Perché non parlare bene di chi vuole stare col proprio silenzio? Forse parlare male dei Liguri da parte di qualcuno è il modo nascosto per invidiarne i loro valori, e di fronte alla loro forza d’animo l’atteggiamento di prostrarsi vergognosamente al carattere solido del loro silenzio. Su un canale televisivo di grande impatto, da un personaggio che vanta di cultura, ne ho sentito sputar veleno e così gli vorrei parlare… < Quel che impari dai libri o per sentito dire è senza la puzza del sudore, donato con poco sacrificio, pesato per far piacere a chi lo vuole ascoltare, prostrato miseramente di fronte ad un mondo di ricchi solo per voler sfruttare o criticare.> Un popolo è povero di quel che ha, se non lo possiede. Perché non riempiamo le nostre bocche con i verbi grondanti di parole… L’uomo canta le glorie che gli altri vogliono sentire, come in un miscuglio di voci a dirigere un’orchestra, che sembra suonare senza il fiato di alcuno strumento. Dove non ci sono imponenze e scintillii da mostrare nessuno si ferma ad osservare, tanto che di quell’immenso patrimonio organizzato nel tempo, fra muri, piante e terreno bonificato, non c’è più quasi nessuno che se ne sia interessato… inchinarsi troppo alla luce degli altri, ci mostra quant’è piccolo il nostro sole.
L’uomo solca i cieli pensando fra le stelle il suo andare, le formiche occupano gli spazi fra i colori dei fiori… ad osservar veloce nulla è come lo vedi. In questi ultimi decenni il nostro modo di vivere la quotidianità, ha cambiato molto il suo aspetto e col raggiungimento di nuove frontiere nell’ambito culturale, sociale e scientifico, si è toccata con mano la possibilità concreta di vivere in maniera diversa rispetto a quello che era concesso nel passato. Con l’utilizzo della tecnologia è variato altresì il modo di approcciarsi al mondo del lavoro, e con l’ausilio di strumenti innovativi si è agito con una maggiore possibilità alla risoluzione dei problemi legati alla salute personale, non dimenticando l’impegno che si è riservato per una migliore forma fisica, e della nostra immagine anche nell’aspetto sociale. Gli stimoli alla sopravvivenza che hanno accompagnato il sentimento di intere popolazioni, contribuendo sulla base delle necessità essenziali collocate nel contesto ambientale, alla formazione di quelle identità personali e utili a preparare il terreno fertile per l’avvicendarsi delle nuove generazioni, sembrano ora perdere il loro significato, lasciando talvolta impreparati coloro che vivono ai margini del trascinamento generato dal vento tecnologico. Come è accaduto anche per altri popoli, chi è Ligure nel sangue e fino alla sua stessa radice, sente vivo dentro di se questo stato d’animo, nella necessità di contrapporre alla velocità di questo mondo un significato più stabile dei suoi punti di riferimento, in modo da non vanificare l’espressione di quelle azioni che sono state tramandate sapientemente e con fatica nell’arco di un tempo secolare. Ne sarà pur passato di quel tempo nel momento del lavoro… la bellezza di un giardino gratifica chi lo sa osservare.
Al divider dell’atomo ho immaginato d’esser Dio… al deflagrar di quella bomba spinta con la rabbia dei raggi bianchi a colpir sulla Terra, ho visto anche l’oblio. Natalino e Pierangela anche in questo campo stanno dimostrando attivamente il desiderio di non lasciar morire le tradizioni che hanno colto e imparato da chi li ha preceduti, consolidando attivamente in loro in desiderio di riproporle a chi non le conosce ancora. Entrambi esprimono il loro impegno su molti fronti culturali e nonostante le delusioni e le amarezze che derivano da un riscontro modesto dei loro impegni, perseverano con passione su questa via, desiderosi e speranzosi di vedere cambiare il mondo nel loro aspetto più essenziale. Ricorre in questi giorni il venticinquesimo anniversario del disastro nucleare di Cernobyl, che ha colpito la centrale atomica sita nella stessa città Russa, ma che interessò altresì in modo diretto o per induzione, anche parte del Pianeta che la contiene. E’ un evento che ha coinvolto drammaticamente il mondo intero ed anche se non tutti i Paesi ne sono stati colpiti direttamente dalla forza attiva dell’energia atomica, si è fissato nell’interiorità dell’uomo il ricordo di quella particella che è sfuggita al controllo di un atomo spinto nell’universo dalla mente umana… La materia è parte dell’uomo… fin ch’egli non la strappi da se stesso, rendendola così ostile al suo modo di stare. Ancor oggi e per i secoli a venire, si potrà rilevare in quei luoghi, con strumenti idonei, la presenza delle radiazioni dovute alla scissione nucleare incontrollata, ove l’effetto più drammatico si è avvertito sulla salute della popolazione, con l’insorgenza di tumori e altre forme talvolta degenerative. Intere cittadine limitrofe al luogo del disastro sono state abbandonate perché ritenute ad alto rischio per la salute di chi le avrebbe popolate. In occasione di quell’olocausto, che ha colpito le popolazioni locali e dove i bambini hanno vissuto in prima fila tutta la durezza e la drammaticità di quell’evento, si organizzarono fra Russia e Italia dei periodi di “quarantena”, in modo da consentire a questi incolpevoli esseri umani di ritemprarsi al buon umore e alla fiducia nei confronti della vita. Prenderemo con noi un piccolo bambino… Natalino e Pierangela “adottarono” anch’essi un bambino russo dal nome di Alexander, ospitandolo ripetutamente, anche se per brevi periodi, nella loro casa di Bellissimi e donandogli l’affetto e le attenzioni che si riservano al figlio migliore… Son felice quando torni, quando vai, all’immagine di un padre che fra gli occhi lucidi a chieder come stai, pone fra i sentimenti in mano il cuore aperto verso l’amore. La malinconia è come un germe che deposita i suoi sentimenti nell’animo sensibile, accompagnando col rimpianto di quel che si immagina sempre il più bello fra i nostri ricordi… come una compagna che nel tempo di noi, non si è voluta mai scordare, tanto che è più facile tornar da Lei per farsi consolare.
Custodiremo quello che altri hanno lasciato solo come un seme. L’ unione che le anime di Natalino e Pierangela hanno espresso incontrandosi sul terreno comune della sensibilità umana e che hanno saputo cogliere nelle intenzioni pratiche, costituisce per loro una forma di energia e di linfa emozionale che li proietta alla riscoperta dei sentimenti più profondi e naturali, a cui l’essere umano si abbandona per trovare conforto al suo profondo smarrimento. Idealizzare la consistenza del mondo futuro è cosa molto facile, il problema è a saperci azzeccare, ma credo che nei tempi relativamente brevi, non si possa non pensare ai grandi drammi che l’umanità ha lasciato già nei volti del passato, fra guerre, malattie e devastazioni, dove alle problematiche di sviluppo ordinario e culturale, si andranno ora a sommare le “ritorsioni” di un Pianeta che è stanco di farsi calpestare e sputare addosso senza più sentirsi ringraziare. Credo che ognuno di noi non possa fare finta di vedere la realtà, tanto che nei piccoli e giornalieri atteggiamenti si debbano creare da parte di tutti le giuste condizioni per un mondo più equilibrato. Ogni individuo deve contribuire con la propria consapevolezza e il proprio buon senso al mantenimento del “valore di rotazione del senso comune della vita” su questo Pianeta, per conservarne il suo giusto clima e la necessaria vivibilità per consolidare la presenza degli esseri viventi sul suo territorio, dove purtroppo ancora oggi si registrano troppe disparità e opportunità per procedere con la giusta serenità… Farlo girare con l’egoismo posto nel troppo avere, sbilancia il suo modo di ruotare… la chiave dell’equilibrio è posta nel mondo nella porta secolare del tempo, nella leva c’è il nostro modo di aprire.
Ringrazio Natalino e Pierangela, oltre che per i bei momenti con i quali hanno adornato le nostre immagini quotidiane, anche per l’impegno da loro profuso per mantenere in vita quel che ora appare solo come sorpassato… La libertà è
Boeri 02/05/2011 Letto 1257 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||