LETTERATURA: I MAESTRI: Bruno Cicognani: La memoria del patriarca
22 Maggio 2009
di Giulio Nascimbeni
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 11 settembre 1969]
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Forte dei Marmi, settembre.
I viali sono silenziosi, gli al Âberghi chiudono. Ieri Bru Âno Cicognani ha compiuto novant’anni in quest’aria d’an Âtica vacanza. Abita al numero undici di via Flavio Gioia, in una casa dai colori chiari. I segni dell’estate sono sem Âpre più radi: qualche sciame di vele sul mare, il grido dei venditori di mirtilli lungo la spiaggia. Il tempo alterna te Âpori a piogge. « Il mio medico è il cielo », dice lo scrittore. E lo sguardo, che è vivissimo e astuto, si stacca dal visita Âtore, punta verso l’alto. Non si sa a che cosa miri: se al Âl’azzurro che ha squarci d’in Âcredibile purezza, o alle nuvo Âle che corrono verso le Apua Âne, o a qualcos’altro ancora, a una stagione solo sua, a immagini tenere e perenni. « Vengo qui dai primi del secolo – aggiunge. – Stavo in pensione all’albergo Idone. Vi erano Papini, Soffici, Enrico Sacchetti ».
Novant’anni, e uno s’aspet Âta un uomo immobile, un’om Âbra melanconica. L’ultimo ro Âmanzo di Cicognani, La nuo Âra, è del ’54. Ma più che alla vocazione interrotta, si pensa alle grevi offese che di soli Âto lascia una vita tanto lun Âga. Il vecchio, invece, è secco e dritto come un ramo che non abbia patito. Confessa di non aver ancora imparato a star seduto. « E se non scrivo più – dice – è perché ho una mia teoria: quando non si è più capaci di far figli, biso Âgna piantarla di mettere al mondo personaggi. La crea Âzione è una sola ».
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Nel cortile di casa
Gli resta la memoria. Col presente, con quel che avvie Âne nel mondo, ha già chiuso il conto: « Sono completamente sordo ed è una fortuna non sentire più niente ». Inutile chiedergli se lo ha interessa Âto l’arrivo degli uomini sulla Luna. Risponde che lui, quan Âdo ancora non si parlava di viaggi spaziali, ha scritto l’e Âlogio del centogambe. E quel Âl’elogio è pronto a confermar Âlo: come segno d’un moltipli Âcato attaccamento alla terra. Star qui, vivere qui, cercar più radici che sia possibile, strisciare anche la bocca e le mani: « In terra si sta bene per chi sa starci. Ciascuno ha un ufficio. Come quel ti Âglio là , che mi procura om Âbra e fresco ».
Il cortile della casa è gran Âde e selvatico. Due gatti ro Âtolano dall’erba alla siepe. Un canotto dì gomma colorata è appoggiato al muro. Un bim Âbo biondissimo viene a salu Âtare. Ha due anni, si chiama Bruno Cicognani anche lui.
E’ strano. Nel colloquio con lo scrittore il ricupero del passato sfugge continuamente al rapporto con la letteratura. Bagnano altri scampoli di vi Âta, altre luci meno note e più care. Ecco Norma, la moglie. Era figlia di un gioielliere del Ponte Vecchio. Divenne cie Âca all’improvviso nel ’55: « S’era a Montereggi – rac Âconta Cicognani. – Salgo un momento, le dissi. Mi richia Âmò indietro: perché hai spen Âto tutte le luci? Cos’è questo buio? ». Anche questo evento lo decise a metter da parte i libri. Aveva un’altra solitudi Âne da riempire, giorno dopo giorno, con parole e gesti che la penna non può esprimere.
Quando la moglie morì, scrisse un « congedo » a chiu Âsura del nono volume col qua Âle l’editore Vallecchi comple Âtava la ristampa di tutte le sue opere: « Due parole per chi m’abbia seguito nel mio cammino ». Un monsignore del vescovado di Firenze si presentò in quel periodo alla casa di via Laura, dove Cico Âgnani abita quando non è al Forte. Lo accolse alla maniera sua: « E’ venuto per l’olio santo? ». Il monsignore portava. invece, una lettera au Âtografa di Paolo VI. Anche il Papa aveva saputo del con Âgedo e diceva: « Per la sti Âma che nutriamo verso il Suo nome e per la benevolenza che abbiamo verso la Sua persona, ci sia concesso di farLe in ispirito una piccola visita; e ci lasci dirLe come anche noi ammiriamo la sag Âgezza di tale proposito, e co Âme vorremmo che ora, in co Âsì grave e pio silenzio, parlas Âse la voce intima, e profonda del Presente ineffabile, che non mai si può congedare. Noi, in tutta discrezione, pen Âsando e pregando, dalla so Âglia benediciamo al conso Âlante colloquio ».
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La lettera del Papa
La lettera, adesso, è lì sul tavolino di ferro e bisogna difenderla dalle dita sporche di sabbia del « nuovo » Bru Âno Cicognani. S’avvicina mez Âzogiorno. Il visitatore vorreb Âbe percorrere un po’ a ritroso questa vita di scrittore che intuisce gremita di volti, di fatti, di bufere già placate. Ma i fantasmi che vengono evocati appartengono soltan Âto alla misura d’una crepu Âscolare vacanza: Il Figurinaio e le Figurine, La Velia, Villa Beatrice, L’Omino che ha spento i fochi, La nuora, sfi Âlano lontanissimi come den Âtro un cannocchiale rovescia Âto. « Sì, li rileggo qualche vol Âta – ammette Cicognani. – E dico: come scriveva bene quest’uomo. Ma da vecchi non ci si ricorda più quel mi Âracolo di quando un’ombra del pensiero diveniva perso Ânaggio ».
Meglio parlar d’altro. Di quando studiava canto col maestro Vannini (« Ricordo interi libretti d’opera, sa? »). Dei riposi di Montereggi dove saliva Cecchi a trovarlo e c’erano, a riempir le serate, Âgli estri di Giannotto Bastianelli con le sue « nature mor Âte musicali ». Di Pea, rivale vittorioso per la maggior im Âponenza della barba. D’una corsa ciclistica della fine del Âl’Ottocento: su e giù per stra Âde orrende, intorno a Prato, e lui, Cicognani, che crolla e si ritira.
La memoria concede questi approdi che fluttuano senza legami di tempo, in una sorta di morbida nebbia che fa smarrire le date. Cicognani ha scelto per sé quest’estrema evasione. A pensarsi, è il se Âgno d’una razza di scrittori di cui è l’ultimo superstite. Per noi, abituati a triturare in mezzo a continue inquietu Âdini quel poco che resta di saldo nel mondo, è difficile, quasi impossibile, capire. « La realtà attraverso il filtro del Âlo spirito », come ama dire Cicognani, che cosa significa, che vecchia illusione è mai? Per questo – confessiamolo – torniamo assai raramente alla Velia o al Figurinaio. La letteratura ha perduto lo stampo degli uomini che scri Âvevano: « Vedo il mistero e cerco di spiegarlo… Quanto appartiene all’anima o è an Ânunzio o ricordo… ».
Ma forse, proprio perché hanno cercato d’andar oltre l’orizzonte segnato dai limiti quotidiani, questi uomini, co Âme Cicognani, continuano un loro segreto cammino anche non scrivendo più. E solo loro sanno quali serene luci possa Âno continuare a splendere, ora che il calamaio è secco e i fogli di carta sono coperti di polvere. Noi non compren Âdiamo. Chiediamo della Luna, della televisione, di come pos Âsano passare le ore senza giornali e senza libri. E ci ac Âcorgiamo che la distanza non sta negli anni e nella vecchiaia, ma in una diversa mi Âsura della vita.
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Commento by Paolo Pratelli — 29 Gennaio 2010 @ 13:14
I libri di Cicognani hanno segnato la mia gioventu, li compravo nelle edizioni Vallecchi, quelli con la copertina gialla. Le novelle in particolare mi affascivano; un vecchio mondo scomparso; una prosa scorrevole. Fanno ancora la loro figura nella mia libreria i libri di Cicognani e di tanto in tanto amo riaprilrli e rileggere qualche passo, o qualche novella: Giuda, l’Omino che ha spento i fochi. Le voci del verbo avere accentate, invece che con l’acca, come si usava un tempo. Ritorno adolescente.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 29 Gennaio 2010 @ 14:39
Mi fa piacere, Paolo, averti rinnovato quelle emozioni con questa pubblicazione.
Commento by Filippo Cicognani — 26 Dicembre 2010 @ 13:03
Bruno oogi ha 42 anni, io sono suo padre,nipote dello scrittore:grazie per aver ricordato un grande dimenticato
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 30 Dicembre 2010 @ 17:22
Gentile Filippo, La ringrazio della sua attenzione, e Le auguro ogni bene. Qui troverà anche un mio articolo del 2007 a proposito de La Velia.
Con l’occasione mi permetta di augurarLe Buon Anno.
Commento by Benedetta de Vito — 12 Febbraio 2012 @ 17:58
Ho trovato, per il ghiribizzo del caso, in una piccola libreria di volumi usati, “Villa Beatrice” di Bruno Cicognani e, a sera, finite le faccende del mondo, mi viene una gran voglia di andarmi a stendere per perdermi in quel sicuro periodare italiano, pieno di immagini vive, croccanti di forno; uno stile  di cui, secondo me al giorno d’oggi, si è perduto l’originale… In biblioteca cercherò altri libri di Cicognani (magari i racconti) che è stato, per me, una scoperta bella.
Benedetta  de Vito
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 12 Febbraio 2012 @ 18:54
Cara, Benedetta,  i buoni scrittori, in realtà , non muoiono mai.