LETTERATURA: I MAESTRI: Compagnone contro Pinocchio10 Ottobre 2012 di Lorenzo Sbragi Il processo a Pinocchio, dopo gli attacchi di Carmelo Be ne, registra ora quelli an che più circostanziati di Luigi Compagnone, che in un suo Commento alla vita di Pinocchio (Marotta Editore, Napoli 19G6, L. 1200) ne critica a fondo lo schema ideologico andando assai oltre il rifiuto, del resto sconta to, dell’epilogo conformista. Il suo libro, composto a quanto pa re tra l’aprile e il maggio del ’64, conserva la struttura tumul tuosa e insieme l’unità d’ispira zione di un’opera scritta di getto, configurandosi in una serie di provocazioni spesso arditissime che mutuano semmai organicità letteraria dal testo collodiano, se guito punto per punto in una lettura attenta e risentita che oscilla tra accettazione e ripulsa. Ma non in termini di critica let teraria. Compagnone non aspira a definire l’opera del Collodi nel la sua compiutezza, si limita a commentare la vita, cioè la strut tura storica di Pinocchio, inda gandone le componenti più re mote. Il burattino cessa di esse re un personaggio letterario e il libro non importa più come ope ra d’arte, trasformandosi in una sorta di prodotto etnico-popolare che affonda le proprie radici nel folklore (Pinocchio è una ma schera e fraternizza con i burat tini di Mangiafuoco) o nella ma gìa (Pinocchio si trasforma in asino rinnovando antiche meta morfosi). Le varie circostan ze della vita del burattino diven tane/ in questo senso profezie o allegorie del nostro tempo e il compito di Compagnone consiste nell’effettuarne l’esegesi. Italia miracolata Contemporaneamente Compa gnone procede alla verifica dei vari momenti della propria esperienza culturale â— cristianesimo, marxismo, psicoanalisi, o più in particolare Rabelais, Sade, Mel ville, Kafka â— ed è come se il mondo, la grande storia, i fanta smi della poesia universale, strin gessero d’assedio Pinocchio, rive landone la dimensione borghese toscana (di una toscanità nega tiva che significa torpore e per benismo, neghittosità e buonsen so) e con Pinocchio assedias sero un’Italietta patriarcale, sod disfatta della propria « decen te povertà », tutelata nel suo son no tranquillo dal passo doppio dei carabinieri, prefigurazione di un’altra Italia moralmente ana loga anche se economicamente più espansa, « miracolata ». Il li bro, in questo senso, è una auto- biografia culturale e di questa’ angolazione « privata » occorre tener conto, non per togliere og gettività e concretezza all’esege si di Compagnone, ma per ac coglierne e giustificarne gli esiti spesso paradossali o puramente intuitivi: ma proprio per questo autentici, di un’autenticità molto vicina a quella della poesia. La metamorfosi di Pinocchio in ragazzino perbene (che non ha come scopo precipuo l’evoca zione nostalgica della fine dell’in fanzia) sottintende la liceità del la stessa fase burattinesca, l’età delle birichinate, l’età dei vari Giamburrasca… Birichino e biri chinata sono vocaboli che affio rano da un contesto sociale con servatore, borghese in senso ot tocentesco, e definiscono, più che un’autentica sfrenatezza gio vanile, l’ipocrita bonarietà dei tu tori dell’ordine nei confronti di certi sfoghi naturali, che vanno in genere a detrimento degli stra ti sociali inferiori e sembrano rappresentare, per i figli di papà, una sorta di vaccinazione preven tiva contro eventuali futuri im pulsi rivoluzionari. La birichina ta è un ennesimo e interessato omaggio a madre natura (suona falso il riferimento al Figliuol Prodigo, ben altrimenti polemico nei confronti del « perbenismo » farisaico), e sarebbe più giusto spiegarla in termini di conniven za paternalistica anche se, nel caso di Pinocchio, il burattino è un figlio del popolo, se non dell’Arte, e le sue fughe verso la li bertà rappresentano un supremo tentativo di conservare la pro pria natura « vegetale », lignea, vale a dire la propria innocenza. L’esegesi di Luigi Compagno ne ha dunque finalità assai com plesse, ma ci sembra preminen te, in ogni caso, il costante rife rimento alla civiltà del benesse re che per la prima volta inci de vistosamente sul costume e sulla morale degli italiani, diven tati altrettanti ragazzini perbe ne grazie a una metamorfosi che spegne l’irrazionale vitalità del popolo fatto massa, annulla gli impulsi individuali e l’amore del rischio, trasforma il gioco da at tività fantastica in lavoro quoti diano e monotono. Si parla ora mai dell’homo ludens, che inve ce di lavorare preme pulsanti, cioè gioca, ma in realtà ha per duto la possibilità di inventare la propria avventura. Il turismo di massa, lo sport, la televisione, assorbono gli utenti, diventano regole insopprimibili, distruggo no, anziché tonificarla, la perso nalità. Compagnone denuncia in Pinocchio il profeta dei mali che affliggono il nostro tempo e fa coincidere il miracolo economico con la metamorfosi del buratti no in ragazzo perbene. Sicché anche il suo commento alla « fi ne dell’infanzia » (condotto, si ba di, sulla falsariga di Montale) non perde il proprio mordente ideologico. Accade oggi al libro del Collo di quello che accadde al Cuore di De Amicis tra le due guerre, e si ripete puntualmente da una generazione all’altra il processo di revisione nei confronti di una metodologia pedagogica rifiutata proprio da chi ne fece diretta esperienza e ne è rimasto indub biamente condizionato. Il fasci smo, sulla scia del Carducci, con dannò « Edmondo dei languori », il cui lagrimoso capolavoro fu giudicato non idoneo alle gene razioni « littorie ». La civiltà di massa, sulla scia di Marx e di Freud, scorge oggi in Pinocchio una sinistra profezia dei propri mali e lo condanna in nome di istanze revisionistiche magari | contraddittorie, ma accomunate nella fase tattica dell’antipaternalismo, o lotta col padre. Sem bra piuttosto remota l’elegante e toscaneggiante prosa di Pietro Pancrazi, né basta sullo sfondo verde di Collodi il discusso mo numento di Emilio Greco a pro teggere il mito del burattino. Il monumento costituisce semmai una prova a carico e come tutti i monumenti testimonia l’acqui sizione da parte dei pubblici po teri di un nuovo totem, magari più estroso e meno retorico de gli altri, ma non meno negativo e pericoloso. « Pinocchio fu in origine un pezzo di legno », scri ve Luigi Compagnone. * Uno co me lui non poteva che nascere dal legno. Il rame, poniamo, o il ferro o il bronzo non avrebbero potuto generarlo ». E invece quella del bronzo è stata la sua ultima metamorfosi. « Colazioni di lavoro » Le pagine del libro collodiano più fertili di spunti polemici so no quelle in cui la fantasia del narratore, magari corroborata dalla tradizione magico-folkloristica, esprime ipotesi prolunga- bili nel tempo. Per esempio, la scorpacciata del Gatto e della Vol pe all’Osteria del Gambero Ros so anticipa le « colazioni di lavo ro » e anche le volgari ripienez ze dei ferragosti italiani; l’albe ro carico di zecchini, sognato da Pinocchio, prelude ai gettoni d’oro dei concorsi pubblicitari o televisivi; l’uovo trovato nella spazzatura, che lascia Pinocchio a bocca aperta a causa del pul cino che ne esce e vola per la fi nestra, è un tipico esempio di tecnica pubblicitaria, un’offerta che presenta l’oggetto e lo fa scomparire; il caminetto e la pen tola dipinta sono un anticipo di pop art, in quanto rappresentano oggetti avulsi dal loro contesto utilitaristico, irrelati e misteriosi… Il metodo esegetico del Com pagnone è in genere quello psi coanalitico e bisogna riconosce re che certe interpretazioni risul tano assai suggestive e persua sive. Per esempio, Pinocchio che fuoriesce dal Pesce-sepolcro te nendo il padre sulle spalle, ri conducendo alla vita il proprio renitente capostipite, ci appare davvero un portatore di lumi, e non avremmo neppure noi diffi coltà a interrompere qui le av venture del burattino, soppri mente l’ultimo e tanto discusso capitolo. Sarebbe bello identifi care nella fuoriuscita di Pinoc chio dalla bocca del Pescecane un nuovo « passaggio d’Enea », l’eroe che reca sulle spalle il pro prio passato (Anchise) e dovreb be avere il futuro per mano (Ascanio). Senonché qui Pinoc chio ha per mano solo la pro pria infanzia, deperibilissima, in procinto d’essere uccisa da una metamorfosi gradevole e confor mista. Molto convincente, anche se ardita, l’interpretazione in chiave freudiana del rapporto Pi- nocchio-Fatina.La Bambinadai capelli turchini è indubbiamen te il personaggio più ironizzato da Compagnone, lei, le sue se duzioni zuccherose, il suo epilo go « ospedaliero »… Compagnone è scrittore forte mente condizionato da una cul tura razionalistica che stimola in lui nostalgie volterriane, sopras salti polemici capaci di colorar si delle tinte acutissime del sa crilegio. C’è indubbiamente nel suo neo-illuminismo una compo nente sadiana che agisce in dire zione sociale pubblica. E infatti egli rifiuta l’intimismo, alla psi coanalisi non chiede il recupero del tempo perduto ma ricostru zioni, su vasta scala, interessan ti la sociologia e la storia. Rive la una notevolissima tensione in tellettuale, sottopone il testo col lodiano a uno sforzo incredibile, come se inventasse una logica sui generis, costretta, per così di re, ad essere logica. Eppure, al la fine, avvertiamo il profondo significato di questa tensione, di questo sforzo logico: la verità è molto al di là delle apparenze, i detriti da rimuovere sono anco ra infiniti, ci vuole coraggio, spregiudicatezza, i paradossi ‘ so no tali solo agli occhi di chi an cora persiste nell’attaccamento al luogo comune. Letto 4257 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||