LETTERATURA: I MAESTRI: Con “Il crematorio” contesto la mia vita12 Luglio 2018 di Goffredo Parise Confesso il mio disagio: non sono portato per temperamento alle chiose e questa di rispondere ai critici (in poco spazio e sbri gativamente) è una chiosa alle chiose. Si tratterebbe cioè di compiere, ma a posteriori, quella operazione programmatica, ideologica, esplicativa, che è oggi d’obbligo per indicare a priori prodotti di qualsiasi sorta. Con la premessa, anche sot tintesa tra le righe degl’in numerevoli «codici » letterari, i critici, ma non l’anoni mo utente, infilano una via da percorrere se lo desidera no. Molti di solito lo desi derano perché, avendo la opera perduto il suo carat tere di manoscritto nella bottiglia e assunto quello che le conferisce la mi sura di spazio che occupa all’interno di uno dei molti e totalitari nominalismi, la equazione è risolta in par tenza. Il critico, anziché ag girarsi nel labirinto della immaginazione (sua e del l’autore) preso dal mistero che nasce dall’imprevedibi lità seguirà il filo d’Arian na che l’autore-premessa gli porge e uscirà presto all’aperto. Forse non è sba gliato anzi necessario. Lo prova un onnipresente fi losofo francese d’avanguar dia, Francois Wahl, che lamentò nel Padrone l’as senza dei sindacati: «dal momento » â— cosi diceva â— «che l’azione del dottor Max è tutta diretta a sco raggiare l’azione sindacale » (sic). Le vie della interpre tazione obbligatoria sono, come si vede, infinite. Se avessi meditato le tesi di Foucault e dedotto premesse al Padrone, forse non sareb be accaduto. L’attuale filo di Arianna sarebbe quello di strutturare le strutture, alcuni critici andrebbero in visibilio accompagnati per la punta delle dita al mi nuetto. Ma non mi va di farlo, né credo lo farò mai, non conto tante e rapide frecce al mio arco. Né l’arco. Innanzitutto perché conservo ancora un’incrollabile quanto inattuale fiducia o illusione nella ragione del l’uomo (che è il suo istin to) poi perché a mio av viso le cose non sono le parole e infine perché ho la debolezza o la vani tà di credere che avanguardia, rivoluzione (o ari stocrazia, che è la stessa cosa) appaiono sempre, a prima vista, vagamente arrierées. Il disagio aumenta quan do si tratta di giudicare chi ha fatto in ogni caso, e se condo le proprie doti di na tura, una cortesia. Aggiun go che il peggior giudice di quanto ho scritto fino a que sto momento (troppo), il più antipatico voglio dire, sono io stesso, anche se da un punto di vista personale e segreto. Ho sempre avuto e ho molti dubbi sull’inter pretazione « corretta » del la letteratura che sta nei miei libri, fondamentalmen te per una ragione: che essi nascono sempre e sol tanto da un sentimento in decifrabile e mai da un pro gramma ideologico, sociolo gico, letterario, ecc. Non ho quello che Lukàcs mi ha (non molto bene) spiegato: « una prospettiva del futu ro ». Forse una dinamica interna della speranza? Nel qual caso mi troverei pu nito del resto come tutti, dalla brevità illusoria del cogito. Per cui posso dire che mi è dispiaciuto quan do si è voluto attribuire al Crematorio di Vienna pro positi di tale natura pro grammatica. Il cahier Cre matorio nasce anch’esso da un sentimento e da nien te altro. Non sempre, lo ammetto. Spesso mancava e allora righe e capitoli rivelano il tono didascalico. I capitoli buoni sono po chi. Gli altri sono un eser cizio quasi pedagogico, au tologico. Tuttavia niente è stato scritto completamen te a freddo: il sentimen to, magari decifrabile, c’era sempre. Eugenio Montale (Cor riere della Sera) mi an novera tra i contestatori del sistema, con stile al tempo stesso bilanciato e blasé. E rileva carenza di amor vitae. Ringraziando lo di aver messo su carta qualche beccatina di dia grammante calligrafia di rò che contesto il mio sistema, cioè la vita, es sendo gli innominati pro tagonisti, per la maggior parte, la mia non simpa tica immagine riflessa in molti specchi. Ecco la ra gione e la spiegazione di tanta « straordinaria con sapevolezza » non « psico logicamente » ma sentimen talmente vera e attendibi le. Ognuno di noi ha le sue visioni non attendibili « sul vero ». Quanto alla ca renza di amor vitae, la mia è senz’altro vera. For se per troppo amor vitae nei confronti di tutti (o quasi tutti) gli altri uomini, anime, animali e piante compresi. Paolo Milano (L’Espresso) non inten de il binomio del tito lo, né la ideologia « lam biccata » (infatti non c’è). Il titolo nasce da una mia costante notturna, rintrac ciabile in tutti i miei libri (il ragazzo «morto », « il cimitero degli ebrei » nel Prete bello, la « tomba di famiglia » nel Padrone, ecc.); costante che scatu risce al tempo stesso dalle frequentazioni infantili di cimiteri e crematori e dalle prime folgorazioni cultura li, o sentimentali, dell’ado lescenza (Poe, Hoffman, Novalis, Shakespeare, ecc.) che per mia fortuna o di sgrazia mi svegliavano dal le sonnolenze scolastiche, italiane in genere. Paolo Milano ha però azzeccato un certo giudizio quando ha parlato di « album di ossessioni ». A Geno Pampaloni (Il Mondo) vorrei ricordare, a distanza di tre mesi dal l’uscita del libro, che la sua previsione moralistica del « successo mondano a cui sarà giustamente condan nato » (io o il libro?) non si è avverata. Quanto alle « incarnazioni stilistiche », tre a suo dire, nel mio curriculum, di cui sotto sotto mi accusa, non so rispon dere se non con la frase eraclitea: che significa una costante mutazione, alle volte rovesciamento nelle pressoché infinite combina zioni di elementi fisici, chi mici e psichici di cui è fatto l’uomo. E’ evidente tuttavia che il casuale colpo di pollice (naso, occhi, boc ca ecc.) rimane, estetica mente, una relativa costan te. Il discorso vale anche per la letteratura. Anche lì a cercarle, le costanti, le parole in questo caso, e le loro associazioni signifi canti, si possono ritrovare con facilità. Michele Rago (l’Unità) rileva che « si è prodotto quello che Marx aveva indicato come estre mo pericolo comune: il si stema che livella e schiac cia ogni cosa » Sono ono rato. ma non aspiravo a tanto. II mio pensiero (o sentimento?) è che non sol tanto ogni sistema schiac cia ogni cosa, ma che ogni uomo tende fatalmente e inesorabilmente a schiac ciare ogni cosa, al di fuori della propria vanità (se ha vita e fortuna). Mario Spinella (Rinasci ta) ha ben colto che «la violenza non è quindi una deformazione della società tecnologica, una sua discre panza, ma risulta ad essa conseguente ». E Piero Pal lamano (Paese Sera) parla di « una musica che morde e rimorde un solo tema, esalando con gelida mono tonia il dolore senza scam po dell’uomo » Peccato per la monotonia, che però c’è, e mi chiedo: soltanto nel libro? La monotonia non è forse la nota dominante e prevedibile di una mecca nica utilitaristica (il dolo re senza scampo dell’uomo) in cui i sentimenti indivi duali non sono più social mente « utili »? Mi obietto: ma l’arte ha il compito di vitalizzare, non il contra rio, e l’obbligo della impre vedibilità e del mistero. Ri spondo: E’ vero. A Dome nico Porzio (Panorama) confermo la mia intenzio ne di ritirarmi dalla scena illuminata e visibile. A Walter Pedullà (Avanti!), che mi presenta « come ideologo che respinge dal l’esterno il sistema… » e mi loda « che sia il miglior Parise mai letto non c’è dubbio », vale la risposta a Montale. « Che sia il mi glior Parise » ho qualche dubbio invece, se Pedullà lo consente. Molto simpa tico Leo Pestelli (La Stam pa) nel sottolineare che « a questo mondo di sasso l’au tore ha perfettamente in tonato la scrittura che sen te l’aura di un gabinetto scientifico e dove il tecni cismo (a riprova che le pa role sono in funzione del contesto) mette un poetico gelo ». Giacinto Spagnoletti (Il Messaggero) dopo accurato esame del mio la voro si chiede quale sarà il mio destino di scrittore. Rispondo: non lo so. La parabola è discendente, for se il bengala è già spento, comunque sta per toccare terra. (Ma come? lei è an cora così giovane… No, non sono più giovane e la letteratura rende vecchi, vecchissimi, e precocemente mortali). Claudio Marabini (Il Resto del Carlino) par la di ascendenza kafkiana (non è il solo) Può darsi. In ascendenza tutto è pos sibile. Maria Corti (Il Giorno), illustre filologa e linguista (e strutturalista?), stupi sce un po’ per la lingua: « E le donne? Tutte defini tivamente oche, inserite nel sistema, incapaci di genera re l’imprevedibile. Beh. qui Parise non si accorge che conformista diventa lui ». Posso assicurare che non era nella mia intenzione, non è nel libro, e comun que non mi sarei mai per messo, con l’arietta che tira. Giuliano Gramigna (Corriere d’informazione), oltre alle lodi, ha una bel lissima immagine persona le « così si completa, come la seconda faccia della Luna, la curvatura del ro manzo » Do atto a Claudio Carabba (La Nazione) che « l’uomo è solo anche nel cuore del caro nido » e, vorrei aggiungere, ha inol tre uno spietato e indul gente nemico: se stesso. Fausto Gianfranceschi (Lo Specchio) anche lui, ma da tutt’altra barricata, m’in globa tra i contestatori « da quando si è lasciato con quistare dal fascino delle rivoluzioni cubane e cinesi; ignora che esse non rappresentano affatto una alternativa… ». Non sono stato conquistato, bensì in curiosito (da bambino mi si rimproverava di chiede re sempre: perché? non sono cambiato e nemmeno i rimproveri) e confermo: le rivoluzioni cubane, ci nesi, eccetera sono la alter nativa: le masse del mon do sono da quella parte, caro Gianfranceschi, alme no per ora, e non è colpa mia. Molte lodi ho avuto da Carlo Bo (L’Europeo): « ne salta fuori la diagnosi di una malattia che ha co minciato a colpire l’uma nità da gran tempo e non ammette distinzioni »; da G. A Cibotto (Il Giornale d’Italia), da Alberto Bevi lacqua (Oggi) e Giancarlo Vigorelli (Il Tempo Illustra to), il cui articolo è un abbraccio entusiasta e quin di non cito. Tipico del suo temperamento e della sua vitalità. Bo e Vigorelli han no sorvolato, con i loro caratteri generosi, sui di fetti del libro. Non tanto di « letteratura » di cui non importa molto, quanto di eccessiva razionalizzazione: cioè difetto di poesia. Di tali difetti il libro ne ha parecchi, ma purtroppo ne ha parecchi anche la mia vita o quella parte della mia vita in cui l’azione e la riflessione hanno con tato più della contempla zione. Di questo mi scuso con lettori e critici (che ringrazio tutti) ma non con me stesso. Letto 847 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. 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