LETTERATURA: I MAESTRI: È morto lo scrittore Giorgio Scerbanenco16 Ottobre 2018 di Alfredo Berberis Dopo una brevissima malat tia si è spento l’altra mattina nella sua abitazione milanese di piazza della Repubblica 25, lo scrittore e giornalista Gior gio Scerbanenco. Nato a Kiev cinquantotto anni fa, era ve nuto giovanissimo in Italia in sieme con il padre, un inge gnere che aveva lasciato la Russia dopo gli avvenimenti del 1917. Proprio recentemente Scerbanenco si era recato a Parigi per discutere la realiz zazione di alcuni film che avrebbero dovuto essere tratti dalla sua fortunata serie di romanzi polizieschi. Tornato a Milano, aveva accusato una serie di leggeri malesseri ai quali tuttavia non aveva dato alcun peso: lunedì purtroppo, un improvviso collasso lo ha stroncato. Per suo espresso desiderio i funerali si sono svolti ieri mattina, in forma sem plicissima alla sola presenza dei suoi parenti più stretti. Per anni il ritratto di Gior gio Scerbanenco, lo scrittore stroncato improvvisamente da un collasso cardiaco lunedì scorso nella sua casa milane se, era stato falsato da una sfumatura: il «rosa rotocal co ». Le pagine che ospitavano i suoi romanzi a puntate, quel le dei settimanali femminili, bastavano, da sole, a confinar lo, senza appello, nella riserva dei facili autori «per donne », in cui i visi pallidi della cri tica ufficiale non mettevano mai piede. Ed era un errore, perché in certi suoi libri avreb bero trovato un’aderenza alla vita contemporanea da croni sta attento e raffinato, uno sti le asciutto, senza troppi ara beschi sentimentali, un serio lavoro di scavo nella psicologia d’ogni personaggio. Qualità che gli sono state poi « scoperte » nelle storie poliziesche pubbli cate a partire dal 1966: Venere privata, la prima avventura del medico-detective Duca Lam berti, Traditori di tutti, I ra gazzi del massacro e I milanesi ammazzano al sabato, storie così fortunate da essere subito fagocitate dal cinema, che ce le proporrà tra breve. Nato a Kiev, nel 1911, da ma dre romana e da padre russo che, professore di latino e gre co all’università, scomparve al tempo della rivoluzione, Scerbanenco aveva raggiunto l’Ita lia da bambino. La miseria l’aveva costretto ad abbando nare la scuola (non era riusci to ad agguantare neppure la licenza elementare…) ed a met tersi a bottega, dapprima come fattorino, poi come magazzinie re. Ma aveva collezionato, per guadagnarsi la pagnotta, altri mestieri, prima di scoprire quello di scrivere: tornitore, manovale, uomo delle pulizie, rappresentante di macchine calcolatrici, venditore di pub blicità per riviste. Fu, questo, il suo primo contatto con il mondo editoriale. In seguito diventerà collaboratore e diret tore responsabile di periodici ad alta tiratura, risponderà, con vari pseudonimi, da Adrian a Valentino, a milioni di cuorinfranti, pubblicherà più di settanta romanzi e un migliaio di racconti, da auten tico macinatore di trame, alla Balzac, alla Simenon. L’avevo incontrato pochi me si fa, nel suo grande apparta mento di piazza della Repub blica. Per raggiungere il sog giorno, dove era solito lavorare â— la macchina per scrivere elettrica appoggiata su un tavolinetto basso, da tè, tutto tra ballante â— avevo dovuto sca valcare un campionario di gio cattoli, pericolosamente sparsi per terra dalle sue due bambi ne, Cecilia di cinque e Germa na di sei anni. « Scusi, sa, ma io sono abi tuato a questa baraonda. Molti si domandano come faccia a produrre tanto. Forse è perché posso scrivere senza difficoltà in qualunque condizione mi trovi. Posso lavorare in mezzo a una spiaggia affollata, al caf fè, allo stadio; scriverei in tram, sulla metropolitana… » Era sereno, felice. Aveva appe na ricevuto il Gran Premio In ternazionale della letteratura poliziesca, a Parigi, aveva terminato un romanzo di guerra (che uscirà postumo da Lon ganesi), registi cinematografici e televisivi si contendevano i suoi soggetti. Mi parlò del viag gio in Francia. L’aveva com piuto in automobile, con la gio vane moglie e le due figlie. L’automobile era il suo unico « hobby ». Aveva la patente, ma non voleva guidare, prefe riva affidare il volante a un autista di fiducia. Domenica sera, tornato da una clinica dove s’era sottoposto a una se rie di controlli per un lieve di sturbo che l’aveva colpito alle gambe, aveva chiamato l’auti sta. Voleva che fosse pronto per portarlo, con la famiglia, a Lignano, in una casetta che s’era comprato. Le bambine, pregustando la vacanza, avevano riempito una valigia di giocattoli e delle loro solite cianfrusaglie ed avevano pre gato la mamma di metterla già in macchina. E’ rimasta in anticamera.
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