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LETTERATURA: I MAESTRI: Fogli di diario

1 Dicembre 2016

di Mario Luzi
[da “Corriere della Sera”, giovedì 29 febbraio 1968]

Con sempre più circospetta attenzione non solo il critico: ma anche lo scrittore sorvegliano la lancetta del proprio orologio affinché non perda minuti nei confronti col tempo culturale. Quanti scrupoli. E che noia. Soprattutto che perdita di sicurezza. La fiducia che gli orologi della cultura potessero qualche volta essere costretti a regolarsi sul suo e magari a sottoporsi a una revisione totale, è stata la molla di molta se non di tutta la grande letteratura. Non conosco uno scrittore importante che abbia accettato di agire tra le coordinate e le ascisse   tracciate dall’ideologismo e dalla rettorica correnti al suo tempo. Probabilmente la stessa assimilazione profonda del pensiero dell’epoca glielo impedisce. Quante volte invece si osserva oggi in chi scrive l’orientamento preliminare sui luoghi convenuti della cultura. E come il lettore lo va subito ricercando a sua volta.

È ormai un carattere della letteratura di questi anni che la deduzione presieda all’in ­venzione (quando c’è); un ca ­rattere che i lettori hanno ab ­bastanza comodamente accolto. Sempre, naturalmente, faute de mieux, almeno mi auguro. Non credo che questo tempo pre ­corra la morte dell’arte, come molti profetizzano. Ma mi pare certo che questo è il tempo della sua umiliazione.

*

La cultura di uno scrittore non è tale se non abbia ma ­cinato e spremuto il raccolto delle informazioni. Forse il nuovo finto dualismo che avvi ­va come può la ricreazione della nostra parrocchia è tutto qui. Non esiste, se non nella mente di qualche polemista disoccupato, lo spettro dello scrittore incolto, che si rifiuta alla cultura per qualunquismo. Se esistessero di tali scrittori, non sarebbero chiamati in cau ­sa; nessuno ne parlerebbe. Il dilemma è in primo luogo tra cultura e avidità di acquisi ­zioni informative. Si può fondare un lavoro sulla mobilità di queste ultime? Oppure: è di necessità positivo confrontarsi, a mano a mano che arrivano, con ciascuna di quelle notizie? Certo un’estrema disponibilità può far tesoro di tutto. Ma raramente lo scrit ­tore è così disponibile.

Impostare il proprio lavoro sulla rapidità e la frequenza delle informazioni, be’, sareb ­be, credo, un altro mestiere. La cultura sceglie ed elabora le informazioni. La cultura del ­lo scrittore sceglie tre volte perché distingue quelle che le appaiono suscettibili di elabo ­razione e poi tra di esse quelle che appaiono congeniali e perciò utili al suo processo, e poi ancora, fra queste ultime, quelle che le si impongono co ­me determinanti. La cultura di uno scrittore è, dunque, un organismo così selettivo e, nello stesso tempo, così restrittivo?

Consideriamo anche l’aspetto contrario della questione: e cioè tutto quanto nasce dalla macina dello scrittore come nuova cultura. Bene o male lo scrittore non è votato solo alla ricezione, ma anche all’offerta di cultura.

*

« Già, ma così stai parlando dello scrittore che agisce per una determinazione precisa, che obbedisce insomma a una vocazione personale, e non di quello che ha eletto a sistema la perfetta neutralità di tutti i possibili ». « Chi, Musil per esempio? L’universo di Musil si regge sull’idea dell’indeterminazione perché egli ne era tutto occupato e paradossalmente determinato. O vuoi intendere quelli per cui chi par ­la     per   ultimo     ha     sempre   ra ­gione? ».

*

« Ho nel cassetto un romanzo   e temo ci resterà per sempre. Non vedo un editore di ­sposto ad accollarsene la spe ­sa ». « Perché? È un così mostruoso malloppo? Non dispe ­rare, se ne stampa di carta in Italia… E con un gusto matto ». « Al contrario, è per la sua brevità… ». « Be’, ammetto che il problema è più grave ».

« Figurati, il romanzo consta di tre parole ». « Ti confesso che non vedo neanche io l’edi ­tore che voglia stampare tre parole. A parte la spesa, ci pensi ai redattori che devono stendere la bandella, prepara ­re le presentazioni pubbliche, Le conferenze stampa? E in che situazione metteresti la critica? Sarebbe un romanzo del romanzo, un romanzo infor ­male, un romanzo di contesta ­zione? E poi sarebbe fruibile o no? Pensa a tutto questo ».

« Non mi fai molto coraggio. Pazienza. Resterà lì per i miei nipoti se vorranno leggerlo ». « Perché non dovrebbero? Sa ­rà comunque difficile ne tronchino a mezzo la lettura ».

« Questo sì ». « Piuttosto, se non ti chiedo troppo, perché non me lo reciti? Nel caso do ­vesse davvero restare inedito, non sarebbe augurabile che una tradizione orale lo diffon ­desse e, chissà, lo perpetuas ­se? » « Ma nel caso contrario chi comprerebbe il mio libro una volta che il testo fosse già divulgato? ». « Allora non compromettiamo l’avvenire, dimmelo come in confessione ».

«Ecco:     ‘Nacque     e     nocque ».

«Molto forte. Ma, vedi, sorgo ­no i primi dubbi, i primi problemi d’interpretazione… ».


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