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LETTERATURA: I MAESTRI: Giorgio Manganelli e il suo Don Chisciotte di carta

26 Ottobre 2010

di Alberto Arbasino
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 9 ottobre 1969]

Forse nessun istituto appa ­riva fino a poco fa scre ­ditato e defunto come la Re ­torica, ridotta a funzionare unicamente come termine di ­spregiativo nel parlar volgare, sinonimo di « vuota ampollo ­sità », al fondo d’una scivo ­lata catastrofica, dopo gli abu ­si e le sventatezze di tante generazioni culturali troppo affidate al fremito dell’intui ­to… Eppure, certo, nessun altro istituto nella cultura oc ­cidentale ha effettuato in così breve tempo un « gran ­de ritorno » altrettanto im ­pressionante alle più alte di ­gnità della pratica lettera ­ria…

Le figure

Alla luce della teoria della letteratura avviata brillante ­mente dai Formalisti Russi e portata trionfalmente avanti dalla Nuova Critica francese, infatti, il minuto esame del funzionamento dei meccani ­smi interni dell’organismo letterario prevale presto su ogni altra forma di analisi o di giudizio culturale. E qui la pratica retorica si rivela subito non più un deposito abbandonato di sineddochi polverose e di litoti in disu ­so, bensì una cassetta di at ­trezzi indispensabili per verifi ­care gli interruttori e far funzionare i rubinetti: tecni ­ca privilegiata,   insomma, e non già arsenale di balocchi insensati.

Già Eliot e Valéry, natural ­mente, accordavano un privi ­legio « assoluto » alla Scrittu ­ra, a spese di ogni interesse per la trama (e per i fatti, per i personaggi), nonché per ­le buone intenzioni, e per qualunque nesso fra Libro e Realtà (o Natura)… Ma dopo lo strutturalismo il gusto squisitamente tecnico per il funzionamento degli « strumenti » sviluppa un fascino sottile e implacabile per l’in sé dell’attrezzeria. Insomma, il narcisismo del cruscotto.

A questo punto, entra Giorgio Manganelli: apparizione fra le più spettacolari e inquietanti nel nostro palcoscenico letterario più recente.

Non gli importano davvero lo scientismo sistematico e il razionalismo linguistico e lo strutturalismo metodico e le attrazioni politiche dei Derri ­da e dei Genette e degli altri suoi contemporanei che illu ­strano in Francia l’esercizio della critica « obiettiva » se ­condo un nobile recupero del ­le istituzioni retoriche addirit ­tura aristoteliche. Gli arnesi e le « figure » sono poi i me ­desimi: però, metonimia e metafore non saranno certa ­mente per lui utensili arti ­gianali da adoperare nella definizione d’una scienza o di una teoria della Letteratura, bensì capziose valvole e sofi ­stici tergicristalli da degusta ­re conditi con elegantissimi accoppiamenti di aggettivi in ­consueti, nel « freddo gau ­dio intellettuale » dell’eserci ­zio della Dottrina come irri ­sione.

Così, i materiali d’elezione per le sue contaminate estasi retoriche non si rinverranno affatto fra Saussure e Jakob ­son, fra i teorici dell’informa ­zione o nel marxismo ereti ­co, nella semantica e nell’e ­pistemologia, bensì nei tratta ­ti barocchi e nei dizionari dei sinonimi, fra gli elenchi e i commentari e le declamazio ­ni della biblioteca di Don Ferrante, fra le acutezze e le argutezze e i geroglifici e i panegirici della gran Retori ­ca del Seicento italiano, rivi ­sitata non già come cimite ­riale schedario di macchina ­zioni metafisiche, ma in quan ­to galleria di mirabolanti de ­lizie.

Retorica, dunque, come pro ­cedimento manieristico orga ­nizzato non tanto per (av ­vocatescamente) persuadere, quanto piuttosto per conge ­gnare i più sorprendenti vir ­tuosismi, in una pratica let ­teraria che abbia per ogget ­to â— rigorosamente, sfaccia ­tamente, stilisticamente, ine ­luttabilmente â— null’altro che la Letteratura stessa (come per il Cavalier Marino, be ­ninteso, però anche come per Georges Paulet e per Jean Starobinski, per Jean-Pierre Richard e per Roland Barthes. Oltre che per Gustave Flaubert).

Artificio

« L’opera letteraria è un artificio, un artefatto di in ­certa e ironicamente fatale destinazione. L’artificio rac ­chiude,   ad infinitum, altri artifici; una proposizione me ­tallicamente     ingegnata na ­sconde una ronzante meta ­fora; disseccandola, metteremo   in   libertà   dure parole esatte, incastri di lucidi fonemi. Nel corpo della propo ­sizione, le parole si dispon ­gono con disordinato rigore, come astratti danzatori ceri ­moniali… Reciprocamente, ad una struttura demenziale cor ­risponde l’articolazione di una retorica. La perorazione paranoica si integra nei monologo maniaco depressivo. Obiettivo costante delle invenzioni retoriche è sempre il conse ­guimento di una irriducibile i ambiguità.   Il   destino dello scrittore è lavorare con sempre maggior coscienza su di un testo sempre più estraneo al   senso.     Frigidi esorcismi scatenano la dinamica furo ­rale dell’invenzione linguistica ».

Questo « finale » della Let ­teratura come Menzogna, la raccolta di saggi manganelliani pubblicata da Feltrinelli due anni fa, risulta un lu ­cidissimo «programma » per lo straordinario tour de for ­ce romanzesco di Nuovo commento, uscito da Einaudi (pp. 156 L. 1800), l’estate scor ­sa. Qui Manganelli dà fondo all’illusione di Macrobio e di Aulo Gellio, dell’Anatomia della Melanconia di Richard Burton e dell’Anatomia della Critica di Northrop Frye, di Bouvard e Pécuchet, e perfi ­no di Adorno (nei confronti di Walter Benjamin): ah, scrivere un libro di sole ci ­tazioni! E si spinge addirit ­tura oltre l’illusione di Don Chisciotte: ah, vivere come una biblioteca! Il romanzo Nuovo commento consiste in ­fatti in un avviluppato intrec ­cio di note a un testo che non c’è, di saturnine e affasci ­nanti divagazioni intorno a un oggetto che non esiste, di periferie frananti e gio ­cose ai margini di un nucleo ostinatamente negato.

L’operazione è riuscita splendidamente: la grazia iro ­nica dello Sterne del Tristram Shandy s’infiltra leg ­gera fra dotte e allucinanti mimesi di allievi di Daniello Bartoli e nipotini di Emanue ­le Tesauro; e nel moderno milieu accademico italiano, soltanto A. M. Ripellino sem ­bra possedere il dono di un gusto della parola altrettan ­to espressionistico e visiona ­rio… Ma sotto il peritoso ca ­priccio del pastiche erudito affiora continuamente il sot ­tosuolo di Dostoievski.


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1 commento

  1. Pingback by Bartolomeo Di Monaco » LETTERATURA: I MAESTRI: Giorgio Manganelli … — 26 Ottobre 2010 @ 10:19

    […] Per approfondire consulta la fonte:   Bartolomeo Di Monaco » LETTERATURA: I MAESTRI: Giorgio Manganelli … […]

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