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LETTERATURA: I MAESTRI: Giuoco con l’ignaro

30 Marzo 2019

di Elémire Zolla
dal “Corriere della Sera”, lunedì 6 gennaio 1969]

Durante la guerra gli psi ­chiatri dell’esercito america ­no fecero largo uso delle te ­rapie di gruppo per risanare i soldati colpiti dal trauma della battaglia. Era il primo impiego di massa del nuovo metodo. Da allora è cresciuto il numero dei tecnici e dei teorici, e alcuni trattati han ­no codificato i risultati.

Come ogni scoperta reddi ­tizia, queste manipolazioni sono penetrate nella società, a poco a poco creando nuove costumanze, rafforzando le idee che le hanno sapute far proprie, e la massa s’è pie ­gata a chi ha messo a pro ­fitto quanto era nato in de ­solate sale di manicomi. Sor ­presi e irretiti da fenomeni sociali inspiegabili per chi ignori le nuove tecniche, gli intellettuali hanno reagito co ­me gli insetti d’un formicaio scoperchiato, inventando spie ­gazioni apocalittiche o met ­tendosi disperatamente al passo, mostrando infine tutti i sintomi della malattia che si voleva appunto inoculare loro.

E’ ben raro chi si sottragga all’anima collettiva che l’ope ­ra discreta d’un animatore di gruppi sa suscitare. La mag ­gior novità è questa figura nuova, dell’animatore di di ­battiti, che fa rigorosamente a meno d’ogni apparenza nonché autoritaria, autorevo ­le.

In un manicomio svizzero si decise di sottomettere al trattamento di gruppo gli in ­fermieri: « Non si poteva di ­re â— Fatevi curare â—, ma si poteva dire â— Venite a discu ­tere insieme â— »; che il fine fosse quello amabile di miglio ­rare il loro carattere o altro, magari opposto, poco impor ­ta: lo strumento permane, i fini cambiano. E’ ben facile escogitare, volendo, temi di « discussione » fra persone unite da un’attività comune, si possono perfino far discu ­tere fra loro intorno alla ma ­ternità le madri in quanto madri, intorno ai genitori i figli come tali. Se poi si dà ai convenuti l’impressione che non semplicemente inter ­pretano ma forse modificano la realtà grazie alla loro me ­ravigliosa inventiva e incom ­parabile, eloquente saggezza, come potranno non prodigarsi in parole, parole, parole, in un racconto che non significa nulla?

*

Tornando a quegli infermie ­ri (e beninteso di loro, come Marc’Antonio di Bruto, dicia ­mo ogni bene possibile), essi subirono il trattamento, e tanto più docilmente, allorché l’ani ­matore un giorno si vide chiu ­dere in faccia la porta della sala dove la riunione si sa ­rebbe dovuta tenere. Oh, il sopruso amministrativo, la prova dunque, per qualunque fragile mente, che fra lui e l’amministrazione non poteva esserci intesa di sorta! Da al ­lora la finzione di essere uno come loro, senza poteri né mandato riuscì all’animatore impeccabilmente, egli modifi ­cò come voleva certe loro per ­suasioni come non avrebbe potuto con i consueti mezzi dell’autorità, dell’intimidazio ­ne o di una palese terapia. Si domina o con la violenza o con la corruzione; esiste una corruzione del linguaggio, ridotto a filastrocca di luoghi comuni rivendicatori.

L’animatore sa creare la psiche di gruppo la quale, re ­stando intera nelle parti in cui si divida, entrerà nel cir ­cuito psichico di ciascuno dei componenti; come una parti- cella radioattiva essa conti ­nuerà a irradiarlo per qual ­che tempo e potrà essere ri ­caricata d’energia ad ogni nuova adunata. L’animatore deve tralasciare l’aria profes ­sionale o una qualificazione precisa, badando solo a pro ­vocare certe correnti psichiche fra i partecipanti. Lui solo sa che le ciarle sono ciarle. Do ­vrà all’inizio mostrarsi so ­prattutto interessato ad aiu ­tare gli intervenuti: sa che qualunque riunione di perso ­ne all’inizio è dominata dall’ansia (visibile in taluni dal loro impaccio e dai loro si ­lenzi, in altri dalle loro ro ­domontate). Andranno elimi ­nate le persone inaccessibili al trattamento: certi schizo ­frenici, certi malinconici ma ­novratori di minacce di sui ­cidio, gli afflitti da un « su ­perbo » eccessivo, o gli es ­seri (cosa rarissima, trascu ­rabile) del tutto maturi.

All’infuori dei pochi inas ­similabili, tutti sono poten ­ziali pazienti. L’animatore de ­ve essere libero da ogni de ­siderio narcisistico, e indivi ­duare nelle sue cavie il mo ­vente che spinge al silenzio o alla loquacità, a difendere questa o quella tesi. Nei grup ­pi dichiaratamente terapeutici egli sa che scatteranno fa ­talmente delle spinte aggres ­sive contro di lui (le chia ­ma transfert negativi), nei gruppi di discussione invece esse colpiranno ora questo ora quel partecipante. L’animato ­re incanala o smorza tali spinte ed è regola ferrea che egli non parli mai di questo gioco, non sveli a nessuno i moventi occulti. Allorché sentirà cospirare contro se stes ­so l’avversione di gruppo, si ­mile a quella della mitica, freudiana orda di fratelli con ­tro il padre, dovrà accortamente rifiutarsi alle doman ­de più o meno copertamente provocatorie, invitando altri a rispondere. Quando poi un partecipante, sottoposto a questo regime regressivo del di ­battito a vuoto, cominciasse a evocare ricordi traumatici, se la seduta è terapeutica l’animatore potrà farne teso ­ro; dovrà banalizzarli vice ­versa se si è in un gruppo di discussione. Compito co ­stante dell’animatore è di fa ­cilitare gli interventi (going around): « questa è un’opi ­nione interessante, vorremmo adesso la sua… », non si stan ­cherà di ripetere che è lì per aiutare, non per imporre una opinione, che si è lì tutti per fare uno « scambio di espe ­rienze ». Saprà dosare senza averne l’aria le blandizie a coloro che temono (timore che è lo stigma incancellabi ­le di un’immedicabile medio ­crità) la « brutta figura » (an ­che se farla, lascerebbe le lo ­ro fortune economicamente al punto di prima); saprà pe ­raltro convogliare l’animosità di gruppo contro chi tenda ad accaparrarsi l’attenzione. Tutto deve rimanere allo sta ­to fluido, e non sarà difficile rimediare alla mancanza di un fine esatto della discus ­sione, provocando intermina ­bili litanie rivendicatorie con ­tro un ente qualsiasi.

*

Queste tecniche riescono così bene perché ormai nes ­suno si pone innanzitutto de ­gli scopi precisi, e perciò nem ­meno si chiede quali sieno gli scopi precisi di altri: in questa generazione si paga il prezzo di una ormai inverata distruzione della « scienza dei fini supremi », della metafisica. Si cessò nel ‘700 di parlare del fine soprannaturale dell’uomo e si finisce oggi col non sa ­pere nemmeno definire il fine delle azioni più modeste; si va a una riunione senza nem ­meno sognarsi di chiederne lo scopo. Chi non vuole rifor ­mare quanto ha d’attorno, specie se non sa come lo vuo ­le? L’animatore dosa l’uso della prima persona plura ­le, che toglie angoscia, e la cui revoca improvvisa (« non sei più noi, sei tu ») sarà, al caso, un’inapparente e per ­ciò efficacissima sanzione. Slawson ha paragonato il tes ­suto connettivo del gruppo che così si forma all’induzione elettrica e alle reazioni a catena. I partecipanti cominceranno a sentirsi solidali poiché vi si sentiranno esonerati, essendo « uno di noi » e non più « io », dal senso di colpa (e chi non lo prova?), alle ­viati dall’ansia (e chi ne è libero?). Conforto e tepore (e anche qualche piccola frustra ­zione opportuna) si prove ­ranno in un gruppo dove si è tutti uguali (nella misura in cui si è, senza saperlo, nelle mani dell’animatore, forse se non altro perché sa ciò che vuole), in cui le proprie ciance sono onorate, in cui peral ­tro ogni tanto la disapprova ­zione collettiva scatta a pu ­nire qualcuno e quindi tutti si tengono entro i limiti non formulati ma proprio perciò ben vincolanti (il diritto pon ­tificale della Roma arcaica non era noto e proprio per ­ciò tremendamente efficace).

Chi voglia impratichirsi dei particolari potrà consultare il libro curato da Mullan e Rosenbaum: Group Psychotherapy. (Free Press of Glencoe, 1962), il trattato dello Slawson e altri, ma soprat ­tutto dovrà imparare sui cor ­pi vili.

E’ chiaro che l’animatore avrà un certo numero d’aiu ­tanti se invece del gruppo di otto (questo numero pare sia l’ideale) dovrà manipolare as ­sembramenti maggiori, dove manterrà lo stato fluido eli ­minando ogni garanzia proce ­durale. Suscitata una sufficien ­te angoscia, si può offrire un principio di cristallizzazione facendo convenire tutti su di ­chiarazioni di principio « idea ­listiche » o ovvie. E in questo gioco psichico collettivo avranno la loro funzione sia gli scalmanati « idealisti » che coloro i quali ne attenueran ­no la foga con aria compe ­tente e tecnocratica.

Chi non afferri le nuove tecniche farà la fine degli in ­diani dell’Amazzonia, ostinati nell’opporre agli aerei le cerbottane.

 

 


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart