LETTERATURA: I MAESTRI: Il crematorio di Vienna14 Dicembre 2017 di Eugenio Montale L’uomo alienato, anzi reifi cato come si dice oggi, ridot to a cosa e non più individuo, è veramente infelice per la condizione in cui è venuto a trovarsi? il problema è cer tamente mal posto perché dell’uomo libero, non condi zionato che da se stesso la storia non offre esempi; ma se vogliamo ammettere ch’es so esista e sia anzi il proble ma d’oggi si deve escludere che psicologi sociologi e al trettali specialisti dell’uomo-uomo e dell’uomo-formica siano i più idonei a risol verlo. Gli artisti invece hanno qualcosa da dire in proposi to perché la loro vocazione â— e più nell’ultimo secolo, da quando sono sorti verismo naturalismo e altre scuole af fini â— sembra essere quella di denunziare l’universale infelicità umana. Non sono pe rò concordi nella prognosi e tanto meno nella diagnosi. La infelicità dell’uomo è costi tutiva, originaria oppure è l’effetto dei « sistemi » socia li sinora sperimentati? Gli artisti così detti engagés pro pendono per questa seconda ipotesi ma sanno benissimo che l’utopia della Città Feli ce non fu e mai sarà attua bile. Altri invece accettano l’infelicità come la sola pos sibile fonte di ispirazione. L’arte sarebbe la vita di chi non vive. E’ difficile immagina re che un uomo felice, un uo mo « riuscito », rinunzi alla sua presente felicità per crearsi una soddisfazione post mortem scrivendo ope re letterarie di non probabile sopravvivenza. Non mancano, sono anzi numerosi, gli scrittori che pur non essendo impegnati nel la contestazione socio-politica sentono il bisogno di giustifi care il no da essi opposto al la vita dell’uomo d’oggi. Tra questi, e tra i più giovani, particolarmente interessante è Goffredo Parise. Il suo no non è a senso unico: nel suo ultimo libro Il crematorio di Vienna (Feltrinelli) l’accusa non è rivolta alla vita intesa come istituzione, bensì alla civiltà consumistica, che è la sua bestia nera, non certo l’unica. Lo sguardo di Parise è stato sempre quello di un antropologo che abbia il ca polavoro di Darwin come livre de chevet. Non tanto lo interessa l’uomo come anima le privilegiato (che pensa e modifica a piacer suo o di strugge la sua vita) quanto l’uomo animalesco tout court che continua a mostrarsi nel l’attuale uomo civile ed eco nomico. Non so se Parise si faccia illusioni su ciò che po trebbe essere l’uomo allo sta to di natura, il buon selvag gio. In ogni modo è la vita primordiale quella che attrae la sua attenzione; ed è per questo che in un libro di tin te uniformi, volutamente composto sullo schema di « tema e variazioni » (una trentina di pezzi numerati senza titoli) si può trovare ad apertura di pagina una frase come questa: « O pe sci!, in amore muto e natan te, in seminagione stagionale, la vostra tecnocrazia o siste matica riproduttiva non co nosce le belle regole della dialettica: fate e basta. Non conoscete, beati voi, la di dattica pedanteria delle con venzioni ideologiche (…) o pesci, fate, guizzate con l’oc chio non cosciente, privo di quel miraggio, verso non tec nici miraggi: il vermetto, ma gari traditore, la libellula, il pesce femmina, gli infiniti e gioiosi misteri di quel grande Luna Park subacqueo che è la vita ittica, ottusi ai ragiona menti, alla presenza, alla bel la presenza con cappello gri gio, guanti grigi, soprabito grigio dei marciatori dell’uni versale bella presenza, delle confezioni, dei prodotti di bel lezza per uomo, o pesci! ». Non dico che questo sia un bellissimo squarcio di prosa; ma a chi non conoscesse Pa rise potrebbe servire per com prendere tanti altri motivi di lui. * Il tema che prevale nel Cre matorio trovava già nel Pa drone (il più fortunato roman zo di Parise) due personaggi ancora individuabili da un punto di vista che diremmo vagamente naturalistico: il pa drone Max, pianta carnivora che risucchia un suo dipen dente: il quale, a conti fatti, accetta una situazione a lui non del tutto sfavorevole. Il motivo del consumo, della quasi perfetta simbiosi tra il consumante e il consumatore e il consumato, dava luogo a un grottesco di forte interesse narrativo. Qui invece, nel Cre matorio, i personaggi pure re stando anonimi (portano sol tanto un nome che è una let tera dell’alfabeto) vivono in ambienti ben definiti, hanno caratteri fisici e psicologici ac cettabili ma perdono alquanto in credibilità. Altro è trovarsi nella condizione di robot, al tro sapere di esserlo. Le figure di questo défilé pensano e riflettono sulla loro condizione con una straordinaria consapevolezza, ciò che nella vita quasi mai accade. Nella vita l’infelicità non è di entrare nel circolo produttore-prodotto ma nell’uscirne. Non è psicologicamente vero che l’uomo de sideri la libertà: è vero però ch’egli deve illudersi di desi derarla. * Solo in rari esempi la para noia si affaccia nei personag gi monologanti di Parise. Ta le è il caso dell’uomo che uc cide molte persone senza al cun proposito criminale, ma per darsi prova della propria abilità nel tiro a segno. Ma in casi analoghi, e assai meno cruenti, il tema del rapporto tra divoratore e divorato è quasi nascosto e si crea allora una situazione veramente poetica restando nascosta la nuda e cruda motivazione. Ta le la storia dell’innominato si gnore che vede in bianco e nero la sua casa, la sua fami glia e se stesso, mentre ogni altro « esterno » conserva vivi di colori. Si ha qui il tema dell’usura, ben diverso da quello dell’uomo strumentalizzato. Là dove, invece, prevale un implacabile j’accuse, una re quisitoria contro la robottizzazione dell’individuo, l’osses siva iterazione del motivo per de in efficacia e lascia alquan to incredulo il lettore-consu matore. Perché alla fin dei conti il paradosso di Parise e di tutti gli anticonsumisti (an ch’io ho peccato in questo sen so in miei vecchi scritti non narrativi) è ch’essi stessi so no professionali produttori e avidi consumatori di merce culturale. Si tratta di una contraddizione di fondo presente in tutta la letteratura d’oggi. Contraddizione più apparente che reale perché non si può uccidere, artisticamente, la vi ta senza una forte carica di amor vitae. Questa volontà di vivere è sempre stata presen te in tutti i libri di Parise e nei suoi reportages giornalisti ci. Nel suo ultimo libro essa sembra quasi espunta come una imperdonabile debolezza. Ciò non toglie che quand’es sa trapela Parise riacquisti tut ta la sua forza.
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