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Rivista d'arte Parliamone
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LETTERATURA: I MAESTRI: Il figlio di Kafka

27 Gennaio 2009

di Enzo Tortora

[da “La Nazione”, sabato 6 giugno 1970]  

(Enzo Tortora, il noto e sfortunato presentatore televisivo, era anche un ottimo giornalista. La sua scrittura era limpida ed efficace. Sono contento di aver ritrovato nei miei archivi qualche suo scritto. bdm)

 

Le fotografie sono di un azzurro sbiadito, come la stampa di alcune delle stupende pagi ­ne del libro che Giorgio Zam ­pa dedica a Kafka. Letture e ritratti è infatti il titolo del ­l’opera, edita tempo fa da De Donato, e che Zampa estende anche a Rilke e a Thomas Mann. Ma limitiamoci a queste vec ­chie foto: sono quelle che po ­trebbero sciogliere il mistero del « figlio » di Franz Kafka: un bimbo che, se esistette, sva ­nì nel nulla, come in un sogno o in un incubo immaginato dal ­lo scrittore praghese. Zampa fu probabilmente il primo a met ­tersi sulle tracce di questo bam ­bino, la cui esistenza, labile e breve, non ha forse lasciato al ­tro segno all’infuori delle due fotografie, struggenti, che lo scrittore inserisce nel suo vo ­lume. Avevo visto Zampa re ­centemente, a Savona, dove sta ­va allestendo II sogno di Strind ­berg per la interpretazione di Ingrid Thulin. Ci stringemmo la mano come vecchi amici, pur non essendoci mai visti prima. Ma sapevamo l’uno dell’altro: la « caccia » al figlio di Kafka l’avevamo compiuta assieme, sia pure per vie e con tempi diver ­si, in un paesino della provin ­cia di Frosinone: San Donato Valdicomìno.
Là visse qualche tempo, ten ­tando di sfuggire a un tragico destino, durante l’ultima guer ­ra, l’ebrea Margherita Bloch: la donna che sotto il nome di « Grete » compare spesso nei Diari kafkiani, e che, amica di Felicia Bauer, fidanzata di Franz, avrebbe avuto il figlio da una relazione naturalmente svoltasi all’insaputa della stessa fidan ­zata di Kafka. Ma c’è di più: è assai probabile che neppure lo scrittore abbia mai avuto noti ­zia di questo bimbo: morto, si dice, a Monaco, all’età di circa sette anni. A San Donato Val ­dicomìno visse dunque qualche tempo, braccata dai nazisti, Gre ­te Bloch: la sua irrequieta, sin ­golare figurina (qualcuno la giu ­dicava « un po’ stramba ») è ricordata ancora oggi dagli abi ­tanti del paese: oltre che dai superstiti della colonia israeli ­tica che con lei divisero quei giorni di amarissimo confino. La donna che gli eventi aveva ­no condotto fra quelle monta ­gne, la donna che conobbe e amò l’autore delle « Metamor ­fosi » e del « Processo », e che raccontava di « aver avuto una volta un bambino da un famo ­so scrittore », mi interessava.
Eseguii così un’inchiesta, e fui sul punto addirittura di met ­tere le mani su alcune valigie che Greta Bloch, tragicamente eliminata dai tedeschi, aveva la ­sciato a San Donato. Vi poteva ­no essere documenti e lettere: vi poteva essere la chiave del mistero. Ma nel 1965, le famo ­se valigie scomparvero. E con quelle il loro segreto. Oggi Zam ­pa, che non comunica la fonte, pubblica – a corredo dei suoi saggi – una foto di Greta Bloch che abbraccia un bimbo, in at ­teggiamento di tenera protezio ­ne. E un’altra foto dello stesso fanciullo, maggiore di qualche anno, in un lettino d’ospedale, il capo fasciato, un infermiere o un medico accanto. Grete era nubile, sola. Negli ultimi anni viveva di paura e di ricordi. Fumava moltissimo: aveva un estremo bisogno di compagnia, di calore umano. Me ne parla ­vano la moglie, i figli del dottor Massa, oggi scomparso, e che ebbe in cura nel 1942 questa esile donna, che dimostrava as ­sai più dei suoi cinquant’anni. Soffriva di reumatismi al polso destro, di lombaggini.
Per sfuggire alla caccia, im ­placabile, che i nazisti davano agli ebrei, si era decisa a farsi cattolica, battezzandosi, e l’at ­testato è ancora conservato ne ­gli atti parrocchiali del paese, con data 16 giugno 1943. Poi la retata, nel maggio del 1944. E qui, fatte le doverose felici ­tazioni a Zampa per il fiuto, e la sagacia impiegata nelle sue ricerche in merito alle foto e ai documenti sulla relazione Kaf ­ka-Bloch, un’unica osservazione. Lo scrittore, circa la fine di Grete, s’accontenta di riprende ­re una vaga notizia, che anche il massimo biografo kafkiano, Brod, pubblicò a suo tempo. Quella secondo cui la Bloch « risultò uccisa da un soldato tedesco, con il calcio di un fu ­cile ».
Non è esatto. Vive ancora a Torino (abita in Corso Orbassano 4) la signora Rosa Myler, che fu l’ultima persona a vede ­re, vivo, il lontano amore di Kafka. « Ci portarono da San Donato a Fossoli » mi raccontò la signora Myler durante un in ­contro che ebbi con lei: « e di qui, in vagone piombato, ci por ­tarono in Germania. Ci fecero scendere ad una stazione dal no ­me tragico: Auschwitz. E qui, all’ingresso del campo (erava ­mo tantissimi) adottarono una tattica curiosa. Facevano entra ­re i deportati a coppie. Greta Bloch ed io eravamo vicine, ci tenevamo per mano. Un tedesco ci smistava. Uno a destra, uno a sinistra. Non c’era un disegno logico: sembrava che volessero semplicemente alloggiar ­ci in baracche lontane una dal ­l’altra. Invece, chi andava a si ­nistra, entrava (come capitò a me, per puro caso) in un ba ­raccamento. Chi andava a de ­stra, finiva subito nelle camere a gas. Alla povera Greta dis ­sero ” a destra “. E’ tutto. Non fu uccisa dal calcio di un fucile: fu soffocata, come tanti, nelle camere a gas ». La signora Ro ­sa Myler è una delle poche per ­sone che potrebbero, forse, por ­tare un ulteriore contributo al chiarimento del problema che appassiona tanti cultori di Franz Kafka.
A San Donato Valdicomìno vive del resto ancora un uomo (anche Zampa ne fa cenno) che con Grete, da lui tanto diversa per gusti, sensibilità ed estra ­zione, fu in rapporti che la vo ­ce comune definiva «sentimen ­tali ». Arturo C, di professione orologiaio, parlò anche con me di quel suo lontano ricordo, di quella « signorina Margherita tanto fine, e così istruita ». An ­cora oggi, suppongo, Arturo C. ignora del tutto chi sia Kafka e quali sentimenti poteva ispi ­rare quella che lui definiva «una passioncella » al tormentato au ­tore del « Castello ». « Sì, mi parlava certe sere di aver avuto da lui un figlio. Ma erano pa ­role frenetiche, non ci davo nemmeno peso. Non potrei giu ­rarci, ma mi sembra che questo bambino si chiamasse Casi ­miro ».
Arturo C. mi parlava di que ­ste cose al tramonto, in una se ­ra del 1964. S’era consumato, in quella valle, il destino di una infelice, angosciata creatu ­ra. Era stata la donna di Franz Kafka: tutti ritenevano, invece, che fosse una signorina « un po’ originale ». Le sue parole, come le notizie sul figlio, nono ­stante i suggestivi documenti che Zampa pubblica, oggi non hanno ancora acquistato un ri ­scontro definitivo. Del bimbo manca non solo il nome, ma anche l’atto di morte, come un qualunque certificato ufficiale che ne attesti in modo definiti ­vo l’esistenza.
Nel novembre del 1964, il figlio del dottor Massa, che eb ­be in cura Greta Bloch, mi scri ­veva testualmente: « Con som ­mo piacere La informo che ab ­biamo scovato il punto preciso dove si trovano le valigie della Bloch, lasciate al momento del ­la deportazione. Vi sono contenuti indumenti vari, lettere di corrispondenza, fotografie, anche del figlio, nonché un mi ­sterioso album ». Mi precipitai ancora una volta a San Donato. Tutto scomparso. La Croce Ros ­sa, mi si disse, aveva da pochi giorni disposto il recupero di quei pochi beni. Non credo che le foto e le lettere, di estremo interesse, pubblicate da Zampa, facessero parte di quelle tre va ­ligie. Oppure sì? Potrà rispon ­derci, e chiarire, se lo ritiene opportuno. C’è ancora, a mio avviso, molto da indagare e da cercare sulla vicenda di questo figlio di Kafka. E di questa don ­na che nella vita di Kafka, come dice molto bene Zampa, « rappresentò una parte per assurdità pari solo a quella dei più tragici personaggi kafkiani ».


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9 Comments

  1. Commento by Carlo Capone — 27 Gennaio 2009 @ 13:13

    Uno scoop sullo scoop di Enzo Tortora, Bartolomeo. Non ne sapevo assolutamente nulla di questo presunto figlio di Kafka.
    Chi sa che qualcuno non prenda spunto da Parliamone per riavviare l’inchiesta.

    Carlo

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 27 Gennaio 2009 @ 14:47

    Ne parlavo qualche giorno fa sul blog, qui: https://www.bartolomeodimonaco.it/?p=3268
    In realtà il biografo di kafka, Brod, aveva già accennato all’esistenza di un figlio, ignorata dall’artista. Tuttavia Tortora indaga molto più a fondo, correggendo anche le notizie sulla morte della Block.
    Ribadisco, Enzo Tortora scriveva bene ed era una persona perbene.

  3. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 27 Gennaio 2009 @ 20:27

    Articolo estremamente limpido, che, al di là di un interesse intrinseco che suscita in ordine ad un fatto riguardante il grande Kafka, mi induce alla commozione. Il ricordo di Enzo Tortora e della sua drammatica vicenda, sono tuttora vivi. L’errore giudiziario di cui fu vergognosamente vittima e lo portò alla morte continua ad indignarci ed a farci meditare sul mal funzionamento di una giustizia nostrana, che, purtroppo, in diverse circostanze, pare perdurare. E pensare che, se non erro, il giudice responsabile dell’ingiusta condanna di Tortora, ottenne una promozione!
    L’articolo, poi, ricostruisce, con lucidità, anche la vicenda tragica e triste della figura femminile, legata allo scrittore, ripercorrendo l’orrore dei campi di concentramento, che videro vittime milioni di Ebrei. E proprio oggi ricorre il “Giorno della Memoria”
    Gian Gabriele Benedetti

  4. Commento by Daniela — 27 Gennaio 2009 @ 21:05

    Dunque anche Grete Bloch è morta in un campo di concentramento come quasi tutti coloro(familiari, amici) che sono sopravvissuti a Kafka o che hanno avuto contatto con lui. Compresa la famosa Milena, che pure non era ebrea. E’ giusto e comprensibile che questo articolo sia stato pubblicato proprio oggi. Non ne avevo capito il motivo.
    E’ interessante (e misteriosa) la storia di Grete Bloch: inviata a Praga dalla berlinese Felice Bauer per dare un’occhiata a quel fidanzato strano e sfuggente, riuscì apparentemente a portare a termine la sua missione che esitò nel fidanzamento di Kafka con Felice il 1 giugno 1914. Dopo nemmeno due mesi si verificò la prima rottura, di fronte al “tribunale” costituito da Felice, la di lei famiglia e se non sbaglio la stessa Grete (nei mesi successivi non a caso Kafka scrive “Il processo”). Non si parla però, nè si fa cenno, per quanto ne so, ad una relazione tra Kafka e Grete, l’amica di Felice. E infatti in seguito Kafka l’ossessivo, l’irresoluto, si fidanza di nuovo con Felice; i tre vanno addirittura a fare una gita insieme. Dal matrimonio lo salva questa volta “lo sbocco di sangue”, il primo segno della sua malattia. Era il 1917, il bambino era ancora vivo. Mi domando perchè Grete non parlò con Kafka del bambino dopo aver appreso la sua definitiva separazione da Felice.
    Mi interessa molto questa vicenda anche perchè getta interrogativi su una diffusa opinione che vede Kafka schiacciato da una potente figura paterna e perciò incapace di generare e ridotto a non essere che “figlio”.
    Mi farebbe piacere avere altre informazioni: molti esperti kafkiani seguono questo sito!
    E le valigie di Grete Bloch, recuperate dalla Croce Rossa? Se ne sa niente?
    A parte tutto complimenti per aver scovato questo articolo sorprendente sotto molti aspetti. Commuove che lo abbia scritto Tortora.

  5. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 27 Gennaio 2009 @ 21:36

    Per vedere di portare eventuali nuovi elementi, ho scritto ad un amico, profondo conoscitore di Kafka e non solo di Kafka, ma di tanti altri autori. E’ una di quelle 2/3 persone (ancor giovane) davanti alla quale, incontrandolo a Milano, mi inchinai.
    Non solo conosce la letteratura mondiale, ma parecchie branche dello sport: ciclismo, calcio e boxe non hanno per lui segreti.
    Speriamo che ci accontenti.

  6. Commento by Damiano Zerneri — 28 Gennaio 2009 @ 00:29

    Caro Bart, ti ringrazio come sempre delle belle parole. Non ho però questa gran autorità in materia kafkiana, lo dico per gli altri che non mi conoscono, affinché non pensino chissà cosa eh. (faccino che ride)
    Ad ogni modo, la questione di questo fantomatico figlio di Kafka non è nuova. Ci fu infatti chi sostenne che Grete Bloch ebbe un bambino da lui, ma gli elementi oggettivi di cui disponiamo non avvalorano questa tesi. Nell’articolo Enzo Tortora dà per scontato che la Bloch fosse “la donna” di Kafka, ma anche qui, e ciò per quanto è a mia conoscenza, meno che mai esistono prove di sorta.
    Grete Bloch era un’amica della fidanzata storica di K., Felice Bauer. Quando tra i due subentrò una crisi, Grete fece in qualche maniera da intermediaria. Incontrò molto brevemente lo scrittore durante un soggiorno a Praga. Con lui intrattenne anche una corrispondenza. Ho letto quelle lettere: non vi è nulla che lasci supporre una qualche forma d’intimità tra i due. Certo, alcune missive, magari compromettenti, possono essere state distrutte dalla Bloch, però allo stato attuale non ci sono prove che il rapporto tra il fidanzato e l’amica della fidanzata sia andato al di là della cortesia e della confidenza. Inoltre, visti i soggiorni della B. a Praga e di K. a Berlino, paiono non esistere i tempi “tecnici” perché abbia potuto avere svolgimento una relazione tra i due. Ripeto, non lo si può escludere, poiché in definitiva parliamo della sfera privata di persone, ma allo stesso modo non ci sono dati che lo dimostrino. Peraltro Grete Bloch fu presente all’incontro chiarificatore svoltosi all’albergo Askanischer Hof di Berlino nell’estate del 1914 e che portò al primo scioglimento del fidanzamento Bauer-Kafka.
    Riporto ora un paragrafo credo rivelatore dalla biografia di Kafka scritta da Claude David (che in ogni caso non è il massimo biografo kafkiano, come pure non lo è Max Brod, contrariamente a quanto scrisse Tortora) e edita da Einaudi:
    “Ora dobbiamo accennare ad una leggenda assurda ma tenace, che di tanto in tanto viene ancora riproposta. Max Brod, che però era il primo a non crederci, l’aveva divulgata. Nel 1940 Grete Bloch, che allora viveva a Firenze, aveva scritto ad un amico residente in Palestina di aver perso a Monaco nel 1921 un figlio di sette anni; il che faceva risalire la nascita del bambino intorno al 1914. Contemporaneamente il destinatario della lettera, che aveva preso contatto con Max Brod, sosteneva che il padre del bambino altri non era che Kafka. Ma niente regge in questa congettura se non la nascita di un bambino; abbiamo già detto che il tono delle lettere di Kafka esclude la possibilità di un legame amoroso con Grete; si sa anche che a quell’epoca i due si videro in tutto solo tre volte, e molto brevemente.[…]Il corrispondente israeliano fu il solo ad attribuire a Kafka la paternità del bambino; Grete Bloch non avanzò mai simili pretese. Infine leggiamo, in un poscritto ad una lettera a Felice dell’agosto 1916: “Come lo sopporta la signorina Bloch e che cosa significa per lei?”. Così isolata, la frase evidentemente non è interpretabile; però non è da escludersi che si riferisca al figlio naturale che Grete aveva a carico”.
    Inutile dire che concordo con le parole di Claude David. Di Giorgio Zampa, ottimo germanista, ricordo infine una pregevole edizione de “Il processo” edita a suo tempo nella piccola biblioteca Adelphi.

    un caro saluto Bart

    Damiano

  7. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 28 Gennaio 2009 @ 08:53

    Ancora una volta mi inchino, Damiano, e ti ringrazio per la tua disponibilità. Non ne dubitavo. Approfitto per dire agli amici di Parliamone che Damiano ha un blog dove pubblica i suoi bei racconti. Se volete conoscerlo (c’è anche una sua foto) andate qui: http://strindberg.livejournal.com/

  8. Commento by Daniela — 28 Gennaio 2009 @ 09:27

    Ora è più chiaro. Grazie. Spero comunque non sia una conclusione. Dal 1970 (data dell’articolo di Tortora) ad ora qualcuno avrà pur curiosato in quelle valigie! E le foto pubblicate da Zampa? Non le ho trovate su internet. Intanto vi consiglierei di guardare questo video, dove scorre anche una foto di Grete Bloch:
    http://www.youtube.com/watch?v=TFlXMtMoeLc.

  9. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 28 Gennaio 2009 @ 20:06

    Mariapia Frigerio mi invia questa e-mail, lasciandomi libero di pubblicarla. Lo faccio volentieri, giacché reca un altro parere importante.
    ________

    ciao Bart, molto interessante davvero l’articolo di Tortora (quindi il tuo lavoro di archivista) e tutti gli interventi che ne sono seguiti. Interessanti e appassionanti. Io di Kafka ho letto e conosco quello che tutti sanno, ma non è certo, la mia, una conoscenza da esperta. Per cui non mi sarebbe mai venuto in mente di partecipare al dibattito. Sono invece stata colta da un desiderio irrefrenabile di parlare con chi Kafka ha veramente amato e studiato (anche perchè ne è una delle più stimate traduttrici – v. “La signora delle fiabe”). E per questo poco fa ho telefonato a Elena Franchetti. Era molto stanca, ma alla mia domanda riguardo un suo parere sulla vicenda del figlio mi ha detto: “Sono voci che girano da sempre. Se vuoi la mia opinione per me non ha avuto figli, ha sempre avuto rapporti amorosi approssimativi, una fidanzata brutta e, a parte Milena, l’unica donna amata, non era uomo d’amore”. Non sono assolutamente in grado di commentare queste affermazioni, ma mi sembravano, comunque, una testimonanza interessante. Visto la mia nota incapacità tecnologica, lascio decidere a te se ti sembra il caso di inserirlo nei commenti. Nella più assoluta libertà.
    Ciao e complimenti
    Mariapia

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