LETTERATURA: I MAESTRI: Il grande cortile17 Aprile 2018 di Mosca Un’immagine dell’estate scor sa. Affacciata a una finestra dell’antico palazzetto di via Martiri di Belfiore 37, nella cit tadina di P., l’ancor bella moglie dell’avvocato guarda ma linconicamente le seggiole vuo te e spagliate sull’acciottolato fatto soffice e silenzioso dalla folta erba fra pietra e pietra, mentre sull’unica occupata una vecchia lavora fitto a maglia senza mai guardare in su. Fino a qualche anno fa era ben diverso. Tutti gli sguardi a quella finestra, e risolini, strizzatine d’occhio, parolette senza muover le labbra, che in fondo, signora, dica la veri tà, le facevano piacere. Maldi cenze, naturalmente, ma la mal dicenza non è forse una ma nifestazione, seppur negativa, d’interesse per il prossimo?, non è anch’essa una forma di solidarietà? Sissignori, si vive insieme, nello stesso palazzo, nella stessa via, nello stesso quartiere, non soltanto per par lare, guardandoci negli occhi, com’è bella!, com’è cara!, com’è elefante!, ma anche, e so prattutto, per parlare dietro le spalle, non s’è accorta di nien te?, non le sembra che la mo glie dell’avvocato la faccia or mai un po’ troppo sporca?, quel cugino che viene a trovarla tut te le volte che il marito è a Roma… E ogni tanto quelle liti not turne che svegliavano tutto il palazzo. Mai che s’accendesse una finestra, ma era il segno, appunto, che stavano con l’orec chio incollato ai vetri, per non perdere una parola, svergogna ta!, sgualdrina!, hai fatto di me la favola della città!, in tri bunale ridono tutti, anche gli imputati!, e, la mattina dopo, la signora alla finestra a go dersi lo spettacolo del cortile affollato, non una seggiola vuo ta, tutto esaurito, mancava so lo l’applauso di sortita, quelle sì ch’erano belle mattine, si sentiva al centro dell’interesse universale, e in platea le spet tatrici, caduti di colpo i ran cori e le antipatie reciproci, si sentivano unite, amiche, sorel le, si sarebbero baciate e ab bracciate, strette com’erano nel l’ineffabile piacere comune ge nerato dalla maldicenza. Com’era bello il mondo d’un tempo, diviso in mille, diecimila, centomila piccoli cortili, dove la moglie dell’avvocato, dell’ingegnere, del sindaco, del professore, del medico, del farma cista, del giudice conciliatore godevano a turno del loro meraviglioso quarto d’ora di so spetti, sussurri, di fantasie, erano le regine, le protagoniste, il balcone si dilatava in un palcoscenico, e, se c’erano i vasi di geranio e di cedrina, in un palcoscenico da serata di gala: una maldicenza gonfia e pro fumata d’amore, una volta la moglie dell’avvocato fuggì di casa, sparì, si diceva fosse an data con l’amante nel Libano, e subito la platea si divise in due; chi fantasticava su quel l’amore favoloso fra i cedri e gli olivi, chi si struggeva d’in finita pietà per l’avvocato rima sto solo, un brav’uomo, certo non un Adone, ma non meri tava quella fine. E i bambini? Sull’acciottolato soffice e silen zioso la commiserazione per quelle povere creature innocen ti rimbalzava come un’immen sa bolla di sapone la quale, scoppiando, lasciava un’enorme lagrima. Com’era bello, com’era buo no il mondo quand’era diviso in centomila piccoli cortili! Poi vennero i settimanali e fu il terremoto. Mandarono tut to all’aria. I mille cortili crol larono, dei buoni acciottolati erbosi dove rimbalzavano le grandi bolle di sapone non son rimasti che pochi sassi sparsi come granellini di polvere nel lo sterminato, unico cortile ch’è il mondo d’oggi, popolato d’una folla innumerevole che non si cura più di quelle creature ve re, fatte di carne e d’ossa ch’erano la moglie dell’ingegnere, dell’avvocato, del giudice con ciliatore, del cugino rubacuori, degli amanti creduti fuggiti nel Libano e non sono che a Ro ma, in un alberghetto dell’Eur, già pentiti. No, niente più di tutto questo. Il posto delle crea ture vere è stato preso dai miti, da personaggi-simbolo che, per averli a portata di mano, vicini come nei piccoli cortili d’una volta, chiamiamo col nome di battesimo, come li conoscessimo così bene da dar loro del tu, anzi neppure il nome, addirittu ra il nomignolo, Margaret è di ventata Meg, ha visto com’è cambiata? (possiamo parlarne in treno, in aereo, a Milano, a Parigi, a New York, con le persone più sconosciute, il mon do non è forse divenuto un uni co, sterminato cortile?), s’è mol to ingrassata, mi sembra molto malinconica, non le dà l’impres sione che si sia stancata del fotografo?, pensa ancora a Townsend, che amore fu quel lo!, si ricorda l’addio nel par co?, piangevano tutti e due, una cosa indimenticabile, la più bel la del mondo! Povera signora di via Marti ri di Belfiore 37, chi fa più ca so alle tue fughe nel Libano? Ora la mangiatrice d’uomini è una sola, Brigitte Bardot, in quelle sue ville sul mare, cir condate da siepi altissime, non così fitte però che i fotografi non riescano, talvolta, a co glierla, in ignara nudità, sotto le ombre e le luci del sole che, filtrato dagli alberi, la rende simile a un leopardo. Nessun fotografo, mai, povera signora, verrà a cercare di coglierti nel tuo alberghetto dell’Eur. Chi più s’accorge di te e delle tue meschine avventure? Giganti passano e ti schiac ciano: Catherine Deneuve della quale non si sa se divorzi da Da vid Bailey perché costui la tra disce e la maltratta o perché in namorata di Truffaut, il grande regista. Ma è poi davvero gran de? Non importa. Tutti i registi sono grandi. Passano Onassis, Jacqueline, la Callas. Passano Mina e Milva, alte dalla ter ra al cielo, con brandelli di nu vole impigliati nei lunghi ca pelli. Sophia Loren, o dell’amor materno. La regina Fabiola col suo grande cruccio. La fidanza ta di Barnard, simbolo dell’amo re folle, il famoso chirurgo vola come le rondini radendo col petto i campi di grano. Come finirà la sregolata ed infelice principessa di Savoia, portata dal vento come una foglia ca duta già in primavera? Il cielo da una parte si tinge dei me ravigliosi colori del tramonto della Lollo, dall’altra di quelle dell’aurora di Britt Ekland, mentre Liliana e Leopoldo, ama reggiati, lasciano per sempre il Belgio. Ma sono miti, ma sono favo le, le cui vicende trascorrono troppo lassù perché possano te nerci uniti in un sentimento di piacere, o di riprovazione o di pietà. La moglie di Barnard non ci muove a compassione co me ad essa muoveva i suoi ca sigliani la buona signora Giu liana, nel cortile del casamen to di viale Mazzini 53, una mo glie perfetta, se lui era diven tato qualcuno lo doveva anche a lei, e non è scappato, l’inco sciente, con una ragazzina di diciannove anni, che gli po trebbe essere figlia? Ahimè, la signora Giuliana è inutile che s’affacci alla fine stra per ricevere l’applauso di solidarietà. Non troverebbe nes suno. Per la gente qualunque non c’è più interesse, anche se fugge nel Libano o venga uc cisa durante un’orgia. Tutta la pietà o tutto l’orrore vengono assorbiti da Sharon Tate, e so no una pietà e un orrore di carta, che durano quanto lo sfogliare le pagine d’una ri vista. Avvocato, la smetta con le li ti notturne. Nessuno più incolla l’orecchio alla finestra. Tutti gridano. «Silenzio! », vogliono dormire.
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