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LETTERATURA: I MAESTRI: La patria europea di De Gasperi

4 Gennaio 2012

di Panfilo Gentile
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 8 maggio 1969]

Sono passati più di vent’anni dal giorno in cui venne co ­stituito il consiglio italiano del Movimento europeo (dicembre 1948), primo organo di quella unità europea, che era stata progettata già nell’anno pre ­cedente, promotori Alcide De Gasperi, Churchill, Spaak e Blum, sostituito poco dopo da Robert Schuman. Fu un’inizia ­tiva che, in principio, sembrò a molti una delle tante idee utopistiche fiorite nel dopoguerra, in un dopoguerra sma ­nioso di novità. E la prima doccia fredda non tardò a ve ­nire da parte della Gran Bre ­tagna, perché il ministro de ­gli esteri Bevin non condivise gli entusiasmi europeistici di Churchill e dopo avere aderi ­to ad un’unione dei paesi del ­l’Europa Occidentale, fece ben capire che questa unione non doveva andare al di là di una alleanza militare vecchio stile, stipulata ai fini di difendersi dalle minacce profilatesi da parte dell’Unione Sovietica. Ma la tenacia e l’intelligenza po ­litica dei promotori riuscirono a vincere lo scetticismo del ­l’opinione pubblica, le resisten ­ze delle mentalità conservatri ­ci ed abitudinarie. Alla distan ­za di un ventennio, è vero, l’unione europea non è ancora nata, ma non è più nemmeno soltanto un’idea, essa si è rea ­lizzata in certe istituzioni, e in certi trattati, che provano che l’idea ha camminato.

Ciò che si è fatto e come è stato fatto risulta in una rac ­colta dei discorsi pronunciati da De Gasperi nella sua sem ­pre fresca e fiduciosa attività di europeista, raccolta della quale dobbiamo ringraziare la figlia dell’eminente statista au ­trice della bellissima biografia del padre (Maria Romana Cat ­ti De Gasperi, La nostra pa ­tria Europa, edizioni Mondadori).

Alcide De Gasperi seppe riu ­nire due qualità che raramente sono accoppiate: l’idealismo e cioè gli alti fini morali che bi ­sogna sempre assegnare all’a ­zione politica e la capacità di calcolo per il successo, senza di che l’idealismo è soltanto velleità. E perciò in questi do ­cumenti non sappiamo se am ­mirare in lui più il calore del ­l’entusiasmo che la freddezza del ragionamento politico. In un discorso sul solidarismo cri ­stiano si può indovinare il re ­troterra religioso del suo euro ­peismo. Ed è verosimile che egli ritrovasse lo stesso retro ­terra nei due statisti che con lui posero la prima pietra del ­l’unità europea: Schuman ed Adenauer, entrambi cattolici e militanti in partiti democri ­stiani.

In un discorso pronunciato alla conferenza parlamentare europea il 21 aprile del 1934, egli si riconosceva debitore ver ­so il liberalismo, perché le li ­bertà dovevano stare a presi ­dio dell’edificio europeo, e de ­bitore al socialismo in quanto l’idea della solidarietà operaia era dotata di un impulso in ­ternazionalista ed agiva stori ­camente come un elemento mo ­deratore degli eccessi del na ­zionalismo, ma si compiaceva pure di sottolineare che all’ori ­gine della civiltà europea si trovava il cristianesimo con la sua morale di fraternità uni ­versale. Con che non intende ­va introdurre un criterio con ­fessionale nella valutazione del ­la nostra storia, ma voleva sol ­tanto parlare di un retaggio comune a tutti i popoli eu ­ropei.

Tuttavia De Gasperi non di ­menticava di essere un uomo politico, un uomo d’azione, cui la devozione a certi ideali non poteva bastare, se a questi ideali non si fossero aperte prospettive storiche convincen ­ti. Egli vide con occhio sagace la situazione, quale si presen ­tava nel dopoguerra e la car ­ta geopolitica fissata dall’esito del conflitto. La preoccupazio ­ne dominante fu data dalla presenza minacciosa di una Unione Sovietica, che si era affrettata a dimenticare i vin ­coli di alleanza e cobelligeran ­za contratti con l’Occidente, aveva disconosciuti gli obbli ­ghi di Teheran e di Yalta della consultazione dei popoli occupati, aveva imposto regimi di sua fiducia in Polonia, Un ­gheria, Bulgaria, Romania, Ger ­mania Orientale, aveva orga ­nizzato il colpo di Stato a Pra ­ga ed infine aveva sdegnosa ­mente rifiutato gli aiuti del piano Marshall, costringendo purela Cecoslovacchiaa re ­vocare la sua accettazione. La guerra fredda era incominciata.

Ce n’era abbastanza per com ­prendere che l’Unione Sovieti ­ca non si era riconciliata con l’Occidente borghese e capitalista. L’alleanza era stata un episodio effimero imposto dal ­la necessità di difendersi dalla aggressione nazista, ma la traiettoria storica, la vocazione dell’Unione Sovietica restava lo sterminio del capitalismo, an ­che se prudentemente proroga ­to da un intermezzo di semplice guerra fredda. Dinanzi all’imponenza di questa minaccia, gli Stati europei erano soltanto piccole regioni incapaci di fron ­teggiarla e quindi si imponeva la loro unione. E, data la pro ­spettiva a lunga scadenza fissa ­ta da Stalin, era chiaro che que ­sta unione europea doveva tro ­vare istituzioni stabili e molto strette. Non basta ancora. L’Eu ­ropa Unita da sola non sareb ­be stata militarmente efficien ­te, onde bisognava associare gli Stati Uniti. Ed infine si poneva subito il problema della Ger ­mania. Bisognava dimenticare il passato recente e non com ­mettere versola Germaniadi Bonn quegli stessi errori che erano stati commessi versola Repubblicadi Weimar.

De Gasperi vide subito con estrema prontezza e lucidità tut ­ti questi punti di implicazione e di nesso per la soluzione del problema della difesa dei paesi liberi. Ma come s’è accennato nel 1948 le cose non si vedeva ­no da tutti cosi chiare.La Gran Bretagna, la cui direzione po ­litica era passata a Bevin, non capì niente. Bevin rifiutò di entrare nell’idea di vincoli con il continente europeo, che su ­perassero i limiti tradizionali della diplomazia britannica.

C’è in questo libro una let ­tera di Sforza a De Gasperi, che documenta in maniera impressionante l’ottusità di molti dirigenti europei dell’epoca.

Acheson aveva offerto di met ­tere a disposizione dell’Europa tutta la potenza degli Stati Uni ­ti a due condizioni: che i paesi europei si fossero impegnati a formare un esercito unico sotto un comando supremo unico e con uno stato maggiore inter ­nazionale; e che in questo eser ­cito fossero incorporate unità tedesche. « La presenza di gran ­di forze americane in Europa – scrive Sforza â— è un fatto storico grandioso e senza altri precedenti che quelli delle le ­gioni romane che per tanti se ­coli hanno montato la guardia alle frontiere della civiltà an ­tica. Tu potresti immaginare che tutti si sono gettati com ­mossi e sollevati sulla proposta, come sulla sola speranza di sal ­vezza per l’Europa. Neanche per sogno! ». Infatti la proposta fu accettata solo dall’Italia e… dall’Olanda.La Gran Bretagna,la Francia, il Belgio e il Lussem ­burgo, i Paesi Scandinavi, tutti erano stati contrari o incerti. « Siamo dunque a questa si ­tuazione grottesca se non fosse tragica: pur di rifiutare i tede ­schi si rinuncia anche agli ame ­ricani », conclude melanconicamente Sforza. Tale situazione andava ricordata, per apprezza ­re le difficoltà che dovettero superare gli apostoli dell’unità europea.

Come tutti i grandi politici, De Gasperi si prefigura in ma ­niera completa l’avvenire. E se l’esigenza della sicurezza fu, in ordine d’urgenza, il primo mo ­tivo dei suo zelo unitario, il se ­condo motivo gli fu dato dalla esigenza di dilatazione del po ­polo italiano, perché, scriveva, « entro i confini non ci stiamo, dobbiamo assolutamente andar fuori ». E il mercato comune, infatti, esaudì in maniera sod ­disfacente i suoi disegni. Pur ­troppo a distanza di un venten ­nio non tutte le antiche diffi ­coltà sono state appianate. Egli ha però lasciato scritto: « Non so quanto la nostra generazio ­ne potrà realizzare: ma è certo che si cammina verso questa meta dell’unità. E’ una fatali ­tà, è una necessità ormai matura nei tempi ».


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2 Comments

  1. Commento by Emanuel — 30 Gennaio 2012 @ 14:33

    Cari tutti, penso possa interessarvi la mia tesi di laurea su Alcide De Gasperi e la nascita del Partito Popolare Trentino: http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=40733     Buona lettura!

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 30 Gennaio 2012 @ 18:10

    Grazie, Emanuel, di questo contributo importante.

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