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LETTERATURA: I MAESTRI: La verità su Maldelstam

19 Ottobre 2017

di Pietro Sormani
(dal “Corriere della Sera”, domenica 7 giugno 1970)

In autunno, come è già stato riferito, verranno pubblicate in vari paesi occiden ­tali le « memorie » della vedova di Mandelstam. E’ una « opera prima » di eccezione, che rivela un singolare ta ­lento letterario e una capa ­cità introspettiva quali rara ­mente si trovano nella recente produzione sovietica, anche in quella pubblicata clandestinamente all’estero. Per la prima volta viene affrontato criticamente e con libertà di linguaggio il tema della posizione degli intel ­lettuali nel regime stalinia ­no e in genere nel regime sovietico.

Nadezhda Yakovlevna Man ­delstam è una donna di 70 anni, vecchia d’aspetto ma giovane di cuore. La sua in ­telligenza è fresca, pene ­trante. Il suo interesse alla vita è esemplare. Eppure la vita le ha riservato soltan ­to dolori e delusioni. Essa fu segnata quando, appena diciannovenne, conobbe a Kiev il poeta Osip Mandelstam. Divenne sua moglie e segretaria. Lo seguì nell’esilio, dopo il primo arresto; era presente quando vennero a prenderlo, di notte, per portarlo in Siberia. Per trent’anni dopo la sua morte, av ­venuta nel 1938 in un campo di smistamento nei pressi di Vladivostok, ha vissuto del suo ricordo. Vagò per la Russia, per sfuggire alle persecuzioni, facendo i lavori più umili (fu operaia in una fabbrica tessile durante la guerra), traducendo, dando lezioni di inglese. Qualche anno fa, grazie all’interessa ­mento degli amici, è potuta tornare a Mosca, dove abita in un appartamento di una stanza, in una casa popola ­re della periferia.

Nelle sue peregrinazioni si portò sempre con sé le opere inedite del marito, le lettere e un bagaglio di ricordi che oggi ci vengono restituiti in ­tatti nelle « memorie ». Esse sono prima di tutto un atto d’amore. Scritte nel decennio tra il 1950 e il 1960, non erano destinate alla pubbli ­cazione, che in patria del re ­sto sarebbe inconcepibile. Nadezhda Yakovlevna spera ­va che anche le opere di suo marito sarebbero state pub ­blicate: la comparsa all’e ­stero delle «memorie » avreb ­be rappresentato un grave ostacolo. Per questo le tenne chiuse per molto tempo nel cassetto. Ma quando ogni spe ­ranza scomparve, mentre nel paese si instaurava un clima neo-stalinista, ella cedette al ­le pressioni degli amici. Il « samizdat » (la copia e la diffusione clandestina dei manoscritti) provvide a far ­le conoscere a un gran nu ­mero di persone. Era inevi ­tabile che prima o poi finis ­sero oltre confine.

Il libro si apre con la de ­scrizione dell’arresto di Mandelstam nel 1934, per aver scritto un epigramma in cui criticava Stalin, e si chiude alla notizia della sua morte, quattro anni dopo. Ma l’ope ­ra non si limita a questo breve periodo di tempo e, sfuggendo a qualsiasi ordine cronologico, spazia su tutta la vita del poeta e dell’epoca in cui visse. Sono 600 pa ­gine fitte di ricordi, di im ­pressioni, di osservazioni che ne fanno una testimonianza unica. Oltre a Mandelstam, vi compaiono tutti i princi ­pali scrittori dell’epoca, da Anna Akhmatova a Pasternak, da Kataev a Sklovski, che gli furono vicini e con ­divisero il suo dramma.

Le memorie di Nadezhda Yakovlevna non sono però soltanto una narrazione de ­gli avvenimenti di cui è sta ­ta spettatrice: cercano di in ­terpretarli. Questo libro si distingue, oltre che da quelli pubblicati in Unione Sovie ­tica, che risentono ovvia ­mente dei limiti della cen ­sura, anche da quelli portati clandestinamente all’ estero, come i romanzi di Solgenitsin. L’autrice si chiede il perché dell’ondata di terrore che sconvolse la Russia e che fece larghi vuoti tra le file degli intellettuali. Fu un fe ­nomeno improvviso, di cui era unicamente colpevole Sta ­lin? Oppure le sue origini vanno cercate più lontano, nella natura del regime? E quali responsabilità ebbero gli stessi intellettuali?

La lettura delle « memo ­rie » avrà l’effetto di uno shock per coloro, e non sono soltanto comunisti, i quali considerano gli anni Venti come un’età dell’oro, come un periodo di eccezionale li ­bertà e fecondità artistica, che non fu ostacolata, ma anzi incoraggiata dal regime sovietico. Quello che avven ­ne dopo non va addebitato a difetti intrinsechi del si ­stema, quanto alle deviazio ­ni che esso subì sotto Sta ­lin. Nadezhda Yakovlevna respinge questa tesi. Pur non negando la straordinaria ricchezza di opere e di auto ­ri che caratterizzò quel pe ­riodo â— e suo marito fu uno di essi â—, ella combatte con ­tro qualsiasi tentativo di idealizzazione: proprio per comprendere quello che suc ­cesse dopo è necessario sma ­scherare il mito degli anni Venti. Già in essi c’erano i germi della corruzione che si rivelò poi in tutta la sua tragica evidenza negli anni trenta e quaranta.

Gli intellettuali sovietici, la maggior parte per inco ­scienza del pericolo, contri ­buirono al processo di cor ­ruzione. Anziché resistere ai tentativi di asservimento da parte delle autorità, affer ­mando cosi il loro prestigio morale, essi preferirono in ­seguire il potere, dando al regime il loro appoggio.

Nadezhda Yakovlevna fu sempre vicina al marito. Trascriveva i versi che egli le dettava, quando lo colpi ­va l’estro. Lo seguì nel con ­fino a Voronezh, dove vis ­sero per tre anni come men ­dicanti, dormendo spesso sul ­le panchine della stazione. Nell’aprile del 1938 l’Unione scrittori offrì a Mandelstam una vacanza in una « da ­cia » nei pressi di Mosca. Fu, forse, il periodo più bello di tutta la loro vita. Ma ce ­lava l’inganno: nella notte tra l’uno e il due maggio, vennero ad arrestarlo, come un ladro. Non si faceva il ­lusioni sul destino che l’at ­tendeva. L’ultima preoccu ­pazione fu per la moglie: «Ora prenderanno anche te », le disse abbracciandola.

Per molti anni Nadezhda Yakovlevna è vissuta con questa paura. Più volte han ­no cercato di arrestarla, ma è riuscita sempre a sfuggire. Alla fine se ne dimenticaro ­no. Nonostante le difficoltà materiali, questi ultimi anni sono stati per lei singolar ­mente sereni. Ma ora, con la pubblicazione all’estero delle sue « memorie », è tornata a ossessionarla la paura. Sem ­bra inconcepibile che possa ­no far qualcosa a una donna di 70 anni, al crepuscolo della vita: ma chi ha conosciuto le persecuzioni di Stalin non è più capace di illusioni.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart