LETTERATURA: I MAESTRI: Messer Ludovico il narratore24 Marzo 2012 di Giorgio Petrocchi Alla preparazione d’una raccol ta di saggi sull’Ariosto, oggi comparsa nella collana «Saggi di varia Umanità » (fondata da Francesco Flora per l’editore Nistri-Lischi di Pisa, ripresa in nuo va serie e con innovante rigore da Lanfranco Caretti), il filologo ro manzo Cesare Segre è giunto dopo una lunghissima attività critica, storica e testuale (Cesare Segre, Esperienze ariostesche, Pisa 1966, pagg. 189). Poco meno quarantenne, ma già uno dei nostri docenti uni versitari più autorevoli nel campo delle letterature neolatine, il Se gre pubblicò nel 1954 un’edizione delle Opere minori dell’Ariosto e un’impeccabile ricerca sui Cinque canti, poi, nel 1960, pose termine al lavoro d edizione critica dell’Orlando Furioso, iniziato tanti anni prima da Santone Debenedetti. E qui sta il segreto del lungo tiroci nio, ché il Segre, nipote e allievo del Debenedetti, si può dire abbia mosso i primi passi nel campo del la filologia ancora studente liceale, all’ombra del grande romanista to rinese, in una « officina » ariostesca fumigante di apparati di mano scritti e stampe dell’Orlando Furio so, da quando il Debenedetti era passato dall’edizione laterziana del capolavoro ariostesco (1928, l’an no di nascita di Cesare!) al vero e proprio lavoro di testo critico. Quale sia il problema filologico del Furioso, come sia stato impostato dal Debenedetti e in parte esegui to, infine recato a compimento dal Segre, è cosa che non può essere riferita in poche righe; ma è in dubitato che la moderna scaltrez za tecnica e linguistica del Segre s’è fusa totalmente con l’acribia e la capillare dottrina del Maestrozio, e ora noi abbiamo, con quella del Furioso, una delle poche edi zioni critiche veramente sicure del la nostra letteratura. Il cursus ho norum di Segre ha conosciuto inol tre l’incontro con un linguista co me il Terracini e un critico come il Neri, infine con Gianfranco Con tini, da cui e verso cui corrono le più numerose e importanti linee di ricerca filologica e linguistica che oggi si svolgono in Italia, sì che il Segre s’è trovato naturaliter a di scutere, a presentare e risolvere questioni tra Se più delicate e con troverse della romanistica. Ma la rilettura dei saggi ariosteschi del Segre invita oggi piutto sto a un ripensamento di talune posizioni della critica contempora nea circa il Furioso, ove si guardi soprattutto alla sezione più squi sitamente letteraria del libro, e cioè ai saggi su La poesia dell’Ario sto e sulla Storia interna dell’Or lando Furioso, accanto a quelli del reparto storico-culturale, massime la ricerca nuova e stimolante su La biblioteca dell’Ariosto e sui cal chi danteschi del linguaggio ariostesco (Un repertorio linguistico e stilistico dell’Ariosto: la Comme dia); sono passi obbligati per riu scire a penetrare nella formazione culturale e stilistica del Furioso, stante il notevolissimo apporto che può venire, per la soluzione dell’in chiesta, dalla minuziosa conoscen za che il Segre possiede degli svi luppi di stesura del poema, al fine di concludere sul carattere soven te scherzoso dei riecheggiamenti danteschi, i quali peraltro man tengono intatta « la loro origina ria struttura ritmica e sintattica ». E’ infatti dello stile ariostesco uti lizzare le fonti come elementi di un accordo « musicale » tra i mem bri componenti del verso o dell’ot tava, una sorta di utilizzazione me lodica secondo il tono medio del l’endecasillabo. Merito ulteriore del Segre è d’aver saputo valorizzare lo stile delle opere minori ai fine di sensibilissimi ricuperi verbali e ritmici, soprattutto dei Cinque Can ti, la cui struttura letteraria ha meritato un ampio indugio critico per comprendere quel trapasso o forse appena quella lieve mutazio ne di gusto che fu nell’Ariosto vi cino alla sessantina e che farebbe presagire verso quale forma di i vita s’andasse orientando il suo spirito, il « tono austero e come in vernale », gravante su tutte le ot tave dei Cinque canti, in quanto ri velatore, senza dubbio, di stanchez za e di scarsa vivacità inventiva, ma anche di un cambiamento profondo che si andava operando nel la società estense e nella vita ita liana. Alla gioia scintillante si so stituiva una nota di sottile inquie tudine. tutta interiore e raccolta; al senso dell’avventura ariosa l’in cubo dell’intrigo e del sospetto: al l’orizzonte sterminato del Furioso se non meschini certo ristretti li miti ambientali. Nell’ambito più propriamente re lativo al Furioso assai importante è la ricostruzione che il Segre com pie del lavorio formale dell’Ario- sto. colto attraverso l’analisi delle tre redazioni e realizzato nell’assi duo impegno « di conformare a un ideale di perfezione intesa come elezione di vocaboli, come callidità di iuncturae e come armonia di rapporti e richiami verbali (idea le in cui si congiungevano e si com pletavano l’educazione classicistica e i paradigmi petrarchistici) un materiale narrativo legato a una tradizione di stile popolaresco, di ibridismo linguistico, di sintassi im pressionistica e paratattica. Il si stema dei mezzi espressivi fu per tanto completamente mutato dal- l’Ariosto. Egli si mise alla testa del la corrente che mirava all’afferma zione del toscano letterario come lingua nazionale, e sostituì alla Koinè padana dell’innamorato (to scano screziato di emilianismi e la tinismi) un linguaggio molto più omogeneo e filtrato. Il blocco degli affluenti idiomatici esterni veniva poi compensato dalla scoperta dei più riposti valori espressivi negli alti esemplari letterari toscani: dal l’opera di Dante, del Petrarca e del Boccaccio a quella del Poliziano; nello stesso modo che il ricorso al latino, messa fine all’anarchia uma nistica, veniva guidato da un felice istinto nell’individuare i vocaboli che meglio potessero amalgamar si con l’impasto linguistico del poema. Questa omogeneità, nella qua le ben s’incastonava il termine ele gante o s’innestava l’espressione fa miliare (col variare giocondo dei toni da parte del narratore) veni va avviata nel tempo narrativo da quello strumento agilissimo nella sua complessità, solido nella sua varietà, ch’è la famosa « ottava d oro », frutto d’un’incantevole al leanza di sintassi e di musica ». Il Segre ha pagine davvero ec cellenti e nuove, in scrittura chiara e ferma, nell’individuazione del le costanti di riecheggiamento clas sico e umanistico entro l’inventiva ariostesca e, in pari momento, nel lo sceveramento critico, sottile e suggestivo, delle doti di reinvenzio ne espressiva, di riadattamento lin guistico e di ripresentazione, in ve ste narrativa assolutamente origi nale, dei personaggi maggiori e mi nori dell’epica medievale. Tali som me doti ariostesche nascono dal vi vissimo senso della realtà e, all’at to stesso di esprimerla, dal gusto dell’evocazione patetica e della trasfigurazione figurativa. Donde il perfetto equilibrio tra liricità, pur intesa in senso né decorativo né « intimistico » o « psicologistico » e l’energia narrativa di Messer Lu dovico, e in siffatto equilibrio il sommuoversi d’una materia uma na pacata, serena, rifuggente da eccessi, ma nemmeno scevra da problemi di spirito e da misurata moralità. Letto 2422 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||