LETTERATURA: I MAESTRI: Taccuino notturno: Nuova Babele12 Novembre 2016 di Ennio Flaiano Il ristorante era pieno tra l’altro di bei giovani vestiti con abiti di varie epoche, seri e pensosi. Colpivano come le illustrazioni di un’antologia di poeti, ognuno era la rara fo tografia del Poeta da giovane. C’era un Byron, un Rupert Brooke, diversi Lamartine, un Silvio Pellico; appena sbiaditi, con l’alone malinconico della prossima fama sui volti. C’era no anche poeti minori e moto ciclisti cattivi. Le ragazze ai tavoli, compagne o mogli da pochi giorni, apparivano al lo ro confronto più modeste. Sta succedendo come negli anima li, le femmine hanno meno richiami sessuali dei maschi, meno penne colorate, un por tamento più dimesso. Alcune avevano gli abiti delle nonne, delle zie, ricami e merletti balcanici un po’ nefasti. Ka therine Mansfield, Virginia Woolf, Ada Negri, varie fon datrici di sette teosofiche. Ma c’erano anche ragazze del ci nema, in pantaloni, stivali ade renti, grandi collane, ogni tan to una piuma di struzzo, le pelliccette arruffate dei pulcini colti dalla pioggia, gli occhi circondati di bistro e fissi ad un punto qualsiasi della piaz za, oltre i vetri appannati dal calore, verso il Pincio e le automobili. La conversazione ebbe un calo. « Non si può credere a Humphrey Bogart, a Che Guevara e a Bonnie and Clyde contemporaneamente », stava dicendo al tavolo accan to la ragazza col cappello da prete. « Parliamo allora di tea tro », disse il più giovane dei suoi compagni, ironico. E lei; « Parliamone, gli attori miglio ri quest’anno erano a Praga ». L’altro giovane, distratto, spez zava un grissino. « Assoluta mente », disse. Il cameriere arrivò in quel punto e con l’aria dei personaggi minori che sbagliano i tempi doman dò: « Allora, abbiamo deciso per il secondo? ». * Andava tutte le sere al ci nema: così nella vita ricordava solo le azioni, dimenticava le descrizioni e non immaginava le conseguenze. * Voi scambiate la vostra noia per indignazione morale. Vo lete rompere il vasellame non perché avete deciso di farne a meno, ma solo perché ades so siete sazi. La libertà vi fa orrore, ora che nessuno ve la toglie. Anelate alla vita sem plice e gregaria delle formi che, vi occorre un capo da adorare. Ne avrete due a scel ta: l’entomologo e il formi chiere. * « Ricapitolando, disse Nero ne, pane e giochi di gladiatori, più lotterie, incoraggiare la pornografia, incrementare le persecuzioni e le confische dei beni, rendere la tassazione in sopportabile ». « Questi vecchi procedimenti, osservò Stalin, sentono di letteratura. La pau ra li rimpiazza tutti. Stabilia mo che il tiranno più amato è quello che premia e punisce senza ragione ». « Quanta de licatezza, intervenne Attila, il tiranno non deve premiare, ma soltanto esercitare la vio lenza ». « E’ vero, disse Torquemada, gli uomini sono così stupidi che finiscono per con siderare un diritto la violenza continuamente ripetuta contro di essi ». « Io propongo, dis se Caligola, di mettere una ge nerazione contro l’altra. Pro prio lei, Nerone, indicò nel matricidio una soluzione gio vane ». Nerone annuì: « Se è per questo, disse, anche il fra tricidio e l’uxoricidio ». Inter venne Erode: « Non sottova lutiamo allora la strage degli innocenti ». Tutti risero. « La soluzione economica è tagliare teste, riprese Robespierre, per ogni testa che si taglia altre diecimila smettono di pensare ». « L’esperienza mi ha insegnato, disse Hitler, che non bisogna dare spiegazioni. Il massacro non va spiegato, ma va sentito. E ricordarsi che il nostro obiettivo è complesso: l’avvilimento, la spersonalizza zione, le degradazione, l’imbestiamento dell’uomo. Ridotto verme lo si schiaccia: non pri ma ». « Quanta filosofia », sbuf fò Nerone. « Lei, disse Hitler, è un poeta mancato ». « E lei un acquerellista! », ribatté Ne rone. Ci furono zittii. Passa rono a parlare dei loro distur bi digestivi. « E’ vero, chiese Stalin, che lei, Robespierre, soffriva di feroce stitichezza? ». « Non me ne parli, rispose Ro bespierre, è storicamente pro vato ». « E’ incredibile, disse Caino, anch’io ». Tutti ride vano e annuivano, ma poiché stava arrivando il sorvegliante si rituffarono di colpo nella pece. * Non sono convinto che que sta tendenza al linciaggio mo rale discriminato, questa ri cerca affannosa di un qualsia si colpevole per marcarlo d’in famia al più lieve sospetto, per espellerlo dalla società, ogni volta che un odioso fatto di cronaca viene a colpirci, sia mosso soltanto da un senso di orrore, da un bisogno di giu stizia. Non sono ben certo che gli animatori del linciaggio, i più furiosi e zelanti, non covi no nel profondo un dubbio. Freud ci ha insegnato che la nostra indignazione per una azione riprovevole degli altri è anche in proporzione diret ta alla nostra segreta inclina zione per quella stessa azione che tanto riproviamo. Chi ha bisogno di urgente giustizia si sente a volte inconsciamente colpevole e vuol punire anche se stesso. I ladri vengono di preferenza linciati dai ladri, gli assassini dagli assassini, i peccatori volevano lapidare la peccatrice. Non si darà mai il caso che i lussuriosi linceran no una spia e gli avari un tra ditore. Controllate la vostra indignazione, essa vi rivela sempre la ragione per cui un po’ vi detestate. * A Babele, dopo che i lavori della torre furono interrotti per la nota confusione delle lingue, e forse anche prima, fiorirono gli studi di semantica e di semiologia. Le scuole si moltiplicavano, si tenevano continue conferenze e simpo si, che alimentarono profondi dissidi. Non si viveva che per la parola. La parola, disse uno storico di quei tempi, venne assalita e espugnata come la Bastiglia. E la trovarono vuota. E poiché aumentava an che il numero dei conferen zieri, che venivano dalle più lontane contrade, fu necessa rio fare alberghi e parcheggi sotterranei per le vetture. Infatti, non si circolava più. Il denaro già stanziato per la torre fu stornato nella costru zione di strutture turistiche Ma purtroppo non si riusciva a raggiungere un accordo nem meno sul significato dei segni più elementari, sicché per mol ti visitatori entrata poteva si gnificare anche uscita, ed è facile immaginarsi gli imbotti gliamenti inestricabili che si creavano all’ufficio informazio ni, che gli stessi impiegati non sapevano che cosa fosse, o scambiavano per la loro abi tazione. La confusione si alimentava col continuo apporto di nuove interpretazioni, e finì in lotte furiose e disordinate; in breve, nella violenza usata come linguaggio. Ma se non si riusciva a mettersi d’accor do sulle parole come volete che si accordassero sugli atti di violenza? Che non sono mai identificabili come tali se non da chi li subisce, e non sempre? Un pugno e uno schiaffo, una palla nel petto o una pedata sono sì diffe renti forme dello stesso lin guaggio; ma la più micidiale non è necessariamente la più giusta. E per questo che da allora tutte le guerre si rive lano per dei malintesi, e colui che perde dice che non l’a vrebbe mai immaginato e co lui che vince ha delle crisi. Per tornare alla torre, l’in terruzione dei lavori provocò anche disoccupazione e dis sesti economici, che si riflessero sul turismo. Tecnici e impresari, incapaci di comuni care, si buttarono giù dalla torre, ma nemmeno questa epidemia di suicidi servì a chiarire le responsabilità. Per alcuni si trattava di espiazione, per altri di protesta, per altri di semplice disgrazia. Venne ro fondati vari enti, uno al l’insaputa dell’altro, per la li quidazione o la continuazione della torre; la quale invece fu distrutta lentamente nei secoli da un centinaio di terremoti, insieme a tutte le altre costru zioni. I filologi, (ma si può dire anche filologhi), invece si salvarono.
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