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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: I MAESTRI: Taccuino notturno: Un’ipotesi

15 Novembre 2016

di Ennio Flaiano
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 1 maggio 1969]

Su, comunichi, si sforzi di comunicare, avanti, dica qualcosa, l’essenziale è parlare, dialogare. Per farle piacere le dirò che lei mi è antipatico. Oh, vede che qualcosa ha da dirmi? Continui. Lei vuol farmi parlare perché è convinto di infondermi la sua verità. Dunque lei ammette che io posseggo la verità, e che non le nego il diritto di condivi ­derla! Mi lasci, a che servono queste unghie che sta tirando fuori? E questi denti? A dia ­logare meglio. No, dialogo im ­possibile, segue lettera, baci.

*

Bisogna tenersi pronti, mi scriveva Mino Maccari un an ­no fa, perché da un momento all’altro potremmo trovarci al centro della disattenzione ge ­nerale. Un cane sorpreso dal suo padrone a sotterrare un gattino vivo si scusò dicendo che l’aveva visto fare da al ­cuni ragazzi. Lui scrive, lei scrive. Si mettono allo scrit ­toio e scrivono a quattro ma ­ni. Per anni, aprendo il gior ­nale alla pagina degli spetta ­coli, abbiamo visto pistole puntate contro di noi. Adesso le pistole sono sopraffatte da donne che si annusano, anche giapponesi. Da un romanzo poliziesco: « Oh, disse il gio ­vane, lei è donna, che stra ­no, il sesso che preferisco ». Il critico teatrale di tanto in tanto pensava a Brecht e si svegliava in un sussulto di noia. Quest’altro, non sapen ­do dove andare nelle strade affollate, scendeva nei sottopassaggi pedonali e lì veniva assalito da una folla di ricor ­di e di colpo scopriva che esi ­stono ancora i calli e i duro ­ni, le enciclopedie a rate, i fo ­tografi d’arte e che si può fare la sauna in casa; e ne usciva stravolto dalla commozione. Lavoro teatrale, dice il mani ­festo, non tragedia, o dramma o commedia, terminologia borghese. La retorica continua allora lavoriamo: il romanzo sarà lavoro narrativo, il poema lavoro lirico, il sonetto la ­voro in quattordici versi. E io vi dico che chi amerà il la ­voro più di me sarà perduto.

*

Poiché le cose andavano male e se ne parlava, e tutti a destra e a sinistra la deside ­ravano, un giorno ci svegliammo con la dittatura. In attesa di sapere che colore avrebbe preso, ci fu una riunione. I dittatori in realtà erano due, ognuno pronto a divorare l’al ­tro, ma si facevano gran sor ­risi. I problemi da risolvere erano vari e complessi, e im ­pellenti. « Prima di tutto â— disse il Dittatore n. 1 â— non possiamo esaminare nessun problema se non sappiamo chi è il nostro nemico ». L’altro annuì.

Gli rispose un ministro: « Fortunatamente, non abbia ­mo nemici. E anche l’econo ­mia è solida. La crisi è filo ­sofica. Urgono provvedimenti filosofici ».

« Da oggi la Filosofia sia ­mo noi â— disse il Dittatore n. 1 â— e riteniamo che un nemico è indispensabile. An ­zi, uno interno e uno esterno. Quello interno l’abbiamo già, sono coloro che non ci ap ­plaudiranno. Quello esterno, per ora, è il nostro vicino. Da questo momento i giovani debbono odiarlo e disprezzar ­lo: per la rilassatezza dei suoi costumi, per la sua scarsa vi ­rilità, perché non è retto da una dittatura. Si facciano su ­bito manifestazioni di piazza contro questo Nemico, e ma ­novre militari alle frontiere. Si costruiscano navi e cannoni, ponendoli come alternativa democratica al burro. E adesso vediamo i pro ­blemi ».

Presero un foglio e lo esa ­minarono. Il Dittatore n. 2 cominciò: « Gli scioperi? Na ­zionalizzarli. Gli studenti? In ­quadrarli col pre-salario. Gli intellettuali? Idem, col post- salario. I dissenzienti? Am ­monirli. La crisi dei partiti? Il parlamentarismo è finito, finita dunque la crisi dei par ­titi e anche la crisi delle cor ­renti dei partiti. La democra ­zia? Siamo noi, a tutti gli effetti. Resta da trovare l’ag ­gettivo che migliori il sostan ­tivo… »

« Ma per questo â— inter ­ruppe il Dittatore n. 1 â— aspettiamo a vedere che piega prendono gli avvenimenti. Non mettiamo il carro dello Stato davanti ai buoi ». Tutti risero.

« La crisi del turismo? â— riprese il Dittatore n. 2 – Ritirare i passaporti per fa ­vorire il turismo interno. La riforma burocratica? Aumen ­tare i burocrati, sino alla Pie ­na Burocrazia ».

« Tutti statali, nessuno sta ­tale â— aggiunse il Dittatore 1. â— Ma terrorizzarli con la diminuzione degli stipendi. Quanto al ritardo dei treni io e il mio collega siamo d’accor ­do nel modificare gli orari, elasticizzandoli… Vedo qui al ­tri problemi           minori. Venezia da salvare, dichiariamola fuo ­ri pericolo. II divorzio? Riba ­dire l’indissolubilità dell’adul ­terio. L’edilizia ristagna? Distruggere i centri storici e ri ­farli. I parchi nazionali in ro ­vina? Lottizziamoli. I porti di ­ventano angusti? Restringia ­mo le navi… »

« I telefoni non funziona ­no? â— continuò il Dittatore n. 2 â— Mettiamoli sotto con ­trollo. La montagna si spopo ­la? Popoliamola di confinati politici. Si inquinano le ac ­que? Si beva più vino, e con ciò risolveremo anche il pro ­blema n. 16, la crisi vinicola. Le frodi alimentari? Spariran ­no, penso, con la istituzione delle tessere alimentari, assie ­me agli alimenti ».

« Giusto â— disse il Ditta ­tore n. 1. â— Gli ortofrutticoli protestano? Affidarli alla Ma ­fia. E la Mafia? Corromperla. E lo Stato arteriosclerotico? Divinizzarlo. Il traffico para ­lizza le città? Potenziarlo ».

Sorrise e continuò: « Se il mio collega mi permette un aforisma, dirò che oggi il suc ­cesso di ogni rivoluzione, e quindi di ogni dittatura, è condizionato alla paura dell’automobilista. Il nostro po ­tere poggia sulla tranquillità dell’automobilista. E’ perico ­loso toccare l’automobile. Quand la voiture va, tout va ».

Ci furono altri applausi. Il Dittatore n. 1 si fece serio e riprese: « L’educazione ses ­suale? Sì, ma l’erotismo sia nazionale. L’erotismo sta di ­ventando un’industria, che po ­trà dare allo Stato un appor ­to economico non indifferen ­te. Considerarlo ancora come un’attività privata è voler ne ­gare il suo carattere sociale e collettivo. Ormai attorno all’erotismo e per l’erotismo, grazie alla pornografia, è tut ­to un fiorire di iniziative che vanno dall’editoria speciale all’aumentata richiesta di po ­sti-letto negli alberghi, argo ­mento questo che si ricollega al problema del turismo. Non parliamo del cinema, che per primo ha capito i nuovi tempi. Io propongo la nazionalizza ­zione totale ».

« E il problema sanitario? Gli ospedali? » domandò un ministro.

« Il nostro popolo è fonda ­mentalmente sano » rispose il Dittatore n. 1. Ci furono ap ­plausi prolungati.

« La Giustizia è lenta? â— riprese. â— Acceleriamo l’in ­giustizia. Il costo della vita aumenta? Aumentare anche la tassazione diretta, anzi istitui ­re la scala mobile del fisco. Le alluvioni? Ignorarle. Le frane? Disprezzarle. I terre ­moti? Attribuirli alla geolo ­gia. La scuola? Lasciarla aper ­ta a tutte le innovazioni fino a disgustarne gli scolari… »

« Ma non abolirla â— inter ­ruppe il Dittatore n. 2. â— Ab ­biamo bisogno di otto milioni di dottori ».

Dopo gli applausi, il Ditta ­tore n. 1 continuò: « Resta l’aumento della criminalità. Attenueremo le statistiche. Il Mezzogiorno? Visitarlo spes ­so. La disoccupazione? Di ­strarla. E mi sembra che non ci sia altro. Ah, dimenticavo la stampa. Allinearla, censu ­rarla, abolirla, secondo i casi ».

« Ma i giovani vorranno questa libertà », osservò un ministro.

I due dittatori si consulta ­rono e risposero insieme:

« Scrivete sui muri con ver ­nici indelebili: ‘ La libertà porta alla noia e la noia alla dittatura, e la dittature è quella che è’ ».

 

 


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Bart