LETTERATURA: I MAESTRI: Tv e Metafisica13 Luglio 2017 di Carlo Laurenzi In un luogo ho trovato il silenzio; quel luogo era la stanza di un dirigente della televisione, o forse una sala d’aspetto. La soggiogava un ordine simile all’angoscia per com’era totale. Ci fosse stato un orologio alla parete, le sue lance avrebbero eluso il tem po. Giacevo in un divano di pelle chiara; il suolo era fel pato di verde. Davanti a me, quattro schermi ciechi e mu ti, che parvero ciechi e muti per sempre. Invece, a quanto mi fu detto più tardi, gli schermi era no soliti illuminarsi e par lare anche tutti insieme. Il primo canale, il secondo ca nale, il canale a circuito chiu so, infine (era la scatola più voluminosa) lo schermo del la televisione a colori. « Ma non esiste la televisione a co lori in Italia », avrei osser vato. Infatti non esiste. Però si fanno prove dinanzi a pri vilegiati fruitori: « Ritorna a trovarmi, vedrai. I colori del la televisione italiana saran no i più belli del mondo ». * Prima di questo dialogo, in attesa del personaggio che poi comparve con umiltà di po tente, i tramiti a fuorviarmi dal nulla furono le riviste sul tavolo a portata del mio sguardo e, se avessi osato, della mia mano. Ma perché scompigliarle? Erano patina te, intatte, inutili, splendenti. Il solo guardarle certificava che ciascuna di esse celebra va qualcosa o qualcuno con dovizia di diagrammi e fasto di immagini. Al mondo che dice Contestazione è giusto talora rispondere Trionfali smo. Ed era giusto che mi adeguassi alla risposta, tro vandomi in una sala d’attesa. La mia inerzia fu ricca ma non completa. Per nulla al mondo avrei allungato la ma no verso le riviste (godevo dell’immobilità, della sontuo sità, del torpore); tuttavia una di quelle riviste era aper ta sotto i miei occhi e due pagine mi si offrivano senza sforzo, con caratteri ben ro tondi. L’impaginazione del l’articolo era inappuntabil mente trionfalistica; non così la firma dell’autore, uno dei nostri romanzieri più ombro si e più insigni. Nelle sue fra si, dovunque si posasse la pigrizia del mio sguardo, mi si manifestava il buon senso, dote difficile in un poeta. E’ noto come la nostra fa coltà di apprendere e di ri cordare si acuisca se prescin da dalla volontà, negli stati prossimi al dormiveglia. Les si quell’articolo quasi senza sapere di leggerlo, comunque senza un interesse cosciente; i concetti dell’autore erano usuali ancorché solidi: eppu re oggi, dopo parecchi giorni, potrei ripetere testualmen te non pochi periodi di quel l’intervista. Intervistato su cosa pensasse a proposito del la televisione, lo scrittore replicava che la televisione co stituisce un grosso aiuto per gli analfabeti. Ammetteva di essere un appassionato delle partite di calcio e di avere assistito trepidante alla ripre sa diretta delle Olimpiadi, non solo, ma specie a quella del volo lunare di Apollo 8. Poi, peraltro, si scagliava contro la televisione, a causa di coloro che guardano tutto (e c’è da temere che moltissimi guardino tutto) cosicché ca dono nella confusione mentale. Aggiungeva una verità che forse i dirigenti televisivi non riconosceranno, e cioè che debba ritenersi falsamente democratico il criterio di rimettersi al pubblico e di sobbarcarsi ai suoi gusti, abitualmente leziosi o volgari. Infine rendeva omaggio alla virtù della televisione, se sia rettamente guidata: la forza dell’attualità e della « con temporaneità », per le quali ognuno di noi schiude la sua finestra sul cosmo. Ognuno di noi, come Sant’Antonio, può trovarsi a Padova, nello stesso momento, e a Lisbona. * Sottoscrivo; chi non lo fa rebbe? Nondimeno (ed ecco perché mi riferisco confuso a quelle parole di saggezza) nessuno spettacolo in TV, quest’inverno, mi ha conqui stato come uno strano pro gramma, messo in onda ver so una mezzanotte, caratte rizzato da una qualità estre mamente antitelevisiva. Era un documentario inglese, del tutto fermo. Si limitava a in grandire come in una lanter na magica fotografie che ri salgono alla guerra america na di secessione e la illustra no. Cosa potremmo immagi nare di più inattuale, di più rozzo? Però quelle fotografie ci rendevano, in una scintil la, l’interezza di un tempo scaduto, inesorabilmente con sumato; e sentii farmisi fred da la fronte. Dico interezza del tempo come sincerità del tempo. Non era notevole che fossero pronunciati e prendessero vi te i nomi dei luoghi che ci affascinarono (Gettysburg, o il fiume Potomac, o la città di Richmond nel 1861), né che vedessimo i campi, i pon ti, i vagoni, le bocche da fuo co, le macchine infernali, le cannoniere, i reggimenti, le battaglie, le cariche a cavallo, la desolazione degli in cendi, i vessilli. Era terribile che vedessimo l’uomo, i gran di e fissi primi piani dell’uo mo, attoniti nell’alone. Crudamente, gli uomini sa livano su dal passato nell’alo ne della lanterna magica a popolare la notte. Non si trattava di stampe o di qua dri: ogni interpolazione, ogni manipolazione d’arte era esclusa: erano fotografie, im magini di vivi, colte da vivi, non consapevoli di Storia o di Morte. A qualcuno di que gli uomini ci riportiamo tuttora come a eroi: Lincoln, il cui profilo rammenta una ru pe; o Lee; o Grant. Gli altri sono ignoti. Ragazzi ignoti; e uomini dalle rughe inten se, lo sguardo carico di riso o di odio, le uniformi reden trici o crudeli. A costoro un tempo appartenne tutta la vi ta, colma nell’effimero; e la loro vita non ci presagì, e noi siamo totalmente spogli della loro memoria, e non uno di quei vivi, trascorso un secolo, è vivo, e anche gli eroi â— vorrei dire: soprat tutto gli eroi â— sono morti. Non ignoro che ciò è irri levante. La vita â— la loro che fu, come la nostra che si consuma â— si esprime in una dimensione di « orizzontalità », nella ricerca della giustizia e dei beni. Perfino i preti hanno smesso di par larci della Speranza. Per i preti, come per gli struttura listi e i marxisti, la Speranza è ormai « metafisica da don nette »? Non mi oppongo. Ma ci sono notti nelle quali la verticalità, l’asse che ci congiunge illusoriamente ai mor ti e ai non nati, mi devasta come una piaga. E’ possibile che il vuoto di Dio dolga, si apra con l’impeto di una preghiera? Letto 1196 volte. 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