LETTERATURA: I MAESTRI: Variazioni #3/1023 Dicembre 2017 di Eugenio Montale La sensibilità moderna fa di dio un essere (spiegherò poi perché non uso le maiu scole), un essere pacifico, ac comodante, paterno, forse più zio che padre: un essere che pur non essendo un uomo ha tutti i difetti di noi uomini, tante è vero che li comprende e li giudicherà con molta be nevolenza promuovendoci co me suol dirsi con lo scappel lotto; un essere, un alcunché, un quid che pur non avendo la nostra mente ne possiede una stranamente affine alla nostra, senza di che, cosa po trebbe importargli dei fatti nostri?; una ipotesi che non s’incarna â— o se il fatto av venne fu alquanto tardivo nel la storia dell’umanità e in ogni modo non ha alcuna probabi lità di ripetersi; un fenomeno che non è tale perché non è verificabile per colpa dei nostri strumenti, ma che un giorno, chissà, la scienza scoprirà come funziona; un agente, un semovente non visibile né movibile come noi siamo, eppure stranamente presente in ogni luogo, fatta eccezione per qualche rara obsolescen za â— treni che precipitano in un fiume, centinaia di bambini annegati et similia â—, inspiegabile ai nostri occhi ma poi comprensibile nel qua dro della legge dei grandi nu meri che eguaglia tutto e ren de trascurabili gli scarti e le differenze; un portento a por tata di mano che noi giocan do a moscacieca non riuscia mo a toccare perché il mo mento buono non è ancora venuto; e insomma un lui (non un Lui) che non ci può fare alcun male essendo noi, bendati, del tutto incolpevoli delle nostre colpe. Cancellato dall’orizzonte il Dio terribile e vendicatore della Bibbia era facile vedere in lui (stavolta con la minu scola) il tasto che produce au tomaticamente il Benessere, il testimone e anche il benevolo complice dei nostri intrighi. Il tasto o meglio il test al qua le il creatore sottopone se stes so â— e per sua delega noi stessi â— per rendersi conto della sua personale efficienza. Spiegazione nettamente antro pomorfica e come tale poco soddisfacente. Eppure se fos se accolta e sentita potrebbe bastare a far sì che gli uomini rinunzino ad ammazzarsi tra loro come belve infuriate. * In un suo lavoro giovanile apparso recentemente sul vi deo Arthur Miller, dramma turgo che gode di una fama superiore ai suoi meriti, ci dice che i forni adoperati per dare una «soluzione definitiva » al problema ebraico erano adoperati da uomini che sapevano ascoltare commossi e rapiti le più eccelse musi che di Bach o dell’ultimo Beethoven. Spero che questo non sia vero, ma confesso che a titolo di ipotesi il fatto non mi sembra affatto strano. Non ho mai creduto che fra tutte le arti la musica goda del singolare privilegio di addolcire e ammansire le anime. So be nissimo che la musica entra poco o nulla nel curriculum educativo e scolastico degli Italiani; non sarei certo scon tento se a questa lacuna si portasse rimedio; ma non per questo mi strappo i capelli per la carenza tanto enuncia ta e denunziata. Ho conosciu to molti musicisti professio nali, alcuni tuttora viventi; forse il solo tanto deprecato Leoncavallo, autore, del resto, di un capolavoro, mi ha la sciato una vera impressione di umanità e dolcezza. Ma questo ha poca importanza: può attribuirsi alla scarsità delle mie esperienze, a un mio difetto di acume psicologico. Più m’interessa invece por re realisticamente il proble ma. Ignoro che cosa verrà fuori dalle attuali riforme scolastiche: fino a ieri però i programmi erano talmente col mi di « materie » che sarebbe stato ben difficile aggravarli di ulteriori discipline. Nelle scuole elementari, che sono le più importanti, l’insegnamen to dovrebbe ridursi alla lingua italiana, all’educazione civile e alle semplici operazioni arit metiche. Non si vede dove possano trovarsi tanti mae stri che sappiano davvero l’italiano: e quante generazio ni dovranno passare prima che in quella sede si introdu cano anche nozioni di musi ca? Esistono poi istituti mu sicali di vario genere; non manca nemmeno qualche cat tedra universitaria di storia della musica. Far di più si potrebbe se veramente gli Ita liani sentissero questo biso gno. Oggi poi la radio e il disco fanno seria concorrenza alle organizzazioni concerti stiche. E’ anche possibile che il libro sia sostituito dal mi crofilm. La vita d’oggi è tutta piena di musiche stridule, esclusivamente timbriche e ritmiche. Molti non si servo no più delle note musicali del vecchio pentagramma. An zi si sostiene che la sola mu sica educativa, perché « im pegnata », è proprio questa. Il meno che si possa dire è che il nostro tempo non è il più adatto alla creazione e diffusione di ciò che un tem po si intendeva come « musi ca ». Probabilmente il gusto musicale e l’amore per la na tura sono più scarsi in Italia che altrove perché qui da noi il sole, il piacere di vivere all’aperto sono o erano più facili che nelle fredde regioni del Nord. Ecco a che cosa si deve la maledizione (estetica) del nostro popolo. * So che allo sport si attri buiscono molti meriti d’ordi ne sociale e individuale, igie nico e spirituale, nazionale e razziale. Mens sana in corpore sano è l’insegna di un ago nismo che dovrebbe esaltare i valori di un popolo, di una stirpe. Ciò può ancora dirsi per l’atletica leggera, per l’ip pica, per il golf e il tennis e per altri non massacranti esercizi. Qui tutto si risolve in qualche più o meno esal tante spettacolo. Meno con fortanti agli effetti della mens sana sono la boxe e il giuoco del calcio. Forse una gioventù educata allo sport delle peda te crescerà più robusta, ma a questo fine basterebbe la gin nastica. La boxe e il calcio sono invece giochi violenti, altamente diseducativi come tutto ciò che ammassa gli uo mini senza unirli. Un tempo si poteva credere all’utilità di mandare allo stadio anziché all’osteria milioni di uomini nei giorni del loro tempo li bero. Si pensava che gli spet tatori di simili ludi provasse ro uno sfogo catartico restan do delegata la violenza ai po chi che li praticano professio nalmente. C’era insomma una divisione di competenza: al pubblico il vantaggio di diver tirsi en plein air, ai gladiatori il dovere di pestarsi come me glio potevano. C’era e c’è an che di mezzo l’orgoglio nazio nale e persino (il peggiore) lo spirito campanilistico. Sen za il corpore sano testimonia to da medaglie, coppe, allori, lo spirito nazionale o comunale era considerato in deficit. Competizione e salute pubblica sembravano le due facce di una sola medaglia. Tutto ciò presupponeva una lealtà collettiva di cui non trovo traccia neppure nei nu meri di lunedì dei nostri quo tidiani. Dalle cronache dei giornalisti sportivi si apprende che l’arbitro è stato posto in salvo da un elicottero, che il boxeur straniero colpevole di aver messo al tappeto un nostro campione è stato accolto da un diluvio di insulti; si rileva che le squadre di calcio più ricche battono sempre le squadre povere; che i pugilatori sono suddivisi in molteplici categorie non tanto e non solo per il loro peso (il che sarebbe giusto) ma soprattutto per aumentare il numero dei campionati e incre-mentare la « produzione » in questo lucroso settore. Si impara, infine, che gli spettatori di una partita di calcio appena usciti dallo stadio possono abbandonarsi a gesti di violenza, non sempre a sfondo politico, distruggendo vetrine di negozi, automobili e pestando i primi malcapitati che incontrano. I giornalisti deplorano, assai flebilmente, tutto questo. Ma c’è di peggio. Giorni addietro sono ap parsi sul video eminenti pa tologi universitari e un per me oscuro medico sportivo. Il tema era: se si può o si de ve e con quali spese e da par te di chi, mettere in ogni sta dio un’infermeria dotata di particolari strumenti per la rianimazione post-infarto. Dell’infarto causato da infatua zione calcistica (di spettato ri, quasi mai di calciatori) i cattedratici parlavano come di un fatto naturalissimo, di ordinaria amministrazione. Il problema era, semmai, quello della spesa. Nessuno disse che l’ingente e ipotetica somma avrebbe potuto esser meglio utilizzata nel campo della sa lute pubblica. Concordi gli il lustri docenti nel sottolineare gli aspetti positivi dell’arte dei piedi. Un poco meno con vinto era, lo dico a suo ono re, il medico sportivo. Ma a questo punto, lo so, sorge un’obiezione formidabi le. Dove li metterete, la do menica, le migliaia, i milioni di uomini e donne che affol lano gli stadi? Quale surro gato proponete per il biso gno che l’uomo ha di vedere, se non di praticare, la vio lenza? Li manderete forse al l’università che nei giorni fe stivi è chiusa? (Ora è chiusa quasi sempre). E qui giunto mi dichiaro k.o. Battuto senza possibilità di rivincita. LA VERA GIBIGIANNA Hasta la vista, à bientí³t, I’ll be seeing you, appuntamenti ridicoli perche si sa che chi s’è visto s’è visto. La verità è che nulla si era veduto e che un accadimento non è mai accaduto. Ma senza questo inganno sarebbe inesplicabile l’ardua speculazione che mira alle riforme essendo il ri pleonastico là dove manca la forma. Letto 1567 volte. Nessun commentoNo comments yet. 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