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LETTERATURA: Il lago delle apparizioni

17 Marzo 2013

di Nicola Dal Falco

Ey de Net, esule, aveva ritrovato familiarità con i luoghi impervi. Ne subiva il richiamo quasi che lo sprofondarne mettesse tra sé e i propri pensieri una distanza vergine in cui questi ultimi potessero nuovamente farsi strada, trovare una direzione chiara, meno dolorosa.
La via selvaggia, senza attese se non il sonno della fatica, la via che non richiede particolare perizia e si apre a picco sull’anima, l’aveva spinto sotto il Najnorès, alle pendici del monte che fa da scalino al sole, prima che scenda dietro l’orizzonte.
Seguendo il ru della Gana, acqua che salta e sospira, penetrò nel Rumustlungs, un bosco fitto di tronchi e di rami, dal fondo del quale si udì la voce della cornacchia.
«Dove porti i tuoi passi »? – gli chiese.
«Lontano da Fanis, tra i salvàns ».
«Sembri ignorare cosa succede. Dolasilla ha ripreso le armi ».
«Non può averlo fatto. C’è una promessa tra me e lei ».
«Le promesse promettono solo ciò che esige il fato. Non valgono se non per la prova richiesta ».
«Ma se si batterà, dovrò raggiungerla ».
«E perché mai »? – domandò gelida la cornacchia.
«Per difenderla ».
«Di che ti preoccupi? Sarà la corazza, cambiando colore, ad avvertirla del pericolo ».
Il bosco ringhiottì l’ultima sillaba e un breve, arruffato sbattere d’ali.
Ey de Net continuò lungo il sentiero che sale alla Costa di Mezanèt, seguendo nel buio il rumore del torrente.
Camminava più in alto, su un tappeto di aghi, senza vedere una stella.
Poi, da un grosso tronco, si staccò un’ombra che lentamente girò su stessa, attendendo che l’uomo si avvicinasse.

Gli occhi del salvàn restarono socchiusi mentre il durànn gli raccontava la sua pena e lo stupore per la promessa infranta.
Scuotendo tre volte il mantello di felci che lo proteggeva, lasciò passare tra i denti un sibilo in cui cogliere al volo alcune parole: «â€¦ ama te… forse… al lago… interrogando ».
«Dove? Chi »?
«Lunèdes… due sole domande ».
Il salvàn lo stava ora fissando, la mano rugosa stringeva la sua e gli occhi trasmettevano un brivido di foglie, una carezza di vento.
Per un attimo, Ey de Net si sentì felice. Era una sensazione sciolta da qualsiasi evidenza: il come essere felici, senza la ragione.
Il Lec de Lunèdes si trova, superato il giogo di Fanis, proseguendo per la via che scende al Boite fino al gran bosco sotto le Tofane.
Nel piccolo specchio d’acqua, poco profondo, dimorano le Mjanines, minuscole fanciulle che affiorano solo nella notte di luna nuova.
Per chiamarle, il principe iniziò a battere l’acqua del lago con la tjatarùla, una bacchetta magica.
Muovendo il polso, ritmicamente, i cerchi sull’acqua si propagavano lungo le sponde del laghetto per poi rifluire verso il centro, spezzando in minuscoli frammenti la luce della luna nuova.
Come un manto vorticante, il riflesso lunare saliva e scendeva, restringendosi e allargandosi, muovendo la vista oltre lo spazio del qui.
Dopo un po’, sul pelo dell’acqua, tra le ondine create dalla tjatarùla, comparvero le Mjanines, tenendosi per mano e avanzando tutte insieme.
Ey de Net continuava a battere il lago e queste si avvicinarono fino a riva. Gli pose allora la sua prima domanda: perché Dolasilla non aveva mantenuto la promessa?
«Ha seguito il fato, e tu »?

Anche le silfidi confermavano l’errore. Ma quale? Cosa aveva, al di là del compenso umano che la Dea elargisce o leva, incrinato la sua fiducia e sottratto futuro?
Quale misericordioso divieto era stato nascosto o troppo superficialmente ignorato?
Il re? La regina? Loro stessi? Tutti avevano attraversato il tempo, sbagliando accordi, passi?
Oppure, il tutto che ci governa aveva bisogno delle infrazioni, d’ogni miserabile dettaglio per mutare corso agli eventi, travolgendo quelli che si erano sporti e compromessi sui bordi del gorgo, immaginando magari di regolarne l’oscuro meccanismo?
Confuso e impaurito, formulò d’un fiato la seconda e ultima domanda.
«Ditemi, cosa accadrà »?
«Dolasilla morirà presto ».
Si spensero le luci sull’acqua, svanirono le strane e sottili figure, forse una nuvola in cielo, ma di certo il Lec de Lunèdes, il lago delle apparizioni, tornò solo a specchiare la notte dei monti e del cielo.
Al principe, la strada per giungere in tempo alle Cunturines apparve tre volte più lunga e incerta.
Corse, cadde, si ferì, abbandonandosi al buio che lo invadeva, mentre l’alba giungeva ingrata e troppo in fretta.

Tratto da:

Miti Ladini delle Dolomiti Ey de Net e Dolasí­la
di Nicola Dal Falco con il saggio Raccontare le origini
e le glosse di Ulrike Kindl; foto di Markus Delago

Istitut Ladin Micurà de Rü
www.micura.it

Palombi Editori
www.palombieditori.it

Roma – 2012
pagine 264
15 euro


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